Credit Suisse e Deutsche Bank, ecco che ruolo hanno avuto i credit default swap nelle crisi bancarie
Credit Suisse e Deutsche Bank, ecco che ruolo hanno avuto i credit default swap nelle crisi bancarie
I derivati sul credito sono i principali indiziati per la volatilità che ha investito il settore bancario. Dopo Lehman Brothers il mercato si era sgonfiato, ma è tornato a crescere da qualche anno. Bce in allerta  

di di Luca Gualtieri 31/03/2023 21:30

Ftse Mib
39.921,61 7.15.12

+1,40%

Dax 30
23.566,54 23.30.16

+0,29%

Dow Jones
42.410,10 7.33.29

+2,81%

Nasdaq
18.708,34 7.25.15

+4,35%

Euro/Dollaro
1,1114 7.40.50

+0,08%

Spread
102,50 17.30.06

-2,82

Non c’è nulla di strano nell’assicurarsi contro un rischio di credito. I derivati sono nati proprio per questo. Il problema si pone quando un derivato con volumi molto bassi innesca un vero e proprio panic selling sul mercato. Secondo l’ipotesi al vaglio di diversi regolatori europei (Bce, Esma e la tedesca Bafin) è quanto sarebbe accaduto nei giorni scorsi a diverse banche. Non solo Credit Suisse, salvata dal governo svizzero dopo una clamorosa crisi di fiducia da parte di depositanti, azionisti e obbligazionisti, ma anche anche Deutsche Bank, crollata in borsa venerdì 24 marzo senza una ragione concreta.

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Il ruolo dei cds

Il principale indiziato per queste fibrillazioni è uno strumento di uso comune sui mercati, il credit default swap. Si tratta di una asset class nota anche ai non addetti ai lavori dopo che nel 2008 George Soros la prese di mira definendola senza mezzi termini «arma di distruzione di massa». Di per sé comunque è un normale derivato sul credito negoziato over the counter: il venditore si impegna ad assicurare il compratore contro un rischio di credito (solitamente un default o il mancato pagamento di una rata di interessi su un bond) in cambio di un premio. La quotazione misura in punti base il costo della protezione: maggiore è il rischio percepito, più ampio diventa lo spread.

Il problema della liquidità

Il principale problema dei cds è la scarsa liquidità. Dopo la crisi del 2008 la stretta dei regolatori ha limitato le dimensioni del mercato. Tradotto: rispetto ad azioni e bond, la negoziazione di questi titoli è relativamente scarsa. Secondo l'International Swaps and Derivatives Association (Isda), oggi il mercato dei cds vale circa 3.800 miliardi di dollari, poco più di un decimo dei 33.000 miliardi del 2008. La cifra può comunque sembrare alta, ma va raffrontata con le altre asset class. Il volume medio giornaliero delle transazioni in valuta estera è vicino agli 8.000 miliardi di dollari, mentre per le obbligazioni il numero balza a 120.000 miliardi di dollari sulla base dei dati della Banca dei regolamenti internazionali.

Il mercato è talmente sottile che gli swap sul debito di alcune grandi aziende a volte registrano un solo scambio al giorno. Basti pensare che nell’ultimo trimestre del 2022 al giorno sono stati scambiati in media solo nove cds sul debito di Deutsche Bank, che sono comunque tra cds i più scambiati sul mercato. Un effetto di questa situazione è la volatilità degli spread che può conoscere forte oscillazioni anche nell’ambito di una sola seduta borsistica: un piccolo scambio può avere un impatto sui prezzi fuori misura.

La trasparenza che non c’è

Un secondo aspetto su cui in questi giorni è concentrata l’attenzione dei regolatori è la scarsa trasparenza del mercato: sebbene siano spesso soggetti a norme di segnalazione regolamentare, i cds vengono negoziati over the counter e quindi non passano attraverso una stanza di compensazione centrale e sfuggono ai radar del Financial Stability Board, l’organizzazione internazionale che monitora il sistema finanziario.

Il caso Deutsche Bank

Queste problematiche sono emerse con forza nel caso Deutsche Bank. In base alla ricostruzione fatta sinora, l’attacco sarebbe partito da un’operazione in cds sul debito subordinato della banca tedesca. Il valore sarebbe stato di circa 5 milioni di euro, anche se le parti coinvolte non sono note e nemmeno è chiaro se lo scopo fosse l’hedging o la speculazione. Una seconda transazione, datata giovedì 23, avrebbe invece riguardato gli swap quinquennali sul debito senior. Considerevole l’effetto leva complessivo: operazioni di controvalore di poche decine di milioni hanno innescato una spirale ribassista che, nel corso di una seduta, ha bruciato 1,7 miliardi di capitalizzazione per Deutsche Bank.

Il ruolo della Bce

Non si può escludere che qualcosa di simile sia accaduto anche per Credit Suisse. Prima del salvataggio orchestrato dal governo svizzero attraverso l’intervento di Ubs, i cds della banca di Zurigo erano balzati in pochi giorni da meno di 400 a più di 1.000 punti base riflettendo una probabilità di default percepita di molto superiore al 50%. «Nonostante tutti gli sforzi che abbiamo fatto e le riforme, vediamo che i cds sono molto opachi e poco liquidi», ha spiegato la scorsa settimana il numero uno della Vigilanza bancaria Bce Andrea Enria. «E dove con pochi milioni puoi spostare gli spread su asset per migliaia di miliardi e contaminare prezzi e, forse, anche i deflussi di depositi».

Il dibattito in corso

Una posizione in linea a quella dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Esma): l’authority «insieme alle autorità di regolamentazione nazionali, ha esaminato i recenti movimenti del mercato, anche nel segmento dei cds». Mentre la Bafin, la Consob tedesca, ha ribadito di aver «monitorato gli attuali sviluppi del mercato». Il dibattito sul ruolo degli swap è intenso anche nel mondo accademico. Per Andrea Resti, professore associato del dipartimento di finanza dell'Università Bocconi, «i cds sono un termometro del rischio di default che, diversamente dai rating, è molto reattivo ma anche molto volatile. Dunque forniscono un'informazione utile, ma non sostituiscono l'analisi fondamentale, specie quando il loro mercato è sottile e può prestarsi a manovre speculative».

Serve più regolamentazione? «Dopo la crisi del 2007-2009 il mercato è migliorato, con una maggiore standardizzazione dei contratti e un miglior presidio del rischio di controparte», spiega Resti. «Il proliferare di strumenti di debito ibridi (talvolta assai peculiari, come insegna il caso svizzero) pone un problema di efficacia delle coperture in presenza di obbligazioni non standard».

Occorre peraltro ricordare che, nei recenti casi bancari, i movimenti dei cds sono stati amplificati dalle posizioni corte. Secondo la banca dati Ortex per esempio Deutsche Bank ha ancora oggi il 3,28% del flottante in prestito, mentre per Credit Suisse si arriva oltre il 10%. Qualcuno teme che sarà il propellente per innescare i prossimi terremoti. (riproduzione riservata)