A sorpresa è stato finora un anno che ha dato grandi soddisfazioni agli investitori azionari anche se soltanto in pochi hanno cavalcato il rialzo delle Borse partito 12 mesi fa in sordina. All’opposto, a gennaio le obbligazioni venivano viste da molti come l’asset class vincente quest’anno, ma a distanza di nove mesi le cose sono andate diversamente: certo, l’aumento dei tassi ha finalmente portato cedole molto interessanti alla parte bond per le nuove emissioni, non altrettanto si può affermare per le quotazioni dei titoli già sul mercato. E il ritorno sulla scena dei bond vigilantes (investitori che minacciano di vendere), come si è visto in Italia con lo spread risalito giovedì 28 settembre verso quota 200 dopo la Nadef varata dal governo, segnala che gli investitori potrebbero voler mettere alla prova la capacità di difesa dell’Italia liquidando Btp. E così mentre volge al termine il terzo trimestre si può trarre un bilancio da inizio 2023 delle classi di attivo: Vontobel calcola che l’indice azionario europeo Eurostoxx 50 ha segnato un total return in euro del 16,6%, negli Usa l’S&P 500 ha fatto +17,4%, il Nasdaq +32%, l’indice giapponese Nikkei 225 +16,2% e l’azionario dei mercati emergenti (Msci Em) +5,6%. Mentre nell’obbligazionario l’indice Jpm Gbi Germany che traccia i titoli di Stato tedeschi, ha segnato da gennaio +0,1%, il segmento dei bond governativi globali +0,3%, i corporate bond globali +0,8%. Sono andati meglio l’obbligazionario high yield, +5,1%, e i bond dei mercati emergenti in valuta locale (+6,4% l’indice Jpm Gbi-Em global diversifide composite) e in valuta forte (+4% il Jpm Embi global diversified), mentre l’oro fa +6%. In questo scenario MF-Milano Finanza ha analizzato i rendimenti dei nove mesi dei fondi comuni attivi e dei prodotti passivi come gli Etf distribuiti in Italia al retail nelle dieci categorie azionarie e obbligazionarie più rappresentative (dati Fida).
E’ stato importante, come si prevedeva a inizio anno, il contributo della gestione attiva perché dietro alle medie degli indici ci sono titoli che hanno brillato e altri che sono rimasti indietro, fenomeno evidente a Piazza Affari dove hanno fatto bene le grandi capitalizzazioni, mentre le pmi hanno registrato un andamento mediamente più debole. Nelle tabelle in pagina sono riportati i primi e gli ultimi tre fondi ed Etf per performance da inizio anno per ciascuna delle dieci specializzazioni, oltre alla classifica assoluta dei rendimenti dei soli fondi da gennaio con evidenza dei primi e degli ultimi dieci. Ma nonostante il buon andamento dell’azionario, la raccolta del risparmio gestito italiano sta facendo fatica a reggere la concorrenza dei Btp che in questi giorni hanno di nuovo rendimenti vicini al 5% per le tensioni legate al debito del Paese oltre che per le manovre sui tassi della Bce. Da dati Assogestioni emerge che da inizio anno a fine agosto l’industria italiana del risparmio gestito ha avuto una raccolta netta negativa per 26 miliardi con quasi 10 miliardi usciti dai fondi aperti di cui 795 milioni in agosto. Invece in Europa le ultime statistiche dell’Efama riferite a luglio rilevano che i flussi nei fondi sono tornati positivi (19 miliardi) dopo diversi mesi di riscatti. In questo contesto le classifiche complessive dei rendimenti di tutti i fondi da inizio 2023 (si veda tabella in pagina) sono dominate dagli azionari: globali, Giappone e specializzati sulle nuove tecnologie, con performance che arrivano al 50%. Mentre tra gli ultimi figurano diversi comparti sull’azionario della Cina data la debolezza della Borsa del gigante asiatico e alcuni settoriali sulle energie alternative.
