Newcleo, da Exor ad Azimut a Malacalza gli investitori italiani nel capitale della startup di Stefano Buono sono il 90% del totale. Ecco chi sono
Newcleo, da Exor ad Azimut a Malacalza gli investitori italiani nel capitale della startup di Stefano Buono sono il 90% del totale. Ecco chi sono
La startup, partecipata soprattutto da fondi e imprenditori tricolori, spinge sulle acquisizioni in attesa dell’esito dell’aumento di capitale da un miliardo. Ipotesi Europa per l’ipo. Parla il ceo Buono  

di di Marco Capponi 29/09/2023 20:00

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Se si chiede a un qualsiasi venture capitalist italiano di fare tre nomi di startup che, anche in un anno di forte difficoltà per il settore come il 2023 in corso, sono sulla buona strada per fare il botto a livello internazionale, è difficile che nella sua personale rosa non compaia Newcleo. L’azienda del nucleare di ultima generazione, con il dna italianissimo (e non solo per il nome del fondatore e ceo, Stefano Buono), ha lanciato lo scorso marzo un aumento di capitale da un miliardo di euro che, se andasse in porto, farebbe di Newcleo il terzo unicorno italiano, il primo dell’energia. Raggiunto da MF-Milano Finanza, Buono rimane con i piedi per terra: «L’aumento sta andando molto bene, siamo molto confidenti che l’operazione avrà successo». E poi svela un aspetto dell’attuale azionariato di Newcleo, che ne fa davvero un’azienda italiana nonostante abbia sede a Londra e la Francia come primo mercato di riferimento: «Abbiamo costruito un’azienda con un azionariato molto diffuso, molto europeo. Anzi, molto italiano: il 90% degli investitori ha sede qui oppure, pur essendo domiciliato all’estero, ha dna italiano».

Rompere gli schemi 

In Newcleo hanno scommesso in tantissimi, dai fondi di venture capital alle grandi famiglie imprenditoriali italiane, fino alle società quotate a Piazza Affari. Nell’azionariato compaiono Exor con il suo braccio di venture capital, Azimut, Kairos, Ersel, Banca Patrimoni Sella, Liftt, ma anche la famiglia Malacalza, Claudio Costamagna, Paolo Merloni di Ariston, la quotata Ediliziacrobatica. Nomi che risalgono all’ultimo aumento di capitale, quello da 400 milioni del giungo 2022. L’obiettivo di Buono, svelato per la prima volta a questo giornale, è portare la sua azienda ad azionariato diffuso in borsa. «La piazza preferita dovrebbe essere quella più propensa alla tecnologia (il Nasdaq?, ndr), ma il nostro azionariato è molto europeo, anzi italiano». La quotazione pertanto «potrebbe pertanto essere un’operazione di successo anche se realizzata in una borsa europea. Bisogna avere il coraggio di rompere gli schemi».

Fatturato dal 2030

Quel che è certo è che, allo stato di sviluppo attuale, Newcleo può già «permettersi di selezionare chi fare entrare e chi no», prosegue Buono. «Gli investitori di peso devono essere partner grandi e veramente strategici, in grado di aiutarci concretamente per la messa a terra dei progetti a livello industriale». Marginale invece, almeno per il momento, il discorso bilancio. Di fatto, stando ai dati finanziari del 2022, Newcleo ancora non genera ricavi e sostiene costi elevati per investimenti e persone, risultando come prevedibile in perdita. «Siamo un po’ come una biotech, spenderemo per tanti anni e vedremo un significativo fatturato soltanto a partire dal 2030, anche se una buona base verrà già dalle aziende che acquisiremo nel frattempo». Ma per il ceo c’è un altro aspetto importante: «Credo che siamo molto meno rischiosi di una biotech, perché la nostra tecnologia esiste già, dobbiamo trasformarla in tecnologia industriale».

La rivoluzione nucleare

Perché Buono è così fiducioso sulla sua tecnologia? Lanciata nel 2021, Newcleo ha deciso di realizzare in forma industriale un’intuizione avuta già nel 1994, al Cern di Ginevra, insieme al premio Nobel per la Fisica e senatore a vita Carlo Rubbia, che della startup è uno dei principali sostenitori scientifici. «L’idea è quella di bruciare la maggior parte delle scorie radioattive prodotte dalle centrali tradizionali, con l’obiettivo di estrarre fino a 200 volte più energia rispetto ai reattori odierni». L’obiettivo è infatti «utilizzare il 100% dell’energia dell’uranio estratto dalla terra, rispetto allo 0,5% che usiamo adesso».

Inghilterra, Francia, mondo

Nel primo anno di attività Newcleo ha raccolto 400 milioni. «Ci siamo trovati di colpo a essere l’azienda più capitalizzata in Europa in questo settore e vogliamo diventare la più capitalizzata al mondo», si augura Buono. «Siamo partiti in Inghilterra e all’inizio pensavamo di fermarci lì, perché 20 mesi fa era l’unica nazione a volersi concentrare sul nucleare. Poi però è arrivato l’aumento dei prezzi dell’energia e la voglia di indipendenza energetica: l’Europa si è trasformata». E così è arriva la Francia, dove Newcleo ha lanciato un piano di investimento da 3 miliardi di euro «con l’obiettivo di essere finanziati fino a 1-1,5 miliardi: in Francia non solo Macron ha scelto di costruire nuovi reattori, ma anche di aprire alle nuove tecnologie».

Rinascimento italiano

L’Italia, dal canto suo, non è soltanto un bacino di investitori. Lo dimostra la doppia acquisizione di Srs e Fucina (ingegneria e produzione di sistemi nucleari a piombo liquido), messa a segno a giugno e che ha portato nella forza lavoro di Newcleo 110 persone. «In Italia avevamo un know-how sull’uso del piombo, e per questo abbiamo avviato un centro di ricerca e validazione della tecnologia industriale». Il Paese però «si sta svegliando: c’è una tendenza, e lo vediamo in parlamento, ad aprire al nucleare di nuova generazione. L’idea di avere in Italia non solo persone e competenze, ma anche le possibilità di costruire, per noi è molto importante».

La carta delle acquisizioni 

Srs e Fucina non sono un caso isolato. A inizio agosto è stata la volta del gruppo franco-svizzero Rütschi (pompe per applicazioni nucleari), acquisito per 69 milioni. E il 2023 dovrebbe continuare a riservare sorprese in questo senso: «Puntiamo sia alla crescita organica sia a quella per acquisizioni, con l’obiettivo di arrivare a fine anno a 600 persone dalle 200 di inizio 2023. Abbiamo almeno un paio di acquisizioni, non in Italia, in serbo per quest’anno». Perché m&a? «Per noi le acquisizioni sono importanti, perché abbiamo un programma aggressivo di sviluppo». (riproduzione riservata)