I problemi ai componenti dei reattori nucleari di Electricite de France (Edf) potrebbero portare a un rialzo dei prezzi dell'energia elettrica. Ieri Framatome, società del gruppo francese che progetta e costruisce reattori nucleari, ha individuato una deviazione rispetto agli standard tecnici sulla produzione dei componenti dei reattori.
"Facendo riferimento agli standard associati al processo di fabbricazione, la deviazione riguarda una differenza nei range di temperatura in alcune aree durante le operazioni di produzione", ha fatto sapere Edf. L'anomalia riguarda sia i componenti attualmente in servizio sia quelli non ancora installati. Edf e Framatome stanno conducendo accertamenti per identificare le parti e i reattori coinvolti e per appurarne l'idoneità al servizio. Edf, società in gran parte di proprietà statale, ha già informato l'autorità di regolamentazione francese competente.
Dunque le investigazioni sono in corso e nessun impianto è stato per ora fermato. "Nel caso in cui le investigazioni portassero alla necessità di sostituzione dei componenti, l'attività potrebbe spingere al rialzo i prezzi elettrici in tutta Europa durante le fasi di manutenzione", hanno ipotizzato gli analisti di Equita, aggiungendo che, in tal caso, i maggiori beneficiari sono i power generators come Enel (-0,72% a 6,44 euro al momento in borsa), Erg (-0,94% a 17,82 euro), A2A (-0,80% a 1,61 euro), Iren (-0,33% a 2,39 euro), Falck (-0,33% a 3,61 euro), Iniziative Bresciane (-1,15% a 17,20 euro).
"La potenziale riduzione della produzione nucleare francese è dovuta all'impatto dei prezzi del gas, dei prezzi del petrolio, dei prezzi della CO2 e dei prezzi dell'elettricità", hanno spiegato gli esperti di Fidentiis. "A nostro avviso, in Italia, le società che beneficeranno maggiormente di questa potenziale riduzione della produzione nucleare sono: Enel, A2A, Iren, Erg e Falck Renewables".
Invece gli analisti di Mediobanca Securities si soffermano sulla notizia riportata dall'Ansa secondo cui la Banca europea per gli investimenti (Bei) punta a cambiare obiettivo nella elargizione dei suoi finanziamenti in campo energetico con una svolta green: entro fine 2020 intende dire stop ai progetti che riguardano i combustibili fossili per concentrarsi sulle energie rinnovabili e sulle nuove tecnologie in grado di accelerare la de-carbonizzazione del mix energetico e la transizione energetica.
La banca, che investe 10-12 miliardi di euro all'anno per sostenere il settore energetico, nel luglio scorso ha pubblicato la bozza di questa nuova politica di credito degli investimenti completamente allineata all'Accordo di Parigi sul clima del 2015 sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e sul contenimento dell'aumento della temperatura media del pianeta riconoscendo che le rinnovabili saranno la maggior parte delle fonti di energia a basse emissioni di CO2 entro il 2050. L'Italia, storicamente il principale Paese beneficiario della finanza Bei, con quasi 200 miliardi di prestiti dal 1958, nel solo 2018 ha ricevuto 8,5 miliardi, pari allo 0,5% del pil.
E' in corso una discussione tra i vari paesi sul futuro ruolo del gas naturale. Paesi come l'Italia e la Spagna vorrebbero continuare a sostenere il gas poiché lo vedono come una fonte di transizione, mentre la Francia sarebbe contraria. Il consiglio di amministrazione della Bei si riunirà il prossimo 15 ottobre, ma questo argomento potrebbe anche essere sul tavolo dell'Ecofin di questo venerdì. (riproduzione riservata)