Due notizie negative per la Bce sono arrivate ieri dai dati economici, in vista del consiglio direttivo di giovedì che alzerà i tassi di 50 punti base. Il pil in Germania è sceso dello 0,2% nel quarto trimestre 2022 rispetto al terzo, mentre gli analisti si aspettavano una stagnazione. Così diventa più probabile una recessione tecnica nel Paese, considerando l’atteso calo del pil anche nel primo trimestre 2023. Di conseguenza anche l’intera Eurozona ha maggiori probabilità di una contrazione tra fine 2022 e inizio 2023. La Germania dovrebbe riprendersi a nel secondo trimestre dell’anno. Il governo tedesco stima una crescita dello 0,2% per l’intero 2023.
L’altro segnale sfavorevole di ieri riguarda la Spagna, che a gennaio ha registrato il primo rialzo mensile dell’inflazione armonizzata (dal 5,5 al 5,8%) dopo cinque mesi consecutivi di flessione. Il dato però è stato condizionato dalla fine di alcuni aiuti del governo, che ha fatto aumentare il prezzo della benzina. Ci sono state anche novità metodologiche nel calcolo dell’inflazione spagnola, ma questo fattore non ha inciso. L’inflazione di fondo è salita al 7,5% dal 7% del mese precedente.
I mercati hanno reagito al dato spagnolo con un rialzo dei tassi legato all’attesa di una Bce più falco. I rendimenti dei titoli decennali italiani sono saliti di 10 punti base (al 4,18%), quelli tedeschi di 8 punti (al 2,31%). I mercati monetari hanno già prezzato un aumento Bce di 50 punti base giovedì.
I dubbi degli operatori riguardano la riunione di marzo. La presidente Bce Christine Lagarde a dicembre aveva anticipato, nonostante l’assenza ufficiale di una forward guidance, rialzi dello 0,5% anche il prossimo mese. Questa linea è stata confermata dai banchieri centrali di Germania, Francia, Olanda, Austria, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Irlanda e dei Paesi baltici. Già nelle minute dell’ultimo consiglio era emersa la pressione di un gruppo di governatori per rialzi multipli di 50 punti base in cambio della rinuncia a una manovra di 75 punti base a dicembre. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il membro del comitato esecutivo Bce Fabio Panetta hanno però invitato a non esporsi troppo in anticipo sui tassi e ad aspettare le nuove proiezioni di marzo per decidere la risposta più appropriata della politica monetaria.
Gli operatori di conseguenza ascolteranno con attenzione le indicazioni di Lagarde sui tassi futuri. I mercati si aspettano in media un rialzo di 50 punti a marzo, uno di 25 a maggio e un altro di 25 a giugno. Così il tasso sui depositi arriverebbe al 3,5%. Lagarde potrebbe di nuovo precisare, come ha fatto a dicembre, se questi livelli sono in linea con un’inflazione al 2% nel medio termine nell’area euro. A dicembre non lo erano, secondo la presidente.
Nei giorni scorsi si era diffusa la speranza di una discesa dell’inflazione senza recessione, sulla scia del calo del prezzo del gas. Questo scenario toglierebbe pressione ai banchieri centrali di Francoforte. Ieri è arrivata una doppia doccia fredda da Germania e Spagna. «L’economia dell’Eurozona si è dimostrata più resistente, ma non certo immune da uno shock senza precedenti al reddito reale delle famiglie», ha osservato Frederick Ducrozet di Pictet.
L’incertezza resta comunque alta. Ieri la Commissione Ue ha comunicato che l’indice di fiducia economica nell'Eurozona è salito a 99,9 punti a gennaio, dai 97,1 punti di dicembre. Oggi e domani saranno pubblicati altri dati importanti sull’economia europea anche se, a sorpresa, l’istituto di statistica tedesco ha rinviato la pubblicazione del valore sull’inflazione nazionale prevista per oggi. Di conseguenza anche il dato Eurostat di domani, decisivo per la Bce, conterrà solo una stima dell’inflazione tedesca. La banca centrale giovedì dovrebbe anche dare dettagli in più sul quantitative tightening che partirà a marzo.
Mentre Francoforte è orientata a rialzi «significativi» e «a passo costante», come detto da Lagarde, la Fed domani con ogni probabilità rallenterà il ritmo della stretta con un rialzo di 25 punti base (dopo quattro di 75 e uno di 50), anche se il presidente Jerome Powell dovrebbe precisare che non è ancora vinta la lotta all’inflazione. (riproduzione riservata)