Unicredit, Orcel difende l’italianità della banca: siamo il primo compratore del debito pubblico. L’istituto quasi fuori dalla Russia
Unicredit, Orcel difende l’italianità della banca: siamo il primo compratore del debito pubblico. L’istituto quasi fuori dalla Russia
L’ad di Unicredit in Commissione parlamentare di inchiesta sottolinea l’importanza dell’Italia nella strategia del gruppo, con 40 miliardi di euro in titoli di stato in portafoglio. Dopo una critica alle restrizioni del Golden Power su Bpm, Orcel ribadisce la volontà di esplorare opportunità di espansione in Europa, nonostante il focus sulla crescita organica. Su Generali? Investimento finanziario

di Anna Di Rocco e Luca Gualtieri    27/11/2025 12:17

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Andrea Orcel respinge in Parlamento i dubbi espressi dal governo sull’italianità di Unicredit nell’ambito della procedura Golden Power. «Siamo una realtà unica con il cuore italiano e lo sguardo rivolto all’Europa, negli ultimi cinque anni abbiamo costruito una leadership paneuropea, presenti in 14 mercati chiave con oltre 20 milioni di clienti. Siamo l’unica banca europea capace di connettere e sostenere così tante economie locali creando valore per il nostro Paese e fuori i confini nazionali», ha puntualizzato l’amministratore delegato di Piazza Gae Aulenti durante l’audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario in corso giovedì 27 in Senato. 

Il banchiere ha scelto di partire dall’identità del gruppo, «una banca paneuropea, sì, ma con un’anima italiana», come ha ribadito anche in chiave personale: «Sono nato a Roma – ricordo ai miei colleghi di Milano che purtroppo la miglior cosa di Milano è il treno per Roma», ha scherzato. Ma, al di là dell’aneddoto, il messaggio è chiaro: «All’Italia destiniamo circa il 45% del nostro bilancio e deteniamo circa 40 miliardi di euro in titoli di Stato italiani, più di qualsiasi altra banca». Rispondendo alle domande dei parlamentari il banchiere ha ribadito che la sede del gruppo resterà in Italia. 

L’impegno per l’Italia: Unicredit detiene 40 miliardi in titoli di Stato 

Orcel ha poi rivisitato la trasformazione degli ultimi anni, sottolineando come la svolta sia stata possibile «grazie alla scelta di puntare sulla crescita organica». Un percorso fondato su investimenti «nelle nostre persone, nella nostra rete e nella nostra tecnologia», che – ha garantito – «continueremo ad alimentare, consapevoli che c’è ancora molto da migliorare e molto valore da sprigionare, anche prima di cogliere ulteriori opportunità esogene di accelerazione».

Numeri alla mano, l’Italia resta «il centro da cui si irradiano le nostre attività»: oltre 30.000 dipendenti, più di 8 milioni di clienti, quasi 500 miliardi di risparmi gestiti. Unicredit è inoltre «la banca italiana con la maggiore detenzione di titoli di Stato, circa 40 miliardi». Non solo credito. Dal 2022 al 2024 il gruppo ha erogato «11,5 miliardi di finanziamenti green e 6,7 miliardi di finanza sociale», mentre la Fondazione Unicredit «investirà oltre 12 milioni l’anno contro la povertà educativa».

Sempre in Italia, nel 2025, «Unicredit ha lanciato un ambizioso piano di assunzioni. Solo quest’anno abbiamo assunto 1.000 persone in Italia, tra cui circa 700 giovani nella rete commerciale. Questi numeri confermato la continuità degli investimenti avviati negli anni precedenti: dal 2021, sono entrate a far parte del nostro gruppo circa 5.000 nuove persone».

La strategia su Banco Bpm dopo il golden power

Il banchiere ha difeso ancora una volta l’ops lanciata un anno fa su Banco Bpm, rigettando le prescrizioni Golden Power. In uno dei passaggi più attesi del suo intervento, l’ad di Unicredit ha difeso la scelta del gruppo di impugnare il decreto di stop del governo, definito «non percorribile» nelle condizioni poste dall’esecutivo.

«Vedevamo questa operazione come un’opportunità per fare e offrire ancora di più, applicando il nostro modello di successo e la nostra significativamente maggiore capacità di investimento a clienti, famiglie e pmi di un’altra banca», ha spiegato. «Data la complementarietà di Banco Bpm rispetto a Unicredit, l’acquisizione avrebbe generato grandi sinergie e benefici per famiglie, imprese, investitori e per l’intero Paese».

Secondo Orcel, la decisione del governo del 18 aprile 2025 di esercitare il Golden Power è stata basata su informazioni fornite da Banco Bpm che UniCredit «non ritiene corrette». L’esercizio del Golden Power ha imposto condizioni alcune delle quali «non percorribili» per Unicredit. Da qui il ricorso al Tar del Lazio, che ha richiesto la modifica di due condizioni su quattro, e successivamente, il 10 novembre 2025, il ricorso al Consiglio di Stato.