Con il +50,5% il primo fondo in assoluto dei nove mesi è l’azionario globale Global Endurance di Morgan Stanley Im. E’ gestito da un team guidato da Manas Gautam e ha battuto nettamente il +15% del benchmark, l’Msci All Country World. Il portafoglio è piuttosto concentrato (36 titoli) e al top figurano nomi poco noti come Victoria, Cricut, Fastly, Appian, Toast, Floor& Decor Holdings, Babcock, Dollar General, Eurofins Scientific e Hubspot. «Puntiamo a investire in società consolidate ed emergenti, in qualsiasi area, con vantaggi competitivi durevoli», affermano i gestori di Morgan Stanley Im.
Segue l’azionario Giappone E.I. Sturdza Strategic Nippon Growth (+41,6%). L’indice Nikkei nel 2° trimestre ha toccato i massimi in 33 anni (anche se di recente ha ritracciato un po’ a causa della debolezza dello yen per i tassi ai minimi). «Ciò dipende dalla stagione degli utili migliore del previsto, con profitti netti in aumento del 13% rispetto al 2022, ad esclusione di SoftBank. Si è registrato anche un numero record di operazioni di riacquisto», ricorda Lukas Knueppel, gestore dell’azionario giapponese di Gam. Un andamento che quest’anno ha attirato l’interesse del finanziere americano Warren Buffet, «convincendolo alla fine a fare del Giappone la sua seconda allocazione per dimensioni a livello globale, dopo gli Stati Uniti», osserva Miyuki Kashima, gestore di Fidelity. Ma ci sono anche fattori più strutturali alla base del rally. «Non sono un segreto, tuttavia per molti possono essere una sorpresa. In poche parole, negli ultimi anni il Giappone si è trasformato silenziosamente e costantemente in uno dei mercati più interessanti del mondo in termini di miglioramento del rendimento degli utili e ritorno sul capitale. Inoltre, ha schivato il proiettile inflazionistico che ha colpito molte economie occidentali», aggiunge Kashima. Ma «la maggior parte degli investitori globali continua a rimanere sotto-investita nell’azionario giapponese, correndo così il rischio di lasciarsi sfuggire la silenziosa ma costante trasformazione in atto nel Paese», osserva Kashima. Resta però l’incognita dell’andamento dello yen che potrebbe pesare sulle esposizioni giapponesi di un investitore estero.
Tra gli azionari Italia i risultati sono a due velocità perché riflettono l’andamento divergente in Borsa di blue chip e pmi: ai primi posti ci sono gli specializzati sulle grandi capitalizzazioni con rendimenti oltre il 20% (Anima Italia è primo tra i fondi con +22,86% e l’Etf migliore, Xtrackers Ftse Mib, ha fatto +25,1%) trainati dalle banche (favorite dal rialzo dei tassi), mentre quest’anno le quotate più piccole sono rimaste indietro a causa dei riscatti dai fondi Pir e i comparti dedicati a queste società ne hanno risentito. E c’è anche un problema di calo di volumi che sta colpendo le mid e small cap. Eppure «le valutazioni compresse del segmento a bassa capitalizzazione, se legate a un’analisi dei titoli, sono un ottimo punto di ingresso», dice Antonio Amendola, gestore di AcomeA. Tra gli azionari Europa spicca il +28% del fondo Magna Eastern Europe a fronte del miglior Etf, Lyxor Msci Eastern Europe ex Russia, con il 14,7%. A Wall Street si mette in evidenza l’Etf di Invesco sui titoli del settore tlc, il Communication S&P Us Select, con il 37,3%, mentre il miglior fondo, il Nat Loomis Sayles Us Growth Equity è a +33,6%. Negli azionari emergenti la sfida è vinta dai fondi: l’Emerging Europe di Schroders fa +23,8% contro il +20,2% dell’Etf Xtrackers S&P Frontier Swap. Passando agli obbligazionari, il bilancio è a favore degli attivi. Ad esempio nell’arena dei bond corporate della zona euro, i primi tre fondi hanno rendimenti oltre il 7% (primo è Dws Invest Euro High Yield Corporate con +7,1%), mentre tra gli Etf la performance più alta arriva al 5,87% dell’Xtrackers Euro High Yield Corporate Bond. In ogni caso in tutte le specializzazioni obbligazionarie esaminate le performance dei migliori fondi ed Etf si collocano sotto al 13% da inizio anno, mentre gli azionari superano il 40%. (riproduzione riservata)