Einstein, ben prima di Elon Musk, spiegò che il cervello batterà tutte le varie AI. Perché è libero e può cambiare idea
Einstein, ben prima di Elon Musk, spiegò che il cervello batterà tutte le varie AI. Perché è libero e può cambiare idea
Sosteneva Albert Einstein che un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna potrà porne uno. Oggi tra timori per ChatGpt e la potenza delle intelligenze artificiali, la questione della sovranità digitale, fiscale e individuale non attiene più solo al mercato ma invade la sfera della democrazia e perfino della percezione di sé

di di Roberto Sommella 31/03/2023 21:03

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Sostiene Albert Einstein che un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna potrà porne uno. Forse non è questo il motivo che sarà dietro alla prossima decisione dei governi di porre un freno alla forza del digitale, ma è sperabile che chi lo farà sia ispirato da uno dei più famosi aforismi del celebre fisico.

La scelta di Elon Musk e di altri mille professori e addetti ai lavori di rompere la cortina di silenzio sull’Intelligenza Artificiale, proponendo una moratoria sugli studi che la riguardano di sei mesi, né più né meno fosse pericolosa come le armi nucleari, coglie sicuramente un aspetto che si sposa bene con quanto sostenuto dal premio Nobel per la fisica: l’AI può rendere più facile il lavoro ma non può renderlo più difficile e questa sua presunta perfezione reca con sé un grandissimo rischio. Secondo questo principio se un lavoro può essere facilitato dalle macchine e se esse pagano meno tasse della componente umana, ci sarà una continua sostituzione delle persone con i robot, perché quest’ultimo non pone ostacoli, non parla, non sciopera, non ha un salario.

Prima di Musk è arrivato a questa conclusione Bill Gates, che però non ha quella capacità istrionica da guru anche un po’ guascone - altri direbbero imbroglione - dell’uomo che vuole andare su Marte dopo aver guidato un veicolo completamente inventato da lui.

Il piano B delle istituzioni: vietare l’uso di ChatGpt

E che la minaccia fantasma sia sempre più vicina, nonostante gli strumenti regolatori messi in campo dall’Unione, è dimostrato da una notizia che Milano Finanza può rivelare: in Europa c’è già qualche istituzione che sta pensando di vietare tout-court l’uso di ChatGpt. Qualcuno sostiene che l’autorità della Privacy italiana sia molto vicina a questo passo shock (tanto che venerdì 31 marzo ha imposto al sistema di AI un possibile blocco a causa della mancata informazione agli utenti), essendo supportata dalla Commissione, che da tempo sta mettendo nel mirino la potenza di fuoco degli over the top e la gestione dei Big Data grazie al lavoro della commissaria Antitrust Margrethe Vestager. Poco importa chi sarà il primo, l’importante è che questo passo venga fatto, anche per il bene di milioni di studenti. I veti sono necessari ma possono diventare insufficienti.

Purtroppo gli strumenti del diritto non bastano più e questo il patron di Tesla, che è figlio shumpeteriano dell’innovazione creatrice lo ha capito meglio ma soprattutto prima degli altri.

La questione della sovranità digitale, fiscale e individuale non attiene più solo al mercato, ai principi antitrust e alla dominanza commerciale, ma sta invadendo direttamente la sfera sacra della democrazia e della rappresentanza e, in ultima analisi, anche della percezione di sé, come ha anticipato già anni fa Susan Greenfield nel suo saggio straordinario Cambiamento mentale (Fioriti Editore).

C’è da sperare che dietro il manifesto di Musk ci siano ragionamenti di questo tipo e non di bottega, visto che lui non ha interessi nel settore dell’Intelligenza Artificiale come invece Microsoft e Google e considerato l’uso spregiudicato che fa di Twitter.

Dal copyright ai lavori sulla Rete, le insidie della AI

Ma alcuni passaggi della lettera appello che è stata rilanciata in tutto il mondo sono condivisibili, dalle società, dagli editori (che ben sanno come ChatGpt non sia coperto dal copyright) e da tantissimi che lavorano sul filo della rete, in quella zona d’ombra tra creazione e diffusione digitale, che trasforma a colpi di clic l’opera dell’intelletto in opera senza autore.

Quanto sostengono Musk e gli altri mille garibaldini per la liberazione della terra assume perciò i toni dell’allarme rosso: i sistemi di AI dotati di un’intelligenza competitiva con quella umana possono comportare «rischi profondi per la società e l’umanità, come dimostrato da ricerche approfondite e riconosciuto dai migliori laboratori di AI».

L’Intelligenza Artificiale potrebbe infatti rappresentare «un cambiamento profondo nella storia della vita sulla Terra e dovrebbe essere pianificata e gestita con cura e risorse adeguate», aggiungono gli estensori dell’appello.

La potenza dell’intelligenza artificiale come quella dell’energia nucleare

E contano poco le rassicurazioni degli scienziati innamorati del progetto AI sulle capacità taumaturgiche del cervello da laboratorio come poco, purtroppo, contarono le certezze e il pentimento successivo di Julius Robert Oppenheimer sulle virtù dell’atomo: esso è fonte di energia come propagatore di morte.

D’altronde la misura dell’intelligenza umana, ha insegnato ancora Einstein, è data proprio dalla capacità di cambiare e di mutare l’utilizzo e le finalità delle proprie invenzioni, nel momento in cui la società prende una strada che può portare nel baratro.

Hiroshima e Nagasaki sono lì a ricordarcelo ogni giorno. Forse il pericolo non è lo stesso, ma chi aveva paura dell’atomo prima del 6 agosto 1945? (riproduzione riservata)