Nonostante il blocco, la strategia di Unicredit non cambia. «La nostra preferenza continua a essere per una soluzione negoziata e costruttiva», ha ribadito l’ad. «E le nostre ambizioni non sono cambiate: la spinta a crescere e a fare di più resta intatta. Per il nostro gruppo, questo significa raddoppiare gli sforzi sulle opportunità di crescita organica in Italia e creare tanto valore quanto quello che avremmo generato se fosse andata in porto l’acquisizione di Banco Bpm».

Su Generali fatto un investimento finanziario

Restando in ambito del risiko bancario, su Generali il banchiere ha chiarito di aver «fatto un investimento finanziario» che ci ha portati «fino al 6,7%. All’inizio vedevamo delle possibilità per cooperare con loro. Ma, visto che non ci sono stati gli estremi, la partecipazione netta è scesa al 2% e lì siamo. Vediamo cosa succederà», ha concluso Orcel. 

Non solo crescita organica: dalla Grecia alla Polonia le altre opportunità

«Sebbene la crescita organica sia la priorità» di Unicredit, «abbiamo anche la responsabilità di individuare opportunità per accelerarla», ha detto Orcel prima di citarne cinque. «L’acquisizione di Cnp Assurances e Allianz Vita in Italia, un investimento da 1,4 miliardi di euro che internalizzerà l’intera catena del valore del ramo vita, riportando sotto il nostro controllo circa 45 miliardi di risparmi italiani. A livello internazionale, la partecipazione del 26% in Commerzbank, con l’opzione di aumentarla al 29,9%, crea già valore per i nostri azionisti e ci dà opzionalità strategica per crescere in Germania e Polonia».

«Abbiamo poi rilevato circa il 29,5% di Alpha Bank, uno dei principali gruppi bancari della Grecia, rafforzando il legame strategico tra le due banche. La fusione tra Unicredit Bank e Alpha Bank Romania ha consolidato ulteriormente il nostro ruolo nell’Europa Orientale. Infine, l’acquisizione di Aion Bank e Vodeno punta ad accelerare la crescita attraverso l’innovazione tecnologica e l’espansione in nuovi mercati, inclusa la possibilità di rientrare in Polonia». (riproduzione riservata) 

Perché Unicredit punta sulle stablecoin

L’ingresso in «un consorzio con altre banche di prima fila» per il lancio di una stablecoin connessa all’euro «ci permette di essere tutti allineati su come costruire qualcosa di coerente insieme. La seconda ragione è che l’Europa è indietro, quindi cerchiamo di mettere a denominatore comune diversi cervelli e tentiamo di imparare gli uni dagli altri», ha detto il banchiere, «la stablecoin si muove in parallelo con l'euro digitale» ma, ha precisato, «nella mia testa di euro ce n’è uno solo». 

«Nel caso della stablecoin», ha proseguito, «c’è un rapporto di cambio di 1 a 1 tra un euro detenuto dalla banca e una stablecoin con collaterale quell'euro detenuto dalla banca. In questa maniera» quel singolo euro viene «de facto digitalizzato». Tuttavia, l’intento di perseguire la stablecoin muove dal fatto che effettuare «la digitalizzazione dell’euro attraverso la stablecoin ci permette di costruirlo su una base tecnologica completamente diversa» ovvero di «tokenizzarlo» con conseguente «decentralizzazione per i nostri clienti su tutta la base blockchain tecnologica». 

Di contro, l’euro digitale ha come «controparte direttamente la Bce attraverso un wallet può essere usato dal cittadino. Ma non è tokenizzabile, non è basato su blockchain». Quindi le due monete digitali «non sono in contrasto ma sono paralleli». 

Confermata l’uscita graduale dalla Russia, ma senza richiamare i mutui

Rispetto alla Russia, Orcel ha ribadito anche in Commissione il processo di graduale uscita dalla ragione: «Dal giorno del’iinvasione tutte le banche hanno smesso di dare credito nuovo a aziende russe. Noi in Russia dal 2022 a oggi siamo scesi del 95% da 7,6 miliardi a 700 milioni in termini di prestiti. Di questi», ha spiegato, «700 milioni 300 sono mutui che avevamo concesso prima e che non possiamo richiamare prima della scadenza. Il retail russo dovrebbe essere completamente chiuso entro la metà dell'anno prossimo».

Sul confronto con il governo tedesco per Commerzbank, il banchiere ha spiegato: «I governi di tutti i paesi europei sono molto più proattivi verso il settore bancario dalla pandemia in poi. L’Italia non è un caso isolato. Noi in Germania avevamo quello che credevamo essere un accordo. Pensavamo di essere allineati ma il nuovo amministratore delegato non lo è. Ci siamo trovati in questa posizione e abbiamo scelto di andare fino infondo, facendo capire che quell’operazione conviene a tutti. Ci vorrà del tempo». (riproduzione riservata)