L’offensiva del Toro
L’offensiva del Toro
Il Ftse Mib ha guadagnato il 20,9% in 20 giorni, mentre lo Star è sopra i livelli di gennaio. Le quotate italiane possono continuare la corsa nel 2021, più di quelle europee, grazie anche al fattore risiko bancario. Guida alle azioni promettenti

di di Elena Dal Maso 21/11/2020 02:00

Ftse Mib
40.821,31 23.50.22

+1,59%

Dax 30
24.549,56 23.50.22

+1,42%

Dow Jones
44.458,30 4.15.33

+0,49%

Nasdaq
20.611,34 23.50.22

+0,94%

Euro/Dollaro
1,1738 5.14.51

+0,27%

Spread
91,61 17.30.12

+0,36

Un blitz giunto inatteso e di intensità sorprendente. L’indice Ftse Mib è balzato del 20,9% nei primi 20 giorni di novembre, una corsa che gli esperti non ricordano di aver visto frequentemente. In nove sedute le borse mondiali hanno guadagnato 3 mila miliardi di dollari grazie alle attese sui vaccini. E anche Milano ha fatto la sua parte. Certo, l’indice delle blue chip italiane, le società a maggiore capitalizzazione, è ancora al di sotto del valore raggiunto a gennaio, prima della pandemia. Deve recuperare ancora l’8,4% per tornare a quei livelli, ma se si va a guadare il segmento Star, dove si trovano le società ad alti requisiti, si scopre che il settore industriale italiano è ancora un’eccellenza mondiale. Infatti l’indice, in questo caso, è sopra i massimi di gennaio del 6,5% circa. Ma adesso Piazza Affari nel suo insieme può correre ancora? Gli esperti ritengono di sì.

Prima di tutto bisogna tener conto che il premio per il rischio sull’Italia si è quasi dimezzato da marzo ad oggi, passando dal 10 al 6%, contro il 4% dell’indice americano S&P 500. Questo indica più stabilità e prospettiva per chi investe nelle azioni. Secondo Luigi De Bellis, co-responsabile Research team di Equita sim, «i mercati azionari si trovano di fronte a uno degli scenari migliori degli ultimi anni legato al venir meno dell’incertezza sulle elezioni americane, alle notizie sui risultati confortanti dai vaccini anti-Covid e alle politiche delle banche centrali che resteranno accomodanti». Per l’esperto il mercato italiano rimane tra i più interessanti in termini di rapporto prezzo/utili, con una crescita attesa dei profitti di oltre il 55% anno su anno nel 2021 rispetto al 2020 (dove la sim si attende un calo del 49%). Piazza Affari scambia in media a un rapporto prezzo/utili (p/e) atteso al 2021 di 14,9 volte, con una crescita dell’utile per azione (eps) atteso, sempre per il 2021, del 60,1%. I due dati si confrontano con il p/e del Dax tedesco che è 17,3 e il 34,2% di crescita dell’eps, che per l’indice Eurostoxx 600 è, rispettivamente, di 16,8 volte e del 22,2%. Questo significa, in sintesi, che i multipli delle società di Piazza Affari sono più bassi della media europea con un tasso di crescita atteso fino a tre volte superiore nel corso del prossimo anno. E ora si apre la prospettiva di avere anche più liquidità legata a un nuovo ciclo di stimoli fiscali, con il Recovery Fund. Secondo De Bellis, la Germania e l’Unione Europea hanno sposato l’idea che «una vigorosa espansione fiscale sia l’unica via per impedire che la pandemia sfoci in depressione». Si tratta, sottolinea l’analista, di un «cambiamento di rotta epocale rispetto all’esperienza post 2008, quando la Germania ha più volte bloccato la ripresa sul nascere imponendo troppo presto politiche di bilancio restrittive». E che i tempi siano diversi lo dimostra, ricorda De Bellis, «l’incredibile domanda registrata nella prima emissione di debito da parte dell’Ue, i bond Sure a sostegno del mercato del lavoro, che hanno ricevuto 13 volte la richiesta da parte del mercato rispetto all’emissione. Questo indica che c’è ampio spazio per finanziare a costi minimi la ripresa».

