Dopo il ritiro dell’ops su Banco Bpm a metà luglio, Andrea Orcel non è rimasto con le mani in mano. Il ceo di Unicredit ha inanellato una serie di mosse per reimpostare la rotta e aprire nuove opzioni strategiche. Dalla Germania alla Grecia fino all’Europa centro-orientale, il banchiere sembra determinato a proseguire sulla via della crescita senza tuttavia escludere acquisizioni in ambito europeo. E senza perdere di vista l’Italia.
Il fronte tedesco lo vede impegnato da settembre 2024 su Commerzbank e per ora Orcel si ritiene vittorioso, pur non avendo ottenuto il successo pieno. Alla fine dell’estate Piazza Gae Aulenti ha stretto la presa salendo al 29% anche attraverso derivati, incrementando così anche i guadagni potenziali già assicurati.
L’istituto di Francoforte non è però una preda facile. La ceo Bettina Orlopp e il governo tedesco hanno fin da subito alzato le barricate. Il cancelliere Friedrich Merz e il ministro delle Finanze Lars Klingbe hanno ribadito di voler mantenere indipendente Commerz, bollando come «ostili» gli approcci italiani. Ma Orcel non arretra. «Rispettiamo il governo di Berlino, che è uno stakeholder cruciale. Speriamo però che nel tempo vedano la luce e che la veda anche Commerzbank», ha dichiarato di recente, lasciando intendere che la partita è tutt’altro che chiusa.
Il banchiere non ha fretta e si muove sui tempi lunghi. Le opzioni put costruite sul titolo Commerz gli offrono una copertura efficace da eventuali ribassi del titolo che peraltro potrebbero anche agevolare una maggiore disponibilità degli attuali azionisti ad aprire a una crescita di Unicredit nel capitale per puntellare l’istituto stesso.
Non è detto infatti che gli interessi dei soci tedeschi, governo compreso, restino allineati nei prossimi mesi, specialmente se i numeri del business non saranno dalla parte della ceo Orlopp. La terza trimestrale di Commerzbank uscita giovedì 6 non ha centrato le attese ed è stata accolta da un netto calo in borsa, attenuato parzialmente dal nuovo piano di buyback da 600 milioni annunciato lo stesso giorno e – si mormora – sostenuto anche dagli acquisti dell’advisor Ubs.
Il banchiere romano può insomma permettersi di restare alla finestra, pronto a cogliere il momento più opportuno per rilanciare l’iniziativa in Germania, che già ora comunque gli garantisce una plusvalenza potenziale di almeno il 20%. C’è anche un’altra ipotesi: lasciare Commerz ai tedeschi in cambio della sua controllata in Polonia, mBank, che consentirebbe a Unicredit di rientrare nel ricco mercato di Varsavia abbandonato nel 2017 con la vendita di Bank Pekao.
Meno conflittuale è il fronte greco. Nei giorni scorsi Unicredit ha ottenuto il via libera della Bce per salire al 29,9% di Alpha Bank, fra i primi quattro istituti di Atene, e ha raggiunto già una partecipazione complessiva del 29,5%. La collaborazione con il gruppo ellenico è iniziata nel 2023 con la fusione delle controllate in Romania e la creazione di AlphaLife. Secondo diversi analisti, la scalata potrebbe preludere a un’opa totalitaria, anche se il titolo è salito molto negli ultimi mesi rendendo il takeover troppo caro agli occhi di Orcel, oltretutto in presenza di poche sinergie. Per ora l’obiettivo è consolidare la presenza in un mercato in forte ripresa e con prospettive di redditività superiori alla media europea.
??????Discorso a parte per la Russia. Orcel ha assicurato che la controllata di Mosca sarà «praticamente eliminata» entro il 2026. Dall'invasione dell'Ucraina il gruppo ha azzerato l’esposizione crossborder verso Mosca (-94%), chiusa l’erogazione dei prestiti e ridotto di oltre la metà di dipendenti. L’uscita definitiva è comunque resa difficile dal rischio che la Banca centrale russa possa commissariare l’istituto per evitare rischi sistemici interni in caso di liquidazione accelerata.
