I sei rischi per la ripresa post Coronavirus
I sei rischi per la ripresa post Coronavirus
Le attività economiche stanno ripartendo ma sullo sfondo permangono tante incertezze: una eventuale seconda ondata di contagi, le tensioni tra Usa e Cina, il crescente indebitamento di alcune società americane, le politiche di aiuto dei governi, i rischi relativi all'impossibilità di rifinanziare il debito, ed infine il sentimento di sfiducia dei cittadini

di Antonella Ladisi 09/07/2020 11:39

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Nelle ultime settimane, grazie all'allentamento delle misure restrittive, le attività economiche stanno gradualmente ripartendo. Tuttavia, sullo sfondo restano molti rischi ed incertezze. Secondo Nikolaj Schmidt, Chief International Economist di T. Rowe Price, il pericolo principale è quello della seconda ondata di contagi di Covid-19. La scoperta di un vaccino efficace richiede ancora un po' di tempo e i Paesi sono ancora lontani da quella situazione che garantirebbe l'immunità di gregge. L'esperienza di Corea del Sud, Singapore e alcuni segnali dall'Europa fanno sperare che sia possibile riaprire le economie senza far aumentare i tassi di contagio e affidandosi al buon senso dei cittadini.

Altre incertezze sono legate alle crescenti incertezze tra Washington e Pechino. A tal proposito, Nikolaj Schmidt commenta che "il fatto che il gigante asiatico appaia in testa nella corsa tecnologica rappresenta per gli Stati Uniti una sfida persino più ardua di quella posta in passato dall'Unione Sovietica. L'incertezza nelle relazioni tra le due potenze, la pressione a spostare le supply chain e le restrizioni alle esportazioni di tecnologia sono venti contrari per la crescita e rischi per la ripresa". Altri problemi potrebbero derivare dalle controversie tra Hong Kong e Taiwan.

Preoccupa anche il crescente indebitamento di alcune società non finanziarie statunitensi degli ultimi anni. Secondo la Federal Reserve, il debito di queste aziende sarebbe passato dal 66% del Pil nel 2012 al 75% nel 2019. Si temono su questo fronte dei default societari e le conseguenti perdite nei bilanci degli intermediari finanziari. Tuttavia, Nikolaj Schmidt riconosce che i costi di servizio del debito sono contenuti dati i bassi tassi di interesse; inoltre, i bilanci degli intermediari sono molto più solidi rispetto all'ultima crisi. Nel dettaglio, "i nostri modelli interni prevedono un tasso di default per il credito high yield USA del 7-9%. Ovviamente, se l'economia fosse colpita da uno shock come un secondo lockdown, salterebbero tutte le previsioni, dato che nessuna società può sopravvivere senza ricavi".

Da non dimenticare i piani di aiuto messi in campo da parte delle istituzioni centrali, come le politiche di quantitative easing. Secondo l'esperto "un aspetto più critico è se la crescita economica sarà in grado di resistere ai venti contrari che si scateneranno quando i Paesi saranno costretti ad entrare in un regime di consolidamento fiscale, adottando politiche per ridurre i deficit e l'accumulo di debito. Crediamo che il consolidamento seguirà un percorso simile a quello dell'ultima crisi, quando le misure temporanee erano state estese il più possibile e poi sollevate solo gradualmente. Tuttavia, se le autorità si trovassero sotto pressione e dovessero ridurre i deficit più rapidamente, potrebbero agire in maniera inaspettata".

Tra i rischi maggiori resta quello relativo al mix di deficit troppo ampi e impossibilità di fare affidamento sulla monetizzazione per via delle infrastrutture istituzionali più deboli, che potrebbe generare delle fughe dalla valuta fino all'impossibilità di rifinanziare il proprio debito. Tra i Paesi emergenti (che comunque rappresentano solo il 21% del Pil globale) a rischio di crisi finanziaria vi sono Sudafrica, Brasile, Turchia e Colombia.

Infine, l'ultimo rischio che viene evidenziato da Nikolaj Schmidt riguarda una crescita della sfiducia dei cittadini: specie nel caso dei Paesi dell'Europa meridionale che hanno attraversato un decennio di crescita debole, i cittadini hanno spesso provato una sensazione di rabbia e frustrazione. I danni economici della crisi attuale potrebbeor alimentare e rafforzare questo atteggiamento. Su questo fronte, viene in aiuto il Recovery Fund da €750 miliardi proposto dalla Commissione europea, ma bisogna vedere in futuro se e come verrà implementato.

Secondo Nikolaj Schmidt, solo nel momento in cui ilrimbalzo iniziale dell'attività economica post lockdown sarà ginto al termine, si potranno vedere in maniera più chiara le condizioni reali della tenuta economica e fare delle valutazioni più puntuali sul ritmo di ripresa: "Ii modo in cui autorità e politici risponderanno a queste sfide sarà uno dei temi fondamentali dei prossimi anni". (riproduzione riservata)