Da quando l'emergenza coronavirus ha assunto una dimensione globale, il prezzo del Wti è crollato dai 65 dollari al barile, toccati a inizio gennaio sulla scorta delle tensioni in Iran, ai 49 di settimana scorsa, lasciando quindi sul terreno un quarto del suo valore in meno di un mese. Oggi scambia a 51,45 dollari al barile, in rialzo dello 0,06%, mentre il Brent sale dello 0,05% a 56,37 dollari al barile.
"La Cina è il secondo consumatore di petrolio a livello globale e il blocco delle attività produttive ha provocato una contrazione della domanda di circa 3 milioni di barili al giorno, pari al 20% del totale, quindi la discesa dei prezzi in realtà non deve sorprendere", ha sottolineato Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) Sgr.
Guidata dall'Arabia Saudita, l'Opec aveva spinto nelle scorse settimane per una riunione d'emergenza allargata ai partner non Opec. Sul tavolo la possibilità di deliberare un taglio della produzione di 600 mila barili al giorno proprio per contrastare la contrazione della domanda e sostenere i prezzi di mercato, ma la Russia si è subito mostrata titubante.
"La prossima riunione è programmata per il 5 marzo, ma non è ancora del tutto esclusa la possibilità di un anticipo, anche se al momento nessun annuncio ufficiale è stato fatto", ha osservato Brusa. "Negli ultimi giorni abbiamo assistito, però, a una stabilizzazione dei prezzi pur in presenza di un aumento delle scorte che ha superato le previsioni degli analisti".
E' sicuramente presto per archiviare l'emergenza coronavirus e le stime sull'impatto che il rallentamento dell'economia cinese avrà sul pil globale cambiano di giorno in giorno, ma non sarà certamente trascurabile. "Prevedere, quindi, un recupero degli ordinativi di petrolio nel breve rappresenterebbe un grosso azzardo", ha continuato il gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) Sgr.
Il mercato però si muove sulle aspettative e ai livelli di prezzo attuali, basta un miglioramento anche marginale per avere forti impatti sul mercato. Nell'ultima settimana il numero di nuovi contagi su base giornaliera si è stabilizzato e non sono stati riportati casi in nuovi paesi (al momento sono 24 quelli che hanno almeno un malato conclamato), segno che il cordone sanitario internazionale sta funzionando.
L'attività produttiva in Cina, al di fuori dell'area di Hubei, sta lentamente riprendendo e molti esperti ritengono che, con l'arrivo della stagione primaverile e l'aumento delle temperature, l'epidemia possa arrestarsi naturalmente. Infine, "anche dal punto di vista tecnico, l'area 50 dollari rappresenta un supporto importante che negli ultimi due anni è stato violato solo a dicembre 2018, quando il mercato scontava una recessione a livello globale, ipotesi che al momento anche i più prudenti tendono a escludere", ha concluso Brusa.
E' di ieri il monito dell'Agenzia internazionale dell'energia (Aie): il nuovo coronavirus avrà conseguenze "significative" sulla domanda di petrolio, la cui previsione di crescita quest'anno è stata drasticamente rivista e il primo trimestre registrerà la prima contrazione in un decennio. L'Aie ha quindi rivisto al ribasso di 365.000 barili al giorno le sue stime sulla crescita della domanda di greggio per il 2020, un taglio del 30% rispetto alle previsioni precedenti fatte a gennaio, ora prevista a 825.000 barili al giorno, il più basso dal 2011.
L'Aie ha anche avvertito di un calo complessivo della domanda complessiva di petrolio in questo trimestre di 435.000 barili al giorno, che l'agenzia ha dichiarato essere il primo calo trimestrale in oltre 10 anni. Il taglio dell'Aie alla crescita della domanda prevista è significativamente maggiore di quello annunciato dall'Opec che ha ridotto la sua stima di 230.000 barili al giorno. (riproduzione riservata)