Andrea Orcel nasce con l’anima del banchiere d’affari e gli è naturale comprare e magari, naturalmente, anche vendere. Carlo Messina nasce bancario ed è diventato grande banchiere: non che disdegni fare operazioni straordinarie, ma ha fatto crescere e farà crescere Intesa Sanpaolo soprattutto dall’interno, non avendo tuttavia rinunciato ad acquisizioni come quella con l’opa su Ubi banca con sede a Bergamo, essa stessa nata da varie fusioni.
A rilanciare è Orcel, con l’acquisizione del 9% di Commerzbank, metà con rastrellamento in borsa e metà con acquisto dallo stato tedesco che possedeva il 22% della seconda banca del paese. Sono sicuro che il rastrellamento in Borsa e la negoziazione con lo stato tedesco ha fatto rivivere con soddisfazione il clima di quando lavorava come banchiere d’affari e in particolare quando nel 2005, lavorando a Merrill Lynch aveva fatto da consulente a Unicredit per la scalata alla HypoVereinsbank, la banca tedesca che dette slancio internazionale a Unicredit.
Parola a MF Gpt
Ma se permettete, Cari lettori, in anteprima per voi, per descrivere pro e contro dell’operazione, do la parola a MF GPT, il servizio di AI di cui presto potrete usufruire:
Impatti della Strategia di Acquisizione del 9% di Commerzbank da Parte di Unicredit
L'acquisizione da parte di Unicredit del 9% di Commerzbank, con la possibilità di lanciare un'Opa per prenderne il controllo, rappresenta una mossa strategica significativa. Tuttavia, come per ogni operazione di questo tipo, le ripercussioni possono variare notevolmente in caso di successo o di insuccesso.
Impatto in Caso di Successo
1. Rafforzamento della presenza in Germania: La Germania rappresenta il secondo mercato più grande per Unicredit dopo l'Italia. Con l'acquisizione di Commerzbank, Unicredit potrebbe rafforzare significativamente la sua presenza nel mercato tedesco, ampliando la propria base di clientela e migliorando la sua offerta di servizi nei segmenti corporate, pmi e retail.
2. Sinergie Operative: Un’Opa di successo potrebbe generare significative sinergie operative. La combinazione delle risorse e delle competenze di entrambe le banche potrebbe portare a una riduzione dei costi operativi e a un aumento delle entrate, migliorando così l'efficienza complessiva della nuova entità.
3. Crescita dell'utile per azione: Gli analisti stimano che l'acquisizione potrebbe aumentare l'utile per azione di Unicredit del 25%. Questo aumento deriverebbe principalmente dalle sinergie operative e dall'espansione della base di ricavi.
4. Incremento del valore di mercato: L'operazione potrebbe aumentare il valore di mercato sia di Unicredit che di Commerzbank, come già dimostrato dall'aumento del 16% del titolo di Commerzbank dopo l'annuncio. Questo potrebbe attrarre ulteriori investimenti e migliorare la percezione del mercato nei confronti di Unicredit.
5. Riduzione dell'appeal per altre M&A in Italia: Concentrandosi sulla Germania, Unicredit potrebbe distogliere l'attenzione da eventuali fusioni e acquisizioni nel mercato bancario italiano. Questo potrebbe limitare le opportunità di consolidamento all'interno del mercato domestico.
Impatto in caso di insuccesso
1. Perdita di opportunità di espansione: Un fallimento dell'Opa potrebbe far perdere a Unicredit un'importante opportunità di espansione nel mercato tedesco. Questo potrebbe lasciare spazio a concorrenti come Deutsche Bank o BNP Paribas, che potrebbero approfittare della situazione per rafforzare la loro posizione.
2. Impatto sulla reputazione: Un fallimento potrebbe influenzare negativamente la reputazione di Unicredit nel mercato, riducendo la fiducia degli investitori e aumentando la percezione del rischio associato alla banca. Questo potrebbe tradursi in una riduzione del valore delle azioni di Unicredit e in una maggiore difficoltà nel raccogliere capitale in futuro.
