Il governo del Governatore: uomini, staff e segreti di Fabio Panetta, numero uno di Bankitalia. Ecco il suo programma
Il governo del Governatore: uomini, staff e segreti di Fabio Panetta, numero uno di Bankitalia. Ecco il suo programma
Pochi fedelissimi, scarsi contatti con Draghi e con Visco, rapporti equilibrati con Meloni. Già dalle prime mosse il governatore di Bankitalia dimostra indipendenza. Ecco la squadra e il programma 

di di Roberto Sommella 09/02/2024 20:30

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Giorgia Meloni e il suo vicepremier Matteo Salvini stanno litigando su molti dossier economici, nomine pubbliche comprese. Ma su una cosa si sono trovati subito d’accordo: la nomina di Fabio Panetta a governatore della Banca d’Italia, indicazione che ha riscosso il gradimento in primo luogo del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e di tutta l’opposizione. Questa eccezione è il biglietto da visita dell’economista che ha preso il posto a palazzo di Koch di precedessori del calibro di Ignazio Visco, Mario Draghi, Antonio Fazio, Carlo Azeglio Ciampi e Guido Carli. Prima viene l’indipendenza storica della banca centrale e poi tutto il resto, politica compresa. E i motivi sono nel carattere di un uomo che, archiviato l’esordio come ospite d’onore del Forex, si prepara a fronteggiare il futuro del sistema bancario, stretto tra la globalizzazione e un’innovazione digitale a dir poco impetuosa.

Forte di una squadra di economisti 

A dispetto di quanto cantava Lucio Battisti, Panetta non sta affatto guidando a fari spenti nella notte, come quest’ultimo ebbe a dire a proposito della politica monetaria della Bce nel fronteggiare l’inflazione. Il governatore della Banca d’Italia già nel primo trimestre del mandato sta marcando con decisione la sfera della sua attività. Forte di una struttura d’altissimo livello, il successore di Visco in Via Nazionale si avvale di una piccola squadra di economisti di fiducia che lo aiuteranno a seguire da vicino non solo i temi attinenti all’unione bancaria che verrà (se verrà) ma anche i complessi dossier industriali, come Tim, Ilva e Stellantis, destinati a cambiare il tessuto economico italiano e in un certo modo anche i rapporti del governo Meloni con le aziende del Paese e gli altri due Paesi membri, uno concorrente e l’altro complementare: Francia e Germania.

Chi lo conosce bene sa che Panetta è abituato a correre da solo, ascoltando però tutti, qualità che lo accomuna all’ex presidente dell’Eurotower Draghi, con cui divide il tifo per la Roma e la passione per il litorale laziale (nella geografia dei luoghi di vacanza dei banchieri centrali la bussola si sposta solo un po’ verso Nord, da Lavinio a Fregene). A Francoforte, dopo la sua esperienza nel board della Bce, lo ricordano infatti come un free rider sempre attento all’interesse nazionale. Ne sa qualcosa l’ex presidente della Bundesbank Jens Weidmann che in un celebre speech all’ambasciata tedesca nel 2016 a Roma trovò proprio in Panetta l’unico che gli ricordò senza peli sulla lingua le responsabilità di Berlino e delle banche dei lander nel default della Grecia.

La sua autonomia di giudizio è confermata anche dai primi passi nei saloni ovattati di Bankitalia. Forte della sua storica segreteria, che non è cambiata da quando della banca era vice direttore generale, Panetta si avvale di uno staff snello, coadiuvato dagli uomini e dalle donne della comunicazione, che ruota attorno a tre economisti d’esperienza e al neo segretario del direttorio, Gian Luca Trequattrini. Uomo di solida esperienza, Trequattrini, che ha mancato di poco l’ingresso nel collegio, è di fatto il ministro degli esteri del governatore. È a lui che ci si deve rivolgere per avere un contatto con il numero uno, che si tratti della premier Meloni o di John Elkann, come è accaduto di recente in una visita che ha segnato la prima presa di contatto tra il patron di Exor e il banchiere centrale. Il quadrilatero dei consiglieri è composto anche da Luigi Cannari, Stefano Siviero e Stefano Neri. Tutti e tre economisti di rango, con specializzazioni diverse. Statistica, economia reale e analisi territoriale Cannari. Struttura economica e congiuntura Siviero. Analisi della congiuntura e politica monetaria Neri. Più che un triangolo, un grandangolo in grado di confermare la leadership della Banca d’Italia in Europa nello studio dei fenomeni, che si tratti del bitcoin, dell’euro digitale o della politica industriale.

