E se la pubblica amministrazione facesse un sacrificio?
E se la pubblica amministrazione facesse un sacrificio?

di Gabriele Capolino 05/05/2020 02:00

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Solidarietà. Molti la offrono, tutti la chiedono. In Italia se ne promette tanta e finora se ne è ottenuta molta, per lo più da parte di privati, di associazioni di privati, di società private. Da parte cioè di coloro che hanno già pagato imposte allo Stato (evasori ed elusori a parte) e che accetta di fare ancora di più. Ma c’è un rumoroso silenzio, con qualche eccezione lodevole, da parte di una fetta importante della popolazione italiana e dell’economia e finanza italiana. Il settore della Pubblica Amministrazione. A scanso di equivoci, qui non si sta parlando del Servizio Sanitario Nazionale e dei suoi dipendenti in prima fila nella lotta al virus e che, in modo inaccettabile per un Paese che voleva dirsi avanzato, hanno pagato in prima persona con la loro vita per l’impreparazione generale. Non si sta parlando delle forze dell’ordine, che si spendono ogni giorno per le strade per assicurare l’ordine pubblico e il rispetto delle norme governative e locali sull’emergenza. Qui si parla degli altri. Un’Italia molto diversa da quella che si vive e si legge di questi giorni. Una popolazione che non sta vivendo alcun particolare patema economico. Ricevono alla fine del mese l’intero lo stipendio. Conserveranno il loro posto di lavoro. Stanno risparmiando, grazie allo smart working, le spese di trasporto verso il luogo di lavoro. In molti casi lavorano a scartamento ridotto, per le inefficienze organizzative della pubblica amministrazione centrale e locale: l’88% della PA eroga servizi tramite web e solo il 33% adotta il cloud computing. Certo, temono come gli altri per la propria salute, soffrono per le restrizioni di movimento. Ma per insegnanti, magistrati e cancellieri, funzionari della regione o delle province, impiegati delle comunità montane, del catasto, eccetera, i patimenti finiscono qui. È giusto che sia così? O a proposito di solidarietà, oltre a chiederla agli olandesi, sarebbe anche opportuno ed equo chiederla ai funzionari e impiegati dello Stato e degli enti locali? Certamente non a quelli del Ssn e delle forze dell’ordine, ma agli altri? Il destinare una quota delle loro retribuzioni a una forma di solidarietà nei confronti di chi deve affrontare per i prossimi mesi (anni?) la cassa integrazione o la disoccupazione da Covid è proprio disprezzabile? Qualche numero forse aiuta. In Italia i dipendenti della pubblica amministrazione centrale e locale sono in tutto 3,2 milioni. Di questi, circa 656 mila lavorano nel servizio sanitario nazionale e 477 mila sono appartenenti alle forze dell’ordine. La categoria numerica più alta è rappresentata dagli insegnanti (1,2 milioni). A livello locale, i dipendenti dei comuni sono più di 300 mila e quelli delle regioni 66 mila e altrettanti quelli delle province. Quanto costano allo Stato tutti costoro? Il 9% del pil, secondo la Corte dei conti, quindi circa 160 miliardi, di cui 35 miliardi per pagare medici e sanitari e 22,6 mld per le forze dell’ordine. Restano circa 100 miliardi per gli stipendi di tutti gli altri, il 60-70% del quale in media va netto in busta paga. Un 5-10% risparmiato su queste cifre è pari a 5-10 miliardi. Soldi che possono essere diretti a una forma di solidarietà diretta proveniente dal dipendente pubblico, forte delle sue garanzie, al dipendente privato che quelle garanzie non le avrà più chissà per quanto tempo ancora. In realtà il contributo dei dipendenti della Pa potrebbe tradursi semplicemente in un minore costo per il bilancio dello Stato, che quindi potrebbe far vedere ai partner europei quanta solidarietà sia incardinata in questo Paese. Ma conoscendo le debolezze dello Stato e degli enti locali, il timore è che alla fine quel contributo non finirà in un risparmio netto ma sarà speso altrove. Meglio allora un travaso diretto, visibile, come quando si chiedono i soldi per la Protezione Civile: la Pubblica amministrazione protetta che offre un contributo all’economia privata poco o per nulla protetta. È proprio blasfemo il proporlo? (riproduzione riservata)