Nomine pubbliche, oltre 600 poltrone in palio  Corsa alle quotate di Stato
Nomine pubbliche, oltre 600 poltrone in palio Corsa alle quotate di Stato

di Angela Zoppo 17/03/2023 22:00

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Prima i pesi massimi: la tornata nomine di questa primavera conta in borsa quasi 135 miliardi, il 22% circa dell’intero listino di piazza Affari. A tanto, infatti, ammonta la capitalizzazione delle quotate di Stato che si avviano al rinnovo dei vertici e dei consigli d’amministrazione. Si comincia il 20 aprile, con Monte dei Paschi, Enav e RaiWay, per chiudere entro metà maggio con Poste, Leonardo, Enel, Eni e Terna. A oggi l’unico manager che sembra avere la riconferma assicurata è l’ad di Eni, Claudio Descalzi. Per altri, come Francesco Starace di Enel, si parla di avvicendamento con Stefano Donnarumma di Terna, mentre per il dopo Alessandro Profumo, in Leonardo, sarebbe corsa a tre fra l’ex ministro Roberto Cingolani, il capo degli elicotteri, Gian Piero Cutillo, e l’ad di Mbda Italia, Lorenzo Mariani. Le ultimissime dal totonomine indicano poi l’ad della Rai, Carlo Fuortes, alla presidenza di Poste, dove ora c’è Maria Bianca Farina.

Al ballo delle nomine 105 società

Comprendendo anche le partecipate non quotate e quelle che dovranno rinnovare solo il collegio sindacale, sono 105 le società che fanno capo al ministero dell’Economia (19 a controllo diretto e 86 a controllo indiretto), coinvolte nella partita più attesa della stagione. A tirare le somme è la sesta edizione del rapporto CoMar sull’intera e sempre più estesa galassia Mef alla prova rinnovi. Il Centro Studi diretto da Massimo Rossi ricorda infatti che saranno 142 gli organi sociali da rinominare, di cui ben 94 consigli d’amministrazione e 48 collegi sindacali (si veda anche altro articolo in pagina). Significa rimuovere, sostituire o confermare un esercito di 610 persone, di cui 403 consiglieri e 207 sindaci. Allo stesso giro, tre anni fa, le poltrone da assegnare erano 550. Numeri crescenti, dunque, che si spiegano con l’aumento degli interventi statali.

Il ritorno dello Stato imprenditore

«La necessità di sopperire a diffuse situazioni di difficoltà economiche o a dissesti non più rimediabili», osserva il rapporto, «ha determinato, negli ultimi quattro anni, una rinnovata espansione dell’intervento dello Stato imprenditore». A titolo di esempio, sono nate nuove società, come Ita-Italia Trasporto Aereo, Holding Reti Autostradali, il Polo Strategico Nazionale, Dri d’Italia (in Invitalia, per la filiera siderurgica e il risanamento ex Ilva). Altre si sono aggiunte per seguire la transizione ecologica, come Green.It (Cdp con Eni) e Renovit (Cdp e Snam), mentre Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026 è funzionale ai Giochi Olimpici invernali. Sempre a proposito di grandi eventi, è stata costituita la newco Giubileo 2025, aperta alla partecipazione di altre società purché siano sempre espressione del Mef. «Altre ancora», prosegue l’analisi, «hanno visto una rinnovata presenza statale, come Btx Italian Retail and Brands, Ceramiche Dolomite, Gpi, Lis Holding, Maticmind, Mooney Group, Sicamb, Titagarh Firema». L’elenco potrebbe contiuare con quelle trasferite al Tesoro a seguito del commissariamento della controllante.

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CoMar analizza il Mef anche in veste di azionista. Ben 13 società sono quotate in borsa (Banca Mps, Enav, Enel, Eni, Fincantieri, Leonardo, Italgas, Poste Italiane, Rai Way, Saipem, Snam, StMicroelectronics, Terna), per una capitalizzazione che al primo gennaio 2023 era di 158,5 miliardi di euro, il 25,33% del valore complessivo di listino. L’analisi non fa sconti e rileva che rispetto a un anno prima, il market cap è sceso di 20,4 miliardi. Ma l’azionista pubblico può facilmente consolarsi della perdita dell’11,4%, perché è stata comunque inferiore a quella del 18,6% registrata dal mercato borsistico complessivo, che tra inizio gennaio 2022 e inizio gennaio 2023 è passato da 768,8 miliardi a 625,6miliardi. A conferma della dimensione delleartecipate, Enel ed Eni, insieme, rappresentano oltre il 15% di tutta la capitalizzazione di piazza Affari.

Più donne ma nei cda sono ancora poche

La presenza femminile apre un altro capitolo, caldissimo da quando la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha detto di volere una donna a capo di una grande società. CoMar ha fatto i conti: sui 610 componenti degli organi sociali uscenti nei prossimi mesi, le donne sono232, pari a una quota del 38%. Stessa percentuale dei board e collegi sindacali scaduti nel 2022, quando si è verificato il salto dal 31,3% del 2021. Percentualmente, alle donne si destinano più posti nei collegi sindacali (il 40,5%) che nei cda (36,7%). «Queste cifre denotano», osserva l’analisi CoMar, al di là del dato quantitativo, come vi sia più distanza, tra componente maschile e femminile, laddove vi siano maggiori poteri operativi e gestionali, ed è su questo aspetto, più che su quello meramente numerico, che vi sono ancora spazi evidenti di miglioramento». (riproduzione riservata)