I sacerdoti della cedola
I sacerdoti della cedola
I titoli azionari che da anni garantiscono dividendi in crescita spesso riescono a battere gli indici anche sul fronte della performance. Come dimostra questo paniere

di Ester Corvi 22/09/2018 02:00

Ftse Mib
34.363,75 23.51.00

+1,89%

Dax 30
18.143,68 23.51.00

+1,58%

Dow Jones
38.503,69 1.41.46

+0,69%

Nasdaq
15.696,64 23.51.00

+1,59%

Euro/Dollaro
1,0702 1.52.43

+0,07%

Spread
134,56 17.30.12

-2,43

Sui mercati europei soffia un vento di maggiore fiducia, grazie alla riduzione dello spread Btp/Bund e ai nuovi record toccati da Wall Street, che hanno fatto passare in secondo piano i rischi legati alla guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina. In uno scenario che resta incerto, in attesa dell’approvazione della Legge di Bilancio, alle incognite sulla Brexit e alle elezioni mid term di inizio di novembre negli Stati Uniti, una delle strategie più seguite dagli investitori è quella di puntare sui titoli con rendimenti non solo alti, ma soprattutto sostenibili nel tempo. A questo proposito l’agenzia americana Standard & Poor’s dedica alle azioni che garantiscono cedole costanti o in crescita un indice ad hoc, quello dei Dividend Aristocrats, declinato per varie categorie e aree di mercato.

Ma quali società quotate a piazza Affari hanno caratteristiche simili? A questo proposito gli analisti di Cellino & Associati sim hanno individuato sul listino milanese i titoli i cui dividendi sono stati costanti o in aumento in un arco temporale che va da cinque a 20 anni. «Rispetto allo scorso anno, nel 2018 il miglioramento delle condizioni economiche ha determinato anche un progresso dei fondamentali delle aziende, con un conseguente incremento delle cedole», dice Silvio Olivero, responsabile ufficio studi di Cellino sim.

La selezione comprende un totale di 26 azioni, che hanno offerto dal 27 marzo 2017 (un anno dopo la creazione del portafoglio) al 20 settembre 2018, un total return (dato dalla somma di performance e rendimento della cedola) del 16,8%, di sei punti superiore a quello del mercato (10,8%) misurato dall’indice Msci Italia Total return.

La validità del metodo dei Dividend Aristocrats applicata a piazza Affari è avvalorata anche se si prende in esame un orizzonte più lungo. Dal 29 marzo 2016 (prima data utile per acquistare i titoli suggeriti il 25 marzo 2016) al 20 settembre 2018 i fedelissimi del dividendo hanno infatti reso il 46,9%, oltre 20 punti di più dell’indice (25,5%).

Se si vuole poi scendere al dettaglio dei singoli titoli, dalla classifica si rileva che il migliore ritorno totale da inizio anno è stato garantito da Amplifon (52,3%), seguito a distanza da Erg (+20,6 %), Diasorin (32,7%), Reply (+24,5%), Campari (13,5%) e Marr (+25,2%). Hanno invece deluso Atlantia (-28%), Banca Ifis (-41%), Astm (-19%), Banca Mediolanum (-11,3%), Cementir (-16,5%), Credem (-15,6%) e Prysmian (-15,8%).

Il metodo. Il campione di partenza utilizzato dagli analisti di Cellino sim è costituito da tutti i titoli appartenenti agli indici Ftse-Mib e Ftse Italia Mid Cap, per un totale di cento titoli. Da questo aggregato sono stati poi estratti tre gruppi. Il primo è rappresentato dalle società con più di cinque anni consecutivi di dividendi in aumento o stabili, il secondo con oltre 10 anni consecutivi di dividendi in aumento o stabili e il terzo con più di 15 anni consecutivi di dividendi in progresso o stabili.

Da un’occhiata alle azioni che compongono la tabella, si rileva facilmente che questo criterio fornisce una buona diversificazione, sia dal punto di vista settoriale sia in base alla capitalizzazione delle società, rendendo il metodo adatto anche agli investitori retail. Accanto alle blue chip, come Generali, ci sono infatti mid cap (Diasorin) e fra i comparti sono rappresentati sia il finanziario che l’industriale. Infine il dividend yield medio offerto dai titoli è del 3%, non lontano dal livello medio del mercato italiano. La cosa non deve stupire: il criterio di selezione, come già messo in evidenza, al contrario di altre strategie, privilegia infatti la sostenibilità del dividendo e non la sua dimensione. (riproduzione riservata)