Il tema del consolidamento bancario e del risparmio degli italiani è al centro di un documento firmato dai tre partiti di opposizione, Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, che reca la firma di circa 80 parlamentari, a partire da Giorgia Meloni, Giulio Centemero e Sestino Giacomoni. Questi ultimi sono preoccupati per le sorti di Mps, dal momento che la banca ha ufficializzato l'apertura della data room ai soggetti interessati in vista dell'M&A con un altro gruppo che permetterebbe al Mef di cedere il suo 64% attuale delle quote nel Monte.
Il timore dei parlamentari di centro-destra (ma anche del Movimento 5 Stelle, che vorrebbe Mps pulita e procedere con le proprie gambe) è che la quinta banca italiana per dimensioni non finisca sposa a Unicredit, come vorrebbe il Mef, ma ad un gruppo francese, come emerso da ipotesi di stampa. A questo si aggiunga che il presidente di Gae Aulenti, Cesare Bisoni, ha ribadito oggi che "il consiglio non accetterà mai alcuna operazione che non sia nell'interesse esclusivo del gruppo e dei suoi azionisti" e che "la distribuzione del capitale continua a essere un elemento fondamentale della nostra strategia". Non ha escluso in maniera chiara un'operazione straordinaria, ma il tema della cedola mal si combina con quello dell'M&A. Oggi, fra l'altro, è atteso il cda di Unicredit nel quale il board dibatterà la scelta del nuovo ceo dopo Jean Pierre Mustier. In pole pare sia il nome di Andrea Orcel, gradito a Leonardo del Vecchio, a seguire quello di Flavio Valeri.
Ed ecco perché il documento del centro-destra, che rientra nella più ampia mozione su Borsa Spa depositata ieri sera, mette in evidenza l'interesse delle banche francesi per il risparmio degli italiani: "alla fine di dicembre 2019 circa il 33% del debito italiano era in mano a soggetti stranieri e, come riportato nel report Foreign investors in italian government debt di Unicredit, il primo Paese investitore è la Francia al 21%, i cui istituti di credito detengono una quota di 285,5 miliardi di euro di debito pubblico italiano".
Il documento cita il fatto che lo scorso giugno un sottosegretario per l'economia e le finanze avrebbe avuto contatti con rappresentanti dei gruppi di Bnp Paribas e Credit Agricole per discutere della questione Mps e ricorda che "quello dei servizi bancari e assicurativi è il settore in cui gli investitori francesi sono maggiormente presenti in Italia e la presenza delle due big è notevole: Bnp Paribas controlla Banca Nazionale del Lavoro, che risulta essere il settimo istituto per dimensione, mentre all'ottavo posto c’è proprio Credit Agricole Italia, che ha operato una strategia d'inserimento prendendo il controllo di Cariparma, Friuladria e Carispezia". E che ora ha lanciato un'opa sul Creval.
Bnp-Paribas e CreditAgricole sono anche tra i principali attori italiani del credito al consumo, evidenziano i parlamentari, rispettivamente con Findomestic e Agos Ducato, e hanno "una pervasiva presenza nel nostro debito pubblico del quale detengono Bnp Paribas 143,2 miliardi di euro, e Credit Agricole 97,2 miliardi".
E quindi in questo quadro acquisire il controllo di Monte Paschi di Siena "consentirebbe grande spazio alla finanza francese, ad esempio anche attraverso un rafforzamento della partnership con Mediobanca, che è anche advisor finanziario di Mps, all'interno del quale l'asse con gli istituti già in mano ai francesi sarebbe il viatico principale per la creazione di un terzo polo bancario".
Il documento ricorda poi che Mediobanca, terzo gruppo bancario italiano per capitalizzazione, è "già oggi controllata per il 14% da investitori istituzionali di origine francese e rappresenta una preda ambita, perché dà accesso al controllo di Generali, e perché, rispetto alla quotazione massima del 10 novembre 2019, anche a causa dell'emergenza Covid-19, vale oggi poco più della metà".
Per l'intero sistema assicurativo e finanziario italiano l'indipendenza e la presenza in Italia "di un soggetto di primo piano a livello internazionale come Generali, prima compagnia assicurativa italiana e terza in Europa, con 500 miliardi di euro di attività investite di cui circa 60 miliardi in titoli del tesoro italiani, appare fondamentale", riporta la mozione. Secondo cui "la grande finanza francese ha già detto di essere interessata al patrimonio economico italiano e l'Italia non ha risposto adeguatamente in difesa degli interessi nazionali, nonostante il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto decreto liquidità, abbia fornito al Governo tutti gli strumenti necessari per un concreto intervento a difesa della sicurezza dei nostri asset strategici".
Il decreto legge ha modificato la disciplina dei poteri speciali del governo, la cosiddetta golden power, estendendola all'acquisto a qualsiasi titolo di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti relativi ai fattori critici di cui al regolamento (UE) 2019/452, inclusi gli acquisti di partecipazioni nel settore finanziario, quello creditizio e assicurativo, e a prescindere dal fatto che ciò avvenga a favore di un soggetto esterno all'Unione europea.
L'articolo 8 della bozza del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo delle nuove disposizioni disciplina l'esercizio dei poteri speciali per i "beni e rapporti nel settore finanziario", quali, appunto, credito, finanza, assicurazioni, piattaforme e infrastrutture operative come Borsa spa, ma anche i software, i servizi di pagamento, e la gestione di investimenti.
A questo si aggiunga che il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha definito "apprezzabili ma insufficienti le nuove norme previste dal decreto liquidità sul golden power, proprio per il timore di un ingresso scorretto da parte di un istituto bancario francese o anche tedesco nel nostro sistema finanziario, attraverso l'acquisto di quote azionarie decisive nell'ambito delle operazioni in corso". (riproduzione riservata)