Paolo Gentiloni frena sul ripristino delle regole del Patto di Stabilità e Crescita. "Non bisogna fare errori di tempistica nella stretta alla spesa" una volta superata l'emergenza provocata dal Coronavirus, ha spiegato il commissario agli Affari economici in audizione alla Camera. Piuttosto bisognerà "fare riferimento ai livelli del pil prima della pandemia dei paesi europei in generale", come parametro per capire se la situazione sarà tornata alla normalità.
Appena ieri il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, aveva ricordato che la clausola di salvaguardia che ha congelato le regole di bilancio sarà valida fino a quando l'Unione europea o una parte consistente degli Stati saranno in recessione. Già in autunno o al massimo nella primavera del 2021 si dovrà però discutere del ritorno ai paletti del Patto.
Ecco quindi il richiamo al debito pubblico che lo stesso Gentiloni non ha potuto evitare: "La sostenibilità del debito in alcuni Paesi, tra cui l'Italia, è uno dei problemi del futuro che la discussione di questi mesi non può cancellare". Nell'immediato però le discussioni sono sul piano di rilancio e sulla proposta di fondo da 750 miliardi presentata dalla Commissione. I Paesi Bassi, assieme ad Austria, Danimarca e Finlandia, contestano la ripartizione del sostegno in prestiti e contributi a fondo perduto.
"Un sistema di prestiti è molto più logico. Anche quelli sono aiuti", è la posizione del premier olandese, Mark Rutte, secondo le anticipazioni di un'intervista al magazine Sette, "dalle analisi della Commissione, sappiamo che la sostenibilità del debito di Italia e Spagna non sarà diminuita da nuovi prestiti. Per questo la nostra posizione è che l'aiuto dev'essere fatto di prestiti, non di contributi. Ma insistiamo anche affinché ci si concentri sull'aumento della competitività e della resilienza dei Paesi che li ricevono".
Gentiloni, in vista della presentazione del piano di riforme per accedere agli aiuti esorta invece il governo a "introdurre sistema alcune priorità orientate al futuro", quindi: "sostenibilità, digitalizzazione e inclusione sociale. L'ex premier entra anche nel dibattito sull'opportunità per l'Italia di richiedere i 37 miliardi di prestiti Mes condizionati all'utilizzo per la spesa sanitaria legata a Covid-19. "L'Italia è uno dei Paesi che avrebbe maggior interesse ai fondi del Mes, perché ha tassi di restituzione del debito più elevati".
Giuseppe Conte continua a tergiversare sul tema. Il ricorso ai fondi del Meccanismo europeo di Stabilità è infatti visto come fumo negli occhi da parte dei Cinque Stelle nel timore di una sorveglianza rafforzata sull'Italia. Il premier dice di non temere un eventuale voto sull'utilizzo del Mes. Non ci sarà però in occasione delle comunicazioni al Parlamento del 15 luglio in vista del Consiglio Ue del 17 e 18. La relazione di maggioranza si concentrerà infatti soltanto su Recovery fund e quadro pluriennale finanziario della Ue. (riproduzione riservata)