Unicredit-Commerzbank, ecco quanto può valere e rendere agli azionisti la superbanca europea che vuole fare Andrea Orcel
Unicredit-Commerzbank, ecco quanto può valere e rendere agli azionisti la superbanca europea che vuole fare Andrea Orcel
Dal 2021 le azioni Unicredit ha guadagnato oltre il 400% in borsa. Record assoluto tra le banche europee. Ma ora il mercato si chiede se dopo il blitz su Commerz ci sarà spazio per nuovi guadagni. Gli analisti sono convinti di sì: l’aggregazione in Germania può essere un affare

di di Luca Gualtieri 13/09/2024 20:00

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Un investitore che avesse comprato azioni Unicredit a inizio 2021 oggi non avrebbe di che lamentarsi. In tre anni e mezzo il titolo ha guadagnato oltre il 400% in borsa, passando da 7,5 euro a 37 euro. E, se si considerano anche le cedole staccate, il rendimento totale arriva al +500%.

Mercoledì 11 settembre però il blitz della banca italiana su Commerzbank ha scompaginato le carte. Si profilano un’opa e una fusione che cambierebbero in profondità la strategia e l’assetto di Unicredit. Molti soci oggi si stanno chiedendo: l’investimento darà ancora le soddisfazioni degli ultimi anni? 

Il lungo cammino fino al blitz in Germania

Dieci anni fa il sistema bancario italiano era percepito come uno dei più fragili in Europa. Miliardi di sofferenze, deficit di capitali, salvataggi, nazionalizzazioni e scontri con i regolatori internazionali avevano impresso sugli istituti tricolori lo stigma dell’inaffidabilità, amplificato per giunta dalla predisposizione dei mercati a fare di tutta l’erba un fascio.

Ora può nascere il campione europeo

Ma gli equilibri nel mondo della finanza cambiano in fretta e tra qualche mese, se tutto andrà come previsto con l’operazione Unicredit-Commerzbank, la prima banca europea per capitalizzazione (74 miliardi) potrebbe essere italiana davanti a colossi come Bnp Paribas, Bbva-Sabadell, Santander e Crédit Agricole. Rivincita nella rivincita è stata quella di Unicredit.

La svolta di Unicredit

Con l’arrivo del ceo Andrea Orcel la banca di piazza Gae Aulenti si è lasciata alle spalle gli anni più difficili della propria storia. Dalla crisi del 2008 alla fine del 2020 il gruppo ha registrato perdite per quasi 38 miliardi, imputabili principalmente all’attività di pulizia del portafoglio crediti. Per far fronte a questi rossi sono serviti aumenti di capitale per 27,5 miliardi e cessioni di asset per otto miliardi. 

Non solo. Dalla chiusura dell’ultima ricapitalizzazione fino all’arrivo di Orcel le azioni Unicredit avevano bruciato quasi il 47% del proprio valore. Questi pochi numeri danno la misura del cambio di passo che si è avuto negli ultimi tre anni e mezzo. Grazie anche al rialzo dei tassi della Bce, Unicredit ha incassato profitti complessivi per oltre 23 miliardi con una distribuzione tra cedole e buyback che si avvicina ai 20 miliardi e un eccesso di capitale da 10 miliardi. Numeri che rendono la banca milanese il first mover ideale nello scacchiere del risiko bancario europeo.

Perché Commerz

 Se il rastrellamento del 9% ha spiazzato mercati e istituzioni, l’obiettivo scelto da Unicredit non ha sorpreso chi conosce la storia del gruppo. Anzi, un banchiere di lungo corso ha parlato di un uovo di Colombo.

Commerz ha radici ben piantate nella storia della finanza italiana. Nel 1894 i capitali dell’istituto di Francoforte contribuirono alla fondazione della Comit che, sotto la guida dell'ebreo italo-polacco Giuseppe Toeplitz, sarebbe diventata in pochi anni la perla del sistema creditizio nazionale. Esattamente un secolo dopo, grazie ai buoni rapporti tra Enrico Cuccia e il country manager Axel Von Ruedorffer, Commerz sarebbe ritornata nel capitale dell'istituto di piazza della Scala per puntellare il nocciolo fedele a Mediobanca durante la privatizzazione della ex bin. E proprio in quel periodo Commerz si posizionò anche nelle Generali (che ricambiarono la cortesia acquistando il 10% di Francoforte) e in Banca Intesa di cui diventò pattista.