La scommessa sull’estero trova il sostegno degli analisti. Mediobanca, che assegna un rating Outperform con target price 80 euro dagli attuali 63 euro, evidenzia che i risultati migliori sono arrivati proprio da Germania e Europa centro-orientale mentre Italia e Austria sono rimaste sotto il consenso. In particolare, il margine d’interesse è stato più debole nel nostro Paese, mentre a Berlino ha superato le previsioni del 7-8%. Tutti elementi che spingono a considerare la crescita estera come una leva naturale per i prossimi trimestri.
Anche Banca Akros (rating Neutral, target 65 euro) sottolinea che tra giugno e settembre i ricavi sono stati sostenuti da trading e dividendi, mentre margine d’interesse e commissioni hanno deluso marginalmente, sebbene non in tutti i mercati. Citi (rating Buy e target price 73 euro). Riconosce che nel terzo trimestre la banca ha battuto le stime sebbene la qualità dei risultati «non è così buona come sembra», perché la crescita è stata trainata dai proventi da partecipazioni e trading, mentre il margine d’interesse è rimasto leggermente sotto le attese.
Pur guardando fuori dai confini, Orcel non ha perso di vista l’Italia. Si specula per esempio su una grande operazione nel risparmio gestito per rimpiazzare i francesi di Amundi. Il vantaggio di ritrovarsi con le mani libere nella scelta dei fornitori di servizi di gestione del risparmio consisterebbe, per Orcel, nel poter negoziare condizioni e prezzi migliorativi rispetto a quelli imposti dai francesi al momento dell’acquisto di Pioneer nel 2017. Insomma, guarda al potenziamento dell’attuale modello OneMarkets, con più partner cui attingere, senza escludere la possibilità di boutique interne o in partnership. Un’ipotesi sul tavolo in questo senso potrebbe essere il rafforzamento dell’alleanza con Azimut, arrivando magari a un takeover della sgr milanese.
Sulla carta si potrebbe riaprire anche il tavolo Banco Bpm. A vantaggio di Orcel ci sarebbe la bocciatura della Commissione europea su come il governo italiano ha applicato il golden power sull’ops poi sfumata. Ma ci sono due ostacoli di mercato su un immediato ritorno di Orcel sul dossier: da un lato il titolo Banco Bpm si è ulteriormente incrementato e, dall’altro, Credit Agricole ha ipotecato il controllo di fatto della banca milanese salendo al 20% e prenotando un altro 9,9%. E i francesi storicamente hanno una visione di lungo termine sulle loro partecipazioni. Insomma la banque verte replicherebbe in Italia la posizione che Unicredit occupa in Commerzbank.
La conseguenza nel breve termine è che Orcel non dovrebbe riaprire il risiko in Italia a meno di sconvolgimenti nel panorama che per esempio potrebbero essere rappresentati da un’eventuale apertura di un dialogo – finora escluso dai diretti interessati – tra Intesa Sanpaolo e Generali sul polo del rispamio in alternativa a Natixis. Nel Leone Unicredit ha mantenuto una quota diretta del 2% e c’è chi specula su un possibile interesse per Banca Generali, che Trieste considera asset non strategico. In ogni caso la posizione dei grandi soci Francesco Gaetano Caltagirone e Francesco Milleri sarà decisiva per qualsiasi mossa che coinvolga il gruppo assicurativo.
Se insomma sono molte le opportunità sul tavolo, una costante rimane chiara: il titolo continua a piacere. Dopo un trionfale +653% dall’assemblea del 15 aprile 2021 che portò Orcel alla guida del gruppo e un +56,5% nell’ultimo anno, gli analisti stimano ancora un upside potenziale superiore al 12% a quota 71 euro, con una capitalizzazione destinata a superare i 110 miliardi, consolidandosi sul podio europeo dietro a Santander e Bbva. (riproduzione riservata)