L’Italia è tra i principali beneficiari delle azioni messe in campo dalla Bce, attraverso il programma di acquisto pandemico, Pepp, che vale 1.350 miliardi di euro, pari all’11,3% del pil della Ue. Il solo Recovery Fund, prosegue De Bellis, è destinato a erogare fino al 12,7% del pil nazionale in prestiti e contribuiti all’Italia nei prossimi quattro anni. Equita quindi consiglia di diventare «gradualmente più costruttivi sul mercato in vista di un 2021 che ci aspettiamo più positivo». Nel portafoglio principale della sim milanese, i cinque titoli più sovrappesati, che coincidono con la selezione Best picks 2020, sono Fca, Buzzi, Poste, Terna e Unipol. Tra le mid-cap, invece, le tre società che fanno parte della migliore selezione, con peso doppio rispetto alle altre, ora sono Cir, Newlat e Falck Renewables.
«Un appuntamento importante per i mercati sarà il 10 dicembre, quando interverrà la Bce con le nuove previsioni macro e il 16 sarà la volta della Fed. In attesa di queste due date, le azioni hanno spazio per crescere», interviene Lorenzo Batacchi, portfolio manager di Bper e membro Assiom Forex, «sostenute da un lato dalle notizie positive sul fronte dei vaccini e dall’altro dall’arrivo del Recovery Fund. Titoli che abbiamo già visto scattare negli ultimi giorni e che possono recuperare bene sono Autogrill, Marr, Aeroporti di Bologna, Fiera Milano. In ottica di dividendo paiono interessanti Ascopiave e Banca Farmafactoring, Falck invece per gli investimenti green. Ritengo che sia importante sovrappesare i titoli che sono rimasti indietro in forma tattica», prosegue Batacchi. Ricordando però che la pandemia ha cambiato strutturalmente il mondo e che quindi «il settore tech e le azioni dello stay home, legate al lavoro da remoto, devono essere sempre tenute in considerazione». È il caso per esempio di Tinexta, specializzata nei servizi di digitalizzazione alle imprese, su cui Quaestio sgr ha guadagnato il 400% dal 2016 (ha appena proceduto a una vendita accelerata del suo pacchetto) e che Mediobanca consiglia di tenere in portafoglio. Il titolo scambia a 19 euro contro un prezzo obiettivo di 24 da parte degli analisti.

Se il Ftse Mib è salito tanto lo si deve al settore finanziario, grazie al fatto che i tempi sono maturi per un consolidamento in Italia. E non a caso venerdì 20 Anima ha chiuso con un rialzo del 6%. Bper del 4,1%, Unipol del 3,8%, Banco Bpm del 3,7%. Secondo Christian Carrese, analista di Intermonte sim, siamo in piena corsa dei titoli bancari per diverse ragioni, non ultima il fatto che la Bce potrebbe scongelare almeno 25 miliardi di euro di dividendi presenti nelle casse delle banche italiane. «A inizio dicembre la Bce aggiornerà le proiezioni macro sull’area Euro e potrebbe aprire all’ipotesi di un ritorno allo stacco del dividendo nel 2021 sugli utili accantonati quest’anno, mentre i profitti del 2019 secondo noi dovrebbero restare a rafforzare il capitale». Una parte della cedola potrebbe essere staccata nel primo semestre, «mentre l’Eba starà facendo lo stress test agli istituti di credito», prosegue Carrese, «mentre una seconda tranche del dividendo potrebbe arrivare dopo luglio, al termine dei test, tenuto conto di come sono andati. Dobbiamo poi considerare che anche la vigilanza europea sta favorendo il consolidamento bancario, chiedendo apparentemente meno capitale del passato», ricorda l’analista.
Il tema del m&a può avvenire su due fronti, quello italiano e quello estero. In mancanza di un’unione bancaria europea che faciliti le operazioni internazionali e dopo l’intervento del Copasir, il Comitato sulla sicurezza nazionale, a tutela dei risparmi italiani e dei Btp in pancia agli istituti di credito, pare meno probabile un’ipotesi di fusione tra banche italiane ed estere. «Le sinergie che si riescono a realizzare a livello nazionale sono maggiori, le stimiamo attorno al 6-7% dei costi operativi dell’entità combinata e rispetto alle attuali capitalizzazioni di borsa possono rappresentare un incremento di valore interessante», dice ancora Carrese. Sulla possibilità, espressa chiaramente dall’amministratore delegato di Unipol, Carlo Cimbri, che Bper e Banco Bpm si possano unire in una fusione paritetica, l’analista ritiene che «dal punto di vista industriale ci potrebbero essere sinergie importanti grazie alla riduzioni dei costi. Si creerebbe un campione nazionale, secondo per sportelli e per impieghi».
Secondo Giovanni Razzoli, analista bancario di Equita sim, il nuovo gruppo che si verrebbe a creare, Banco Bpm-Bper, potrebbe dar vita a sinergie per 297 milioni a regime e mantenere una solidità di capitale (Cet 1) sopra l’11,7%, «ovvero al di sopra di quello che sembra essere diventato il nuovo standard della Bce nelle operazioni di m&a». Inoltre l’ingresso in atto delle filiali Ubi in Bper non dovrebbe sovrapporsi in maniera significativa con gli sportelli di Banco Bpm. Mediobanca ritiene poi che se l’operazione Banco Bpm-Bper si concretizzasse, allora scatterebbe anche il consolidamento nel settore del risparmio gestito a cominciare da Anima holding, partecipata al 19,4% da Banco Bpm. Quest’ultima potrebbe utilizzare 350-400 milioni di cassa a disposizione per rilevare Arca sgr, laddove il 57% del capitale è in mano a Bper. E se il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri riuscirà a far cambiare idea all’ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, sull’opportunità di rilevare Mps, nascerà il secondo gruppo bancario italiano dopo Intesa Sanpaolo. Prima bisogna superare però il veto del M5s davanti a un’operazione di pulizia che potrebbe arrivare a valere 10 miliardi fra aumento di capitale, crediti fiscali e sterilizzazione delle cause. Sullo sfondo anche il fatto che in primavera sarà rinnovato il board di Unicredit. (riproduzione riservata)