3. Impatto sulla solidità patrimoniale: Anche se Unicredit ha dichiarato che l'acquisizione non influenzerà la politica dei dividendi, un insuccesso potrebbe comunque avere ripercussioni sulla solidità patrimoniale della banca. La necessità di gestire eventuali passività legate all'operazione potrebbe ridurre il Cet 1 ratio di circa 310 punti base, influenzando la capacità della banca di affrontare future sfide economiche.
4. Resistenza delle istituzioni e sindacati: L'opposizione dei sindacati tedeschi e la cautela delle istituzioni locali potrebbero complicare ulteriormente il successo dell'operazione. La protezione dei posti di lavoro e la stabilità dell'istituto potrebbero diventare un punto di tensione, potenzialmente influenzando la stabilità operativa di Commerzbank e, indirettamente, di Unicredit.
5. Dinamicità del mercato bancario europeo: L'insuccesso dell'operazione potrebbe spostare l'attenzione verso altre opportunità di M&A nel mercato europeo, alterando le dinamiche competitive. Altri attori bancari potrebbero sfruttare la situazione per rafforzare la loro posizione, mentre Unicredit potrebbe dover rivedere la propria strategia di crescita internazionale.
Conclusione e fonti
L'acquisizione del 9% di Commerzbank da parte di Unicredit rappresenta una mossa audace con potenziali benefici significativi in caso di successo, ma anche con rischi considerevoli in caso di insuccesso. Un approccio strategico ben ponderato e una gestione attenta delle relazioni con le istituzioni e i sindacati tedeschi saranno cruciali per massimizzare le possibilità di successo e minimizzare i rischi.
(Fonti: «Unicredit-Commerzbank, quale premio per l’opa in Germania e quanto può crescere l’utile della banca? Analisti a confronto», Milano Finanza, 11 settembre 2024: «Unicredit rileva il 9% di Commerzbank per 1,5 miliardi, il ceo Knof annuncia l’uscita. La banca tedesca vola in borsa», Milano Finanza, 11 settembre 2024: «Commerzbank, Berlino avvia la privatizzazione: si parte con la vendita di un pacchetto fino al 5%», Milano Finanza, 4 settembre 2024: «Unicredit, dall’offerta a Jp Morgan alla reazione di Commerzbank. I retroscena delle prime 24 ore del risiko europeo», Milano Finanza, 12 settembre 2024: «Unicredit-Commerzbank, i tedeschi nominano gli advisor. I sindacati: meglio una banca francese», Milano Finanza, 12 settembre 2024: «Il Ftse Mib chiude in rialzo dello 0,8% dopo il taglio dei tassi Bce, spread in calo a 140. Tim la migliore», Milano Finanza, 12 settembre 2024»)
Una rivincita per Mario Draghi
Riprendendo la parola, non posso non osservare che questa operazione italiana in Germania è anche una sorta di rivincita di Mario Draghi. Si dirà: Che c’entra Draghi, che in questi giorni è impegnatissimo per le presentazioni e le spiegazioni, ai vertici dei vari paesi della Ue, del suo Rapporto sulla competitività europea? C’entra per una vecchia partita quando era presidente della Bce: l’Europa era da anni, come del resto tutto il mondo, in piena crisi economica e Draghi in una conferenza a Londra aveva lanciato lo slogan Whatever it takes (Tutto quello che è necessario o anche costi quel che costi) come anticipazione sulla proposta di delibera al consiglio della Bce, di poche giorni dopo, di immettere nel sistema europeo tutta la liquidità necessaria, attraverso acquisti di titoli di stato dei singoli paesi, per risollevare l’economia in paurosa recessione. Mentre negli Stati Uniti la Fed comprava da tempo titoli di stato, il consiglio d’amministrazione della Bce era bloccato dal potere del rappresentante della Germania, il presidente (allora) della Bundesbank Jens Weidmann, ex collaboratore di Angela Merkel. Ma questa volta, quando Draghi ripeté in consiglio la famosa frase «tutto quello che è necessario» tutti i consiglieri votarono sì con l’eccezione di Weidmann. Indovinate dove siede oggi l’ex-capo della Bundesbank? È presidente del Consiglio di sorveglianza della Commerzbank e vedere un altro banchiere italiano, appunto Orcel, deciso a scalare la seconda banca tedesca, per Draghi non sarà certo un dispiacere mentre sta girando l’Europa per spiegare il suo Rapporto di 400 pagine, che contiene 170 proposte per salvare l’Europa, assumendo i connotati di un altro piano decisivo anche per il mondo come fu il Piano Marshall. E proprio mentre martedì 10, alla fine della conferenza stampa, Draghi raccoglieva le carte del suo rapporto, più di uno gli chiedeva: «E ora cosa farà?». Risposta: «Sono stato abituato a fare tanti mestieri. Forse ne farò un altro e forse no». Quale potrà essere un altro mestiere se non avere un ruolo speciale proprio per l’attuazione del piano? Se così fosse, l’Italia potrebbe superare anche il peso della Germania, specialmente se andrà in porto l’operazione Commerzbank per Unicredit.
