Il settore delle telecomunicazioni si trova al centro di importanti e imprevedibili scenari evolutivi che stanno producendo impatti significativi sulla sua struttura, sulle sue dinamiche competitive e sulle sue condizioni di redditività e sostenibilità. Da qui sorge la necessità di una nuova agenda di policy e regolamentazione.
All’interno della catena del valore di internet sempre più ampio è il divario tra le performance economico finanziarie dei player che operano nei segmenti dei contenuti, dei servizi online di tecnologie/servizi abilitanti rispetto ai player che forniscono connettività, le telco tradizionali. L’evoluzione tecnologica continua poi a spingere verso la disintermediazione degli operatori tlc tradizionali; il controllo del cliente sta passando progressivamente di mano dalle telco agli altri player, producendo un ulteriore impatto differenziale in termini di efficacia delle azioni commerciali.
Nel solo segmento della connettività, il risultato delle politiche comunitarie degli ultimi anni è stato una crescente iper-competizione. Per gli utenti c’è stata una riduzione dei livelli di prezzo dei servizi e una importante crescita della varietà e della qualità dei servizi erogati ma per le aziende sono peggiorate le condizioni di sostenibilità complessive.
Su tutto questo, è piombato il covid-19, che ha mostrato come i digital asset in genere siano diventati essenziali e come le infrastrutture di connettività e le competenze digitali siano indispensabili per la sopravvivenza e la tenuta del tessuto economico e sociale di ogni nazione e per qualsiasi traiettoria di sviluppo ed uscita dalla crisi
Proprio da qui occorre partire per definire un percorso di ampio respiro e di portata nazionale con cui il settore tlc possa consolidare la centralità del suo ruolo trainante per la digitalizzazione della società e ritrovi condizioni stabili di redditività degli investimenti e sostenibilità finanziaria.
Per tracciare questo percorso si deve fare riferimento a un indice che misura la temperatura digitale del paese, il Digital Economic and Society Index (Desi), elaborato e pubblicato dall’Unione Europea nel 2020 su performance rilevate nel 2019. L’Italia, confrontando i progressi fatti nel periodo dal 2015 al 2020, si colloca nella media EU per tasso di crescita ma, al 2020 è quart’ultima tra i 28 Stati Membri, avanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria. Serve quindi un deciso ed importante cambio di passo incentivato e sostenuto da una nuova agenda di public policy e di regolamentazione, che renda l’Italia non più mero esecutore di decisioni e orientamenti EU, ma promotrice o anticipatrice di politiche di rafforzamento e di indicazioni regolamentari ritagliate sulla specificità nazionale.
Ma come calibrare questo percorso con obiettivi precisi? Anche qui ci si basa sul Desi e sulle cinque determinanti attraverso le quali esso si declina.
1) Sulla dimensione Connettività l’Italia è poco sotto la media EU ma sono evidenti le aree di necessario miglioramento ed intervento: il fisso è sofferente e il mobile in buona salute. Da questa estrema sintesi si ricavano alcune indicazioni:
· in termini di policy, i) la semplificazione ed accelerazione delle procedure amministrative richieste per installare infrastrutture (il recente decreto semplificazioni è nella giusta direzione ma una sua efficace esecuzione è richiesta da parte delle amministrazioni locali); ii) la definizione di meccanismi di incentivazione per i tempi di roll out delle nuove reti a banda larga che indichino una preferenza ed una priorità per quelle a banda ultra larga nelle aree nere, grigie e per specifiche categorie di clienti (università, scuole, ospedali, distretti industriali, etc.) e quelle FWA (fixed wireless access) nelle zone rurali; iii) l’introduzione di meccanismi di sostegno della domanda che siano di pronto e facile impiego per i clienti e per gli operatori (i cosiddetti voucher cobul sono un primo ed utile passo anche se con pesanti e complessi oneri procedurali).;
· in termini regolamentari i) una capillare e puntuale rilevazione, area per area, della situazione e dei piani di roll out delle reti BB e UBB; ii) una radicale semplificazione delle procedure di migrazione della clientela verso soluzioni tecnologiche più performanti ed un altrettanto radicale revisione sia dei costi di migrazione sia delle relative procedure operative; iii) una fast track procedure che riduca ad un paio di settimane le procedure per la risoluzione delle dispute tra operatori in sede AGCOM; iv) l’introduzione di meccanismi di track and tracing a favore dell’utenza che monitori i tempi di upgrade di una linea cosi come quelli di migrazione da un operatore all’altro.
2) Sul Capitale Umano, la situazione italiana fotografata dal DESI è invece fortemente deficitaria. Il divario con gli altri paesi Ue è sensibile per competenze digitali e per bassa percentuale di forza lavoro nel segmento ICT. Questo 2020, così particolare, avrà già agito forzosamente, causa covid-19, sul livello medio delle competenze digitali accrescendole. Uno sforzo del mondo delle imprese è già evidente. Sul fronte istituzionale va inserito un obiettivo di sostegno e sviluppo per una maggiore sensibilità alle competenze digitali ed al loro utilizzo, assegnato a specifiche attività di più comune uso da parte dei cittadini. Pochi ma chiari indicatori che obblighino, facilitino o incentivino, piani di formazione per una certa percentuale di forza lavoro occupata, meccanismi premianti per l’assunzione da parte delle imprese in funzione del livello di competenza digitale, percorsi predefiniti di collegamento scuola – lavoro, agevolazioni per l’iscrizione a corsi universitari nelle discipline STEM, massicci interventi di aggiornamento e formazione professionale nell’ambito della pubblica amministrazione.
3) Anche sulla dimensione Uso di Internet il paese è molto al di sotto della media EU, con un divario strutturale che richiederà tempo per essere colmato. Nel 2020 però vedremo sicuramente aumentata l’attività svolta su internet per videochiamate, utilizzo dei social, fruizione di giornali, video e musica, così come la realizzazioni di transazioni commerciali e finanziarie su internet, ma occorrono misure fiscali che facciano da abilitatore e facilitatore di un suo più diffuso utilizzo.
4) Sulla dimensione Integrazione delle tecnologie digitali, la situazione è di arretramento rispetto alla media EU e dei principali partner europei. La maggiore spinta deve venire da una forte azione di sensibilizzazione del tessuto imprenditoriale, ma è evidente come alcune delle iniziative di policy dei precedenti punti produrrebbero i loro positivi effetti anche in questo ambito.
5) Infine, sulla dimensione Servizi Pubblici Digitali la distanza dalla media EU è più contenuta. Le due indicazioni di policy che possono far fare un ulteriore salto qui sono l’obbligatorietà dell’interazione digitale con la pubblica amministrazione, unita però a una semplificazione ed ottimizzazione dei percorsi digitali per accedere ai servizi della PA.
In questo nuovo contesto ed a questo percorso si può lavorare immediatamente, coinvolgendo attori pubblici e privati, proprio per restituire al settore delle telecomunicazioni il ruolo, la centralità e la visibilità che sarebbero in grado di responsabilizzare gli operatori, di creare i presupposti per una crescita della domanda, di confermare il livello di concorrenza, già particolarmente alto in Italia, e di mostrare con altrettanta chiarezza l’entità dell’impegno finanziario ed organizzativo a cui gli operatori sono chiamati e delle necessarie condizioni a cui può, da loro, essere sostenuto.
Righetti è stato direttore generale del ministero delle comunicazioni, capo del regolamentare dell’Agcom e responsabile external affairs /regulatory officer delle più importanti compagnie tlc italiane