Segnali di innovazione 

Come ha scritto su queste pagine Angelo De Mattia, Panetta ha iniziato subito a dare segnali di innovazione nell’interpretare la carica. Proprio a Trequattrini il governatore e con lui tutto il direttorio (il dg Luigi Signorini e i vice direttori generali, Alessandra Perrazzelli, Paolo Angelini e la new entry dalla Fed di Dallas, Chiara Scotti) ha affidato una serie di compiti complessi: essi vanno dalle politiche di organizzazione alla sicurezza, dalla delicata materia degli affari istituzionali, alla segreteria particolare e alla Comunicazione, fino al coordinamento dei progetti alle politiche di gestione della Banca.

Panetta si è trovato anche a godere di un aumento di stipendio pregresso, che segna la fine del pauperismo di matrice grillina che ha contagiato un po’ tutta l’azione pubblica, considerata la responsabilità del mandato. I compensi del Direttorio sono stati ritoccati in alto nel luglio del 2023 dal Consiglio Superiore dopo che erano stati tagliati nel 2011 durante il governo di Mario Monti e nel 2014 dall’esecutivo di Matteo Renzi: il governatore ora percepisce 480.000 euro (prima erano 450.000), il direttore generale 430.000 euro (erano 400.000), i vicedirettori e la vicedirettrice 350.000 euro (315.000). Durante l’epoca difficile della crisi dei debiti sovrani, la scure era caduta pesantemente sugli emolumenti delle figure tra le più delicate di tutto l’arco istituzionale e anche sugli stipendi dei membri delle altre authorities, tanto che il compenso onnicomprensivo dei membri del board di Bankitalia era stato oggetto di interventi di riduzioni stipendiali significative comprese tra 40,6% (governatore) e 28,6% (vice direttori generali).

Che queste informazioni si trovino direttamente sul sito della banca centrale è in fondo un altro segnale di trasparenza e indipendenza.

Trasparenza che significa anche equidistanza dalla politica senza marchi di fabbrica, a dispetto delle lontane simpatie di destra. Panetta è stato designato dal governo Meloni alla guida di palazzo Koch, dopo che nel 2019 l’esecutivo Giuseppe Conte lo aveva indicato per il board di Bce (dove ora siede al suo posto Piero Cipollone che del leader M5S fu consigliere economico a palazzo Chigi). La stima per Panetta accomuna quindi due acerrimi avversari come Meloni e Conte. Amico ma non dipendente dai consigli di Draghi e Visco - i governatori onorari con i quali divide i corridoi a palazzo Koch ma non i meeting - Panetta è però tutt’altro che un uomo per tutte le stagioni.

Lancia il monito alle big del credito

Nella sua prima uscita pubblica da banchiere centrale il romano senza fronzoli anche nel vestire ha subito dimostrato che non sarebbe stato un governatore di campanello, usando il pugno di ferro nel guanto di velluto. «La positiva situazione delle banche conferisce stabilità all’intero sistema finanziario italiano. È un punto di forza per l’economia nel suo complesso, come hanno espressamente sottolineato primarie agenzie di rating internazionali nei giudizi formulati di recente sull’Italia», è la parte del guanto di velluto del suo discorso all’evento delle Bcc a Roma. Seguito però subito dopo dal seguente monito, che sembra un programma di governo bancario: «con l’indebolimento della congiuntura economica in Europa e in Italia, alcuni fattori che hanno finora rafforzato le banche potrebbero venire meno nei prossimi mesi. Secondo nostre proiezioni, l’effetto congiunto del rallentamento ciclico e degli alti tassi d’interesse potrebbe provocare un’inversione della dinamica dei crediti deteriorati. Il livello relativamente elevato dei tassi ufficiali contribuirebbe a innalzare il costo della raccolta e a comprimere i ricavi da interessi. Le condizioni di liquidità diverranno meno favorevoli per effetto della contrazione del bilancio dell’Eurosistema. Occorre operare fin d’ora per mitigare questi rischi, adeguando tempestivamente le rettifiche di valore all’evoluzione della qualità del credito. I piani di finanziamento vanno adattati alla minore offerta di liquidità e prontamente attuati. Abbiamo sollecitato in tal senso le banche sotto la nostra diretta supervisione».

Fin qui le previsioni, che possono rivelarsi fallaci perché questa è l’epoca dell’inatteso, ma di una cosa è convinto il governatore: il sistema bancario italiano è in grado di gestire sviluppi sfavorevoli e dunque «ci si può attendere che nel prossimo biennio la sua redditività si riduca, ma rimanga ampiamente positiva». È questa la sfida per tutte le big del credito, da Intesa a Unicredit, come testimonia l’inchiesta su queste pagine di Milano Finanza, e in fondo per l’Italia intera: battere la litania del declino ineluttabile che troppo spesso condiziona l’agire nel pubblico come nel privato. Fari accesi nella notte, ma senza paura. (riproduzione riservata)