Il fantasma di Weimar tra noi
Il fantasma di Weimar tra noi
Rileggere la storia tra la Grande Guerra e la crisi del ’29 è molto utile anche oggi per evitare che l’Ue resti un’anatra zoppa. Antonio Fazio rompe il silenzio e dopo tanti anni parla del suo nuovo libro, di moneta e di Europa. Che senza riforme resterà un Purgatorio...

di Roberto Sommella 15/08/2020 02:00

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Capire perché Antonio Fazio, rompendo un lungo silenzio, dedichi proprio ora un saggio alla crisi che attanagliò il mondo dopo la Grande Guerra fino al 1929, con speciale riguardo a quanto accadde in Germania, non è solo un esercizio di memoria e, in sé, una notizia. È un viaggio nel tempo, suo e nostro. Mai come oggi, calati come sono tutti i governi nel regno dell’incertezza, conoscere l’insegnamento della storia recente è importante. Con in testa questo interrogativo - perché? - chi scrive ha perciò avvicinato l’ex governatore alla vigilia dell’uscita del suo volume L’inflazione in Germania nel 1918-1923 e la crisi mondiale del 1929 (Treves Editore). Da tempo l’economista non parla, non appare, non scrive in pubblico, eppure viene ricordato come uno dei primi euroscettici, non tanto per una posa sovranista ante litteram, quanto per la profonda conoscenza che l’uomo di Alvito, da dove parla con Milano Finanza, ha avuto delle fasi che hanno condotto alla costruzione della moneta unica e dell’eurozona. ‘’Per tanti anni ho potuto solo scrivere, ora posso parlare’’, afferma chi è stato seduto sulla poltrona più alta di palazzo Koch prima di Mario Draghi e di Ignazio Visco. E nella frase c’è quasi una liberazione dell’uomo di studi che ha attraversato molti travagli, da quando si è lasciato alle spalle inchieste e processi di vario genere derivanti dall’estate delle scalate bancarie. Il suo contributo, adesso, non mancherà ed è un contributo che pesa e che fa riflettere.

Domanda. Dottor Fazio, il mondo è impaurito dal Covid e tutte le certezze sono venute meno. In questo contesto è in uscita un suo saggio sulla crisi del ’29 e le sue cause. Cosa ci vuole dire con questo libro: la storia può ripetersi?

Risposta. La mia è una ricerca obiettiva, condotta con continue interlocuzioni con tanti amici economisti, per affrontare un’analisi il più possibile approfondita di quel periodo storico. Non sono io a fare previsioni per l’oggi. È la storia, che può ripetersi ma in modo diverso, che ci offre il suo insegnamento.

Domanda. Nel libro le cause della crisi che condussero al tracollo della Repubblica di Weimar e alla Grande Depressione vengono individuate nell’inflazione e nel fallito rapporto tra la moneta e l’oro. Una catastrofe che, come lei ricorda, portò ad una svalutazione del marco tedesco di oltre mille volte e quasi al dimezzamento dei posti di lavoro in Germania. Ci sono rimandi che devono farci temere?
Risposta. Come spiego nel libro, avevo notato da tempo una drammatica analogia tra ciò che stava avvenendo in Italia dall’anno 2000 e in particolare dalla Grande Recessione del 2008, da un lato, e alcuni aspetti della Grande Depressione mondiale iniziata nel 1929, dall’altro.

D. Quale?
R. Si trattava dei suicidi degli operai rimasti senza lavoro e senza alcun reddito a causa della grande depressione, in Inghilterra e in America, e dei suicidi dei piccoli imprenditori in Italia, in conseguenza della crisi produttiva nella quale ancora ci troviamo e del fallimento delle loro imprese. Nel comparare i due, grandi, storici eventi, non si poteva e non si può non rilevare una qualche analogia anche nei regimi monetari: il gold standard e le conseguenze politiche per mantenere legate allo standard aureo le monete di conto nazionali, da un lato, e il regime della moneta unica europea, che di fatto obbliga gli Stati a politiche in primo luogo volte a preservare il mantenimento del rapporto di cambio all’interno dell’area. Obiettivo che faceva allora e fa ora passare in seconda linea quello del livello dell’attività economica e dell’occupazione.

D. Lei scrive che di fatto la moneta unica (l’ex numero uno della Banca d’Italia, sorridendo al telefono parla di ‘’marco’’ e non di ‘’euro’’ e questo esprime bene cosa pensa del livello di cambio originario, ndr) genera una pressione deflazionistica nei paesi più deboli. Quali sono?
R. Sono l’Italia, la Grecia, la Spagna, il Portogallo. L’illusione di fondo è stata che sarebbero stati tutti come la Germania.

D. Anche qui c’è un altro rimando storico. Nel volume lei scrive che nella Repubblica di Weimar c’era l’illusione che limitando le spese pubbliche e aumentando le entrate, si sarebbe incrementato il risparmio mentre quella politica aggravò la recessione che aveva colpito l’economia. Questo fantasma ha spinto fino a poco tempo fa i governanti tedeschi a politiche di austerity.
R. Le politiche sbagliate sono state quelle europee dei nostri giorni. Allora c’era lo spettro dell’inflazione e oggi si sta cedendo nel problema opposto, la deflazione. Nel ’29 i problemi nacquero quando si rimise mano al golden standard, oggi scaturiscono dal deprezzamento del marco/euro.

D. Cosa rischiamo?
R. Rischiamo tanta disoccupazione, come a cavallo delle due guerre.

D. Quindi secondo lei siamo ancora in Purgatorio con l’euro e se sì cosa occorre fare per uscirne?
R. Sì, siamo ancora in Purgatorio. Ma innanzitutto occorre ridurre gli effetti del Covid, che sono molto pesanti. Occorre per prima cosa risolvere i problemi sanitari. Se non si va avanti col debito comune e con un tesoro unico si deve tornare al principio di sussidiarietà. In mezzo al guado non si può restare. La politica suggerita da Bruxelles è stata sbagliata dal 2000 in poi, ora la presidente della Commissione Ursula von der Leyen si sta cominciando a muovere bene.

D. Von der Leyen è tedesca ed è di un’altra generazione, ma la Germania ha superato il trauma della crisi del ’29?
R. La Germania non ha ancora superato il trauma di Weimar per quello che poi ha condotto di tragico nel paese, ma nel frattempo accanto alla stabilità nell’area dell’euro stiamo creando deflazione. E la deflazione deriva dal fatto che il marco/euro è sottovalutato. È la Germania che crea deflazione perché aumenta le entrate e riduce le uscite e la cura che ci ha suggerito Bruxelles nel frattempo ha fatto comunque salire il nostro debito dal 100 al 130% del Pil, prima di questa ultima crisi pandemica.

D. L’Europa non si salva quindi.
R. Questa Europa così non va bene, è rimasta a metà strada. Serve in primo luogo l’Unione fiscale. Ricordo un Ecofin informale del 1997 in cui si rinunciò all’unificazione fiscale, per opposizione della Gran Bretagna. Ma serve un’unione monetaria con un trattamento fiscale unico. Se vogliamo salvare l’euro dobbiamo fare fino in fondo profonde riforme.

D. Lei ha toccato il tema del debito, che a livello pubblico esploderà per via della crisi sanitaria. Serve una conferenza sul debito?
Risposta. Sì. (riproduzione riservata)