Antitrust: il dumping fiscale costa all'Italia 8 miliardi di dollari
Antitrust: il dumping fiscale costa all'Italia 8 miliardi di dollari
Il fisco italiano perde la possibilità di tassare oltre 23 miliardi di dollari di profitti. Del totale 11 miliardi di utili vengono spostati in Lussemburgo, oltre 6 miliardi in Irlanda, 3,5 miliardi in Olanda e più di 2 miliardi in Belgio

di Mauro Romano 02/07/2020 14:24

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I paradisi fiscali sono già dentro l’Unione europea. In audizione alla Camera il presidente dell’Antitrust, Roberto Rustichelli, ha messo nuovamente l’accento sull’assenza di stringenti regole  fiscali e contributive a livello comunitario. Pratiche di dumping “che possono minare le fondamenta della stessa costruzione europea”.

Per l’Italia il danno può essere stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l’anno. "Alcune ricerche stimano che, a causa della concorrenza fiscale sleale a livello europeo, il fisco italiano perde la possibilità di tassare oltre 23 miliardi di dollari di profitti: 11 miliardi di profitti vengono spostati in Lussemburgo, oltre 6 miliardi in Irlanda, 3,5 miliardi in Olanda e più di 2 miliardi in Belgio”, ha spiegato Rustichelli.

Il presidente dell’Autorità garante della concorrenza nota anche che alcuni dei Paesi che applicano il dumping fiscale sono anche quelli che pretendono il rigore sui conti da parte di altri Stati della Ue.

“Irlanda, Olanda e Lussemburgo raccolgono circa 270 miliardi di dollari di profitti e tali paradisi fiscali non si fanno neppure carico, non avendo sul proprio territorio gli opifici industriali delle società che hanno ivi spostato la propria sede fiscale, dei costi degli ammortizzatori sociali" dice infatti Rustichelli, che continua:"si tratta di un fenomeno che assume un ulteriore risvolto problematico nel caso dei Paesi che affiancano a tali pratiche fiscali sleali la pretesa di uno stretto rigore di bilancio dai Paesi dai quali drenano risorse".

Sul piano pratico, aggiunge l’Antitrust, questo ha effetti negativi sulle economie dei diversi Paesi. Il confronto è sul pil. Nell’ultimo quinquennio quello italiano è cresciuto di appena il 5%, contro il 60% dell’Irlanda, il 17% del Lussemburgo e il 12% dei Paesi Bassi. Sul piano della geografia degli investimenti diretti esteri, la penisola riesce ad attrarre una cifra pari al 19% del pil contro il 535% olandese e il 311% irlandese.

“Il fenomeno della concorrenza fiscale sleale interessa in larga misura anche i grandi operatori digitali: Google, Apple, Facebook, Amazon e Microsoft che oggi capitalizzano oltre 6mila miliardi di dollari”, aggiunge ancora. “Un valore che corrisponde al prodotto interno lordo generato dall'Italia in oltre tre anni" e la tassazione deve certamente essere affrontata dall'Europa. Per  l’Antitrust "non stupisce, dunque, che tali soggetti abbiano oggi ulteriormente rafforzato il già  amplissimo potere di mercato detenuto, rendendolo, se possibile, ancora meno contendibile, con impatti diretti e indiretti sull'organizzazione di intere filiere produttive”. (riproduzione riservata)