I precedenti tentativi di m&a

I rapporti di buon vicinato hanno suggerito a diversi banchieri italiani di giocare la carta del merger, a conferma del fatto che il dossier Commerz è tra i più longevi nelle merchant europee. Il primo a pensarci fu l’ad di Unicredito Alessandro Profumo che tentò il blitz nell'estate del 2001, ma fallì. Se il numero uno di Unicredit trovò una consolazione più che onorevole nelle nozze con Hvb, al ceo di Intesa Sanpaolo Enrico Cucchiani il dossier Commerz sarebbe costato più caro. Si mormora infatti che proprio il progetto di un merger con il gruppo tedesco sia stato tra le cause del suo allontanamento dalla Ca' de Sass nel settembre del 2013. Nemmeno il nuovo ceo di Unicredit Jean Pierre Mustier ebbe successo, mentre il primo tentativo fatto a inizio 2022 da Orcel è servito come prova generale per l’operazione lanciata nei giorni scorsi.

Le finalità industriali

Ossessione Commerz? No. Più semplicemente il gruppo tedesco è da sempre il partner ideale per Unicredit, almeno sulla carta. Piazza Gae Aulenti è presente in Germania da quasi 20 anni con Hvb e nel 2023 il Paese ha rappresentato oltre il 20% dell’utile operativo di gruppo e il 19% dell’utile netto. L’acquisto di Commerz costituirebbe insomma la naturale prosecuzione di questo percorso e consentirebbe di estrarre sinergie operative e di migliorare il posizionamento del gruppo nel corporate banking nord-europeo.

A vantaggio del deal giocherebbero poi le poche sovrapposizioni delle rispettive reti commerciali in Germania: se il network di filiali di Commerz è posizionato soprattutto nell’area renana, tra Francoforte e la Ruhr, le due roccaforti principali di Hvb sono la Baviera e la regione di Amburgo nel nord del Paese.

Il forte radicamento garantito proprio da Hvb consentirebbe inoltre ad Unicredit di aggirare le problematiche legate alle fusioni transfrontaliere e al mancato completamento dell'Unione Bancaria. Da ultimo Commerz è ancora una preda relativamente a buon mercato: la banca quota a 0,62 volte il patrimonio contro le 1,04 volte di Unicredit.

Il nuovo gruppo avrebbe dimensioni molto consistenti, con un forte presidio sull’Europa Centrale, Orientale e Balcanica. Agli attuali prezzi di borsa la capitalizzazione dell’entità combinata si attesterebbe in cima alla classifica delle banche europee a 74 miliardi di euro. Il totale attivo raggiungerebbe invece 1.360 miliardi con quasi quattro mila sportelli e oltre 100 mila dipendenti in tutto il mondo.

Secondo analisti e consulenti insomma l’operazione può essere un affare, soprattutto per i soci. La riprova? Dopo il rally degli ultimi tre anni e mezzo, Bloomberg assegna ancora a Unicredit un potenziale upside del 23%. 

Certo, se Orcel lanciasse un’opa per conquistare Commerzbank, i benefici sui conti di Unicredit cambierebbero in base alle caratteristiche tecniche dell’operazione: in contanti, in contanti e azioni, carta contro carta. Immaginando ad esempio un deal con un premio del 20% per gli azionisti della banca tedesca, sinergie intorno al 20% dei costi e pagato per il 20% in cash e per l’80% in carta, Citi stima un aumento dell’utile per azione (eps) di circa il 4% entro il 2027 con un Cet 1 ratio post-fusione comunque sopra il 13%.

I riflessi sul m&a

Il blitz di Unicredit è stato salutato positivamente dalla presidente della Bce Christine Lagarde che nella mossa di Orcel legge finalmente l’avvio di un consolidamento transfrontaliero. La scommessa di regolatori e analisti è che gli emulatori non mancheranno. I principali indiziati sono la francese Société Générale, l’olandese Abn Amro e la spagnola Santander. Anche Intesa Sanpaolo potrebbe agire per rispondere alla mossa del suo principale competitor domestico. Il target? Qualcuno specula sulla svizzera Julius Baer, ma non si esclude una preda nel mondo assicurativo a cui Ca’ de Sass aveva giò guardato nel 2017 con il blitz nelle Generali. (riproduzione riservata)