Golden power, Unicredit pensa al Consiglio di Stato. L’Ue decide sulla procedura d’infrazione contro l’Italia
Golden power, Unicredit pensa al Consiglio di Stato. L’Ue decide sulla procedura d’infrazione contro l’Italia
La banca guidata da Andrea Orcel prepara l’appello contro la decisione del Tar del Lazio sul decreto. Il governo sta trattando con la Commissione per cambiare la legge e renderla compatibile con il diritto Ue

di Luca Carello e Luca Gualtieri 10/11/2025 11:31

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Unicredit è pronta a presentare ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Tar del Lazio sul decreto golden power che ha fermato la scalata a Banco Bpm. La questione è stata discussa ieri tra vertici, consiglieri e consulenti legali della banca. Alcune fonti riportate da Repubblica parlano di un vero e proprio cda, ma da Piazza Gae Aulenti non arrivano conferme. Il tempo per agire è limitato: i 60 giorni dalla notifica della sentenza scadono mercoledì 12 novembre.

Il verdetto del Tar

Il 12 luglio scorso il Tar aveva accolto solo in parte il ricorso di Unicredit contro le prescrizioni governative contenute nel decreto golden power. Su quattro punti contestati, due sono stati annullati.

Il primo riguardava il divieto quinquennale di ridurre il rapporto tra prestiti e depositi, ritenuto eccessivo dai giudici. Il secondo eliminava l’obbligo di mantenere costante il portafoglio di project finance, stabilendo che tali vincoli debbano avere durata limitata.

I punti critici

La banca non si è detta soddisfatta, soprattutto per la prescrizione che impone l’uscita dal mercato russo. Unicredit sostiene da mesi che solo Mosca può decidere tempi e modalità di disimpegno, e l’appello sarà centrato su questo vincolo, con osservazioni relative alla forma e alla logica della motivazione del Tar.

Inoltre, la banca contesta l’obbligo di mantenere investimenti nei fondi italiani gestiti da Anima Sgr, ritenuto incompatibile con la direttiva Mifid, l’autonomia dei gestori, la libera circolazione dei capitali e la normativa europea.

Oltre il caso Banco Bpm

L’appello non ha solo una valenza tecnica. Dopo la battuta d’arresto sulla scalata a Banco Bpm, Unicredit intende tutelarsi da quello che considera uno stigma politico, in grado di limitare future operazioni di crescita. Il caso italiano potrebbe infatti costituire un precedente anche per altri Paesi, come la Germania, dove la banca sta gestendo da mesi un avvicinamento graduale a Commerzbank.

Già nel cda del 22 ottobre scorso, convocato per esaminare i conti trimestrali, la strategia legale era stata discussa. Ora la decisione è vicina: la memoria difensiva è quasi pronta e il deposito del ricorso potrebbe avvenire a breve.

Reazioni a Palazzo Chigi e a Bruxelles

La decisione di ricorrere sarebbe stata comunicata informalmente a Palazzo Chigi, dove la reazione sarebbe stata definita «fastidio» dalle fonti di governo. La banca rischia di aprire un nuovo fronte di tensione con l’esecutivo, già alle prese con dossier complessi.

Sul piano europeo, giovedì 13 novembre la Commissione Europea dovrebbe decidere se avviare la procedura d’infrazione contro l’Italia e se annullare il decreto con le prescrizioni imposte dal governo italiano all’ops di Unicredit su Bpm. L’Ue contesta l’uso del golden power fatto dall’Italia, che si sarebbe sostituita ai poteri della Commissione e della Bce ostacolando la libera circolazione dei capitali e il consolidamento tra banche.

Il problema è che l’avvio della procedura d’infrazione, già atteso a ottobre, potrebbe slittare ancora. Il governo Meloni sta trattando con la Commissione per cambiare la legge sul golden power e renderla compatibile con il diritto Ue. E anche se ancora non sono arrivate proposte scritte da parte dell’Italia, sembra che la presidente Ursula von der Leyen potrebbe optare per un altro rinvio.

Maggiori certezze arriveranno il 12 novembre, ultimo giorno utile per inserire quella contro Roma nell’elenco delle procedure d’infrazione che il giorno dopo, giovedì 13, saranno approvate dal collegio dei commissari. Se la misura non comparirà nella lista, vorrà dire che il governo italiano ha ottenuto altro tempo per trovare un accordo con Bruxelles ed evitare la messa in mora, primo step della procedura.

Le prossime tappe

In attesa dell’appello, Unicredit prosegue nella difesa istituzionale, consapevole che l’esito del Consiglio di Stato determinerà la libertà strategica del gruppo nelle future operazioni di m&a.

Palazzo Spada rappresenta l’ultima istanza della giustizia amministrativa: una decisione favorevole eliminerebbe le restrizioni più controverse, garantendo chiarezza regolatoria in Italia ed Europa. In caso contrario, la banca dovrà procedere con cautela, ma il confronto con il governo è ormai riaperto. (riproduzione riservata)