Netta frenata dell’inflazione nella zona euro a marzo al 6,9% rispetto all’8,5% di febbraio. Si tratta della maggior decelerazione da quando Eurostat ha iniziato a raccogliere i dati nel 1991.Gli economisti si aspettavano un calo meno marcato al 7,3%. L'incremento su base mensile è stato del +0,90% contro stime di un +1,10% e un dato precedente a +0,80%.
Tuttavia, l'inflazione core, che esclude i prezzi volatili dell'energia e dei generi alimentari, attentamente monitorata dalla Bce, ha registrato una leggera accelerazione al 7,5%, in linea con le attese, dal 7,4% di febbraio. Anche in Italia l’inflazione ha frenato: è calata dello 0,3% su base mensile e su base annua ha segnato un +7,7% da +9,1% del mese precedente, secondo i dati pubblicati dall’Istat.
Il forte calo odierno dell’inflazione sosterrà tutti coloro che hanno sempre sostenuto che l’impennata dell’inflazione nell’intera zona euro è principalmente un lungo ma transitorio shock dei prezzi dell’energia. Se si crede a questa argomentazione, il calo odierno dell'inflazione complessiva è l'inizio di una tendenza disinflazionistica più lunga.
«Per quanto condividessimo questa visione uno o due anni fa», spiegano gli economisti di Ing, «nel frattempo l’inflazione è diventata anche una questione dal lato della domanda, che si è diffusa in tutta l’economia». Tutto questo secondo gli analisti significa che guardare il numero nel suo complesso è attualmente fuorviante. «Ci sono ancora pochi o nessun segno di un processo disinflazionistico al di fuori dei prezzi dell’energia e delle materie prime».
In questo quadro, finché l’attuale crisi bancaria rimarrà contenuta, la Bce si atterrà alla distinzione ampiamente comunicata tra l’utilizzo dei tassi di interesse nella lotta contro l’inflazione e le misure di liquidità per affrontare qualsiasi instabilità finanziaria. «Il fatto che non vi siano ancora segni di alcun processo disinflazionistico, scontando i prezzi dell’energia e delle materie prime, nonché il fatto che l’inflazione sia diventata sempre più guidata dalla domanda, manterrà la Bce in modalità restrittiva», spiegano ancora da Ing.
Le turbolenze delle ultime settimane sono state un chiaro promemoria per Francoforte che l’aumento dei tassi, e in particolare il ciclo di inasprimento più aggressivo dall’inizio dell’unione monetaria, ha un costo. «Con qualsiasi ulteriore rialzo dei tassi, aumenta il rischio che qualcosa si rompa. Questo è il motivo per cui ci aspettiamo che la Bce proceda con maggiore cautela nei prossimi mesi. In effetti, la Bce è probabilmente già entrata nella fase finale del suo ciclo di restringimento», spiega Carsten Brzeski, responsabile globale macro di Ing, «è una fase che sarà caratterizzata da un vero e proprio approccio meeting by meeting e da un rallentamento del ritmo, delle dimensioni e del numero di eventuali ulteriori rialzi dei tassi. Rimaniamo fedeli alla nostra opinione che la Bce aumenterà altre due volte di 25 punti base ciascuno prima dell’estate e poi passerà a una posizione attendista più lunga». (riproduzione riservata)