L’autunno caldo di Unicredit
L’autunno caldo di Unicredit
Dopo la pausa estiva Mustier si metterà subito al lavoro su diversi cantieri Dall’aggiornamento del piano alla creazione della subholding per le attività estere Grande attenzione anche sulla scelta del presidente, per cui spunta il nome di Grilli

di Luca Gualtieri 08/08/2020 02:00

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Dopo i risultati semestrali che giovedì 6 ha metodicamente illustrato al mercato, Jean Pierre Mustier si concederà una breve vacanza in Italia (lo scorso anno aveva scelto il Piemonte) per poi tornare al 28esimo piano della Unicredit tower. Per il banchiere francese del resto non c’è tempo da perdere perché subito dopo la pausa estiva si apriranno molti cantieri sia sul fronte della governance che su quello della strategia. A rendere particolarmente delicata questa fase non è solo la complessa congiuntura economica, ma anche l’imminente scadenza del cda che dovrà essere integralmente rinnovato nella primavera del 2021. Se presumibilmente il board presenterà la propria lista all’inizio dell’anno prossimo, il futuro presidente potrebbe essere cooptato con qualche mese di anticipo come accaduto nel novembre del 2017 con Fabrizio Saccomanni (alla cui memoria la Unicredit Foundation ha appena dedicato tre nuove borse di studio a un anno dalla scomparsa). Un modo per consentire al candidato in pectore di conoscere meglio le dinamiche della banca e affiancare l’uscente Cesare Bisoni prima dell’insediamento ufficiale. Di certo il comitato nomine presieduto da Stefano Micossi e il cacciatore di teste Spencer Stuart (che questa volta ha sostituito Egon Zehnder, storico advisor di Unicredit) sono al lavoro ormai da qualche mese e sembra che abbiano già vagliato numerosi profili prestigiosi tra cui quello del top banker di Jp Morgan Vittorio Grilli che Mustier conosce e apprezza. È peraltro possibile che, dopo la scelta del futuro presidente, anche il ceo sciolga definitivamente la riserva sulla sua permanenza in Gae Aulenti. Agli investitori più attenti non sarà però sfuggito un passaggio della conference call di giovedì in cui il banchiere voleva fugare l’ipotesi di un’uscita: «sono al lavoro sul piano Team 2023 e sull’argomento non c’è altro da aggiungere». Senza dimenticare che negli anni scorsi Mustier ha spesso rifiutato incarichi in grandi banche internazionali, da Deutsche Bank a Hsbc, per restare al vertice di Unicredit. Se però nei prossimi mesi le sue valutazioni dovessero cambiare, non sarà certo difficile individuare candidati di alto profilo per quella poltrona; sia esterni come l’ex chief country officer di Deutsche Bank in Italia Flavio Valeri o l’ex presidente di Ubs Investment Bank Andrea Orcel, sia interni come l’ex top banker di Goldman Sachs e di Merril Lynch Diego De Giorgi, entrato in cda nei mesi scorsi con il placet del ceo. Se insomma il cantiere sulla governance sarà impegnativo, Mustier non trascurerà la strategia. Sebbene accolti in modo contrastato dalla borsa, i risultati semestrali sono perfettamente coerenti con la linea seguita dal banchiere. Le dismissioni di asset non strategici compiute negli anni scorsi (da Fineco alla quota in Mediobanca) hanno consentito di rafforzare la posizione di capitale, portando oggi il coefficiente Cet1 al 13,85% e consentendo alla banca di affrontare una fase di forte crisi economica come quella attuale. Proprio grazie a questa posizione di forza durante il secondo trimestre sono stati erogati 35 miliardi di finanziamenti in moratoria mantenendo nel contempo un approccio disciplinato al rischio, con il 71% dei finanziamenti investment grade nel Commercial Banking Italy. Attenzione al patrimonio, controllo dei costi e pulizia dell’attivo saranno con ogni probabilità le linee guida che l’istituto seguirà anche nei prossimi mesi, in vista dell’aggiornamento del piano atteso per inizio 2021.
Sul fronte societario tra i progetti sul tavolo del ceo ci sarà poi la creazione della subholding per le attività estere annunciata a fine 2019 con il nuovo piano industriale Team23. La società con sede in Italia e non quotata, avrà l’obiettivo di ottimizzare nel medio termine il costo del funding in un momento in cui la pressione sul rischio Italia è tornata a montare. In particolare, lo scopo sarà migliorare i requisiti di resolvability. il cosiddetto Mrel, come il ceo ha ribadito in diverse occasioni. Anche se Mustier non perde occasione per smentire progetti di m&a («la nostra preferenza è per il buyback azionario, che non ha rischi di esecuzione», ribadiva ancora una volta giovedì 6), la struttura ipotizzata si presterebbe assai bene a un’aggregazione sia all’estero che, soprattutto, in Italia. Dopo il dietrofront su Ubi, qualche opzione sarebbe già arrivata sulla scrivania del banchiere che però ai suoi più stretti collaboratori avrebbe confidato le perplessità su un deal nella penisola. Si vedrà se l’evoluzione del quadro congiuturale e qualche incentivo pubblico saranno in grado di smussare questi dubbi. Di certo nei prossimi mesi ci sarà molto movimento nel banking italiano, soprattutto attorno a quella Mediobanca che Leonardo Del Vecchio è pronto a scalare. Mustier si è chiamato fuori dalla vicenda a fine 2019, vendendo sul mercato tutto il suo 8,4%, ma i delicati equilibri che usciranno da quella partita potrebbero condizionare anche il futuro di Unicredit. (riproduzione riservata)