Ieri Unicredit ha chiuso in rosso dopo l'indiscrezione dell'agenzia Reuters che la banca italiana, guidata dall'amministratore delegato, Jean Pierre Mustier, ha chiesto a JP Morgan Chase e a Lazard di analizzare la possibilità di una fusione con Commerzbank, che per contro ha chiuso la sessione con un rimbalzo. In serata il gruppo italiano ha pubblicato una specifica, ovvero che ad oggi non ha firmato alcun mandato ad advisor.
E questa mattina entrambi i titoli viaggiano in netto rosso, complice un quadro geopolitico mondiale molto teso a causa della guerra dei dazi fra Usa e Cina. Bloomberg scrive che l'olandese Ing, anch'essa interessata al dossier Commerzbank, ha messo in pista la boutique di New York Perella Weinberg Partners, che gestisce asset per circa 13 miliardi di dollari, per esplorare un M&A in concorrenza a Unicredit.
Il titolo della banca italiana cede lo 0,84% a 10,62 euro, mentre Commerzbank sta perdendo a Francoforte il 2,25% a 7,55 euro. Le voci di un interesse da parte di Mustier sull'istituto guidato da Martin Zielke erano emerse in aprile, quando il Financial Times aveva anticipato l'operazione, specificando che l'offerta sarebbe scattata in caso di fallimento delle trattative di matrimonio fra Deutsche Bank e Commerzbank. Ed è quanto in effetti è avvenuto. Tanto che Verd.di, forte sindacato tedesco nel campo bancario, ha messo ieri le mani avanti anticipando una netta opposizione all'eventuale arrivo degli italiani. Perché tanta paura?
I sindacati hanno giocato un ruolo importante nel fallimento delle trattative tra Deutsche Bank e Commerzbank (sarebbero saltati 30mila posti di lavoro) e temono che quest'ultima, nelle mani di Mustier, finisca anche peggio sotto il profilo occupazionale. Infatti Unicredit ha acquisito agli inizi del Duemila HypoVereinsbank per 15 miliardi di euro. Da allora la banca, un tempo il secondo maggior istituto privato del Paese, ha ceduto le partecipazioni, ha fatto evaporare, accusano i sindacati, metà delle filiali e cancellato numerosi posti di lavoro. E si è ridotta a due Land (peraltro molto ricchi): Baviera e l'area di Amburgo.
I sindacati tedeschi non sono contrari a priori a fusioni internazionali, non vogliono però che siano i dipendenti a pagare più di tutti operazioni del genere. In ogni caso per fare il passo lungo in Germania Unicredit deve avere la spalle per sopportare i costi di un deal di questa portata. Oggi un gruppo di analisti italiani, facendo due conti sulla base di un valore di 8 euro per Commerzbank, arriva alla conclusione che l'affare avrebbe senso senza però sborsare denaro. Ovvero cedendo azioni Unicredit (swap ratio pari a 0,76 volte).
In questo modo il Cet 1 ratio finale del nuovo gruppo scenderebbe al 12,16% dal 12,25% al 31 marzo di Unicredit e dal 12,7% di Commerzbank con un utile per azione in calo del 12% nel 2019. Diverso il discorso se l'operazione avvenisse in contanti, in questo caso si tratterebbe di spendere circa 10 miliardi di euro e i broker spiegano che i conti della banca italiana subirebbero un impatto troppo forte.
Mediobanca Securities, l'altro, vede l'allargamento in Germania, con un certo timore. Già il titolo scambia a 0,5 volte il rapporto prezzo/capitale tangibile (P/TE), circa la metà di Intesa Sanpaolo e Credem nonostante conti in ordine e la cessione del 17% di FinecoBank. Ora, scrive Piazzetta Cuccia, la banca potrebbe dimostrare al mercato che vale 0,8 volte il rapporto P/TE, ovvero 21 euro. Ma dovrebbe alzare il payout al 50% grazie alla cassa che possiede e in questo modo il rendimento balzerebbe al 10%, fra i maggiori in Europa. "Altre operazioni diverse avrebbero solo l'effetto di distrarre gli investitori", scrivono i broker.
Lo stesso tema trattato da Mediobanca, ovvero quanto il mercato apprezza il titolo Unicredit in base ai conti, viene preso in considerazione anche in un'analisi di Credit Suisse, che però vede il bicchiere mezzo vuoto. Ovvero: se il titolo scambia così a sconto (sotto 1) è perché gli investitori ritengono che il gruppo italiano stia vendendo asset anche perché le attività di banca tradizionale sono deboli. Nello specifico, Credit Suisse si attende utili per il 2019 per 4,1 miliardi di euro e sotto i 4,7 miliardi previsti da Mustier, 4 miliardi nel 2020 e 4,3 miliardi nel 2021. Inoltre il broker ha ridotto le stime 2020-2021 dell'1-2% per margini di intermediazione più deboli.
Credit Suisse spiega (rating neutral, target price a 13,3 euro) che mantiene le attese di 1 miliardo di euro alla voce rischi e penalità anche se la banca pare molto più rilassata su questo fronte dopo aver pagato la multa agli Usa sull'affare Iran. Resta ancora aperto il capitolo sul supposto cartello relativo ai Btp, fascicolo di indagine da parte dell'Unione Europea. E su cui ad aprile il ceo Mustier, citando Shakespeare (Much Ado About Nothing), ha tagliato corto con "molto rumore per nulla". L'azionariato di Unicredit oggi è molto frammentato. Aabar, fondo sovrano di Abu Dhabi, ha il 5,04%, mentre Dodge&Cox ha il 5%. Norges Bank ha il 3,02%. Gli azionisti italiani principali sono Leonardo Del Vecchio con l’1,93%, Fondazione Cariverona con l'1,8% e Fondazione CRT con l’1,65%.