Vinceranno gli Usa o la Cina?
Vinceranno gli Stati Uniti o la Cina? Non è un incontro di calcio (sport nel quale tutti e due i paesi sono scarsi) ma un confronto tecnologico. Tecnologico sul device più diffuso al mondo, cioè il telefono portatile. Vincerà Apple o Huawei? E sì perché ormai il confronto è diretto. Lunedì 10 è stato presentato l’iPhone 16, che promette molta AI ma non da subito, perché è vero che il 16 è dotato dei nuovi chip A18 superveloci proprio per alimentare AI, ma ci vorrà almeno un mese prima che siano disponibili le prime funzionalità e solo in versione beta. Secondo il giudizio di chi l’ha provato, puntando la fotocamera su un ristorante si potrà leggere il menù che è previsto. Sarà possibile rivolgere richieste a Siri e fargli domande. Non solo la Apple ma anche gli investitori sperano che l’introduzione di AI risollevi le vendite di iPhone che non sono andate affatto bene negli ultimi tempi. Esse rappresentano il 50% dei ricavi della Apple, che ha l’obbiettivo di portare l’AI al di là dei grandi data center e farla girare su dispositivi più piccoli che si chiamano Acdc. Altri produttori di cellulari ci sono riusciti: per esempio Samsung, che tuttavia si basa su Android. Il mercato è attonito e in qualche caso pessimista che Apple possa recuperare. Ma ciò che è ormai chiaro è che lo sviluppo positivo passa da Siri, l’assistente digitale di ogni possessore di iPhone, che per tutto il giorno potrà essere quasi un assistente con caratteristiche umane. Il punto debole è che tutto ciò viene annunciato, ma mentre il 16 è in vendita e chi lo ha acquistato dovrà aspettare solo un aggiornamento del software fra un mese.
Il caso Apple-Huawei
Come è noto, per molti anni la maggior parte degli iPhone sono stati prodotti in Cina. Chi pensava che ciò non avrebbe favorito la crescita della tecnologia cinese evidentemente pensava che i cinesi fossero stupidi. Il prezzo che Apple ha pagato per avere bassi costi di produzione è che ora si trova a fare i conti con Huawei, il più importante produttore di cellulari. E infatti a distanza di poche ore dal 16, Huawei ha lanciato Mate XT, che si apre in tre segmenti come fosse un foglio pieghevole trasformandosi da smartphone a tablet. Per cercare di fermare l’avanzamento della tecnologia cinese, Donald Trump aveva posto pesanti sanzioni al marchio cinese e anche Joe Biden ha fatto altrettanto. Ma le sanzioni non hanno impedito alla Huawei di progredire appunto con gli ultimi modelli. E la ragione è chiara: aver prodotto la Cina, a costi bassi, la maggioranza degli iPhone ha creato un sapere che legittimamente ora viene impiegato. È la dimostrazione che prima o poi i vantaggi di sfruttare lavoro a basso costo, crea temibili concorrenti. È la storia degli Usa rispetto alla Cina. (riproduzione riservata)