Lunedì 28 parte l’ops di Unicredit su Banco Bpm. L’offerta arriva ai nastri di partenza a cinque mesi dal lancio e dovrebbe chiudersi solo il 23 giugno, sfruttando così la massima durata consentita (35 giorni) e prevedendo il settlement per inizio luglio. Anche se il ceo Andrea Orcel ha voluto rispettare la tabella di marcia annunciata a novembre, le incognite sul tavolo non mancano e l’esito dell'operazione rimane incerto.
La Dgcom europea è l’unica authority a non essersi ancora espressa sull’ops. Dagli uffici di Bruxelles dovranno arrivare indicazioni in materia di concorrenza, a partire dalle richieste su eventuali cessioni di sportelli. Il documento di offerta di Unicredit stima impatti non significativi dall’istruttoria per le limitate quote di mercato che la combined entity avrà in tutti i mercati rilevanti e le ridotte sovrapposizioni tra le due reti commerciali. Indiscrezioni circolate nei mesi scorsi ipotizzavano un’eccedenza compresa tra 100 e 150 filiali e un possibile interesse da parte di istituti come Credem, Iccrea, Banco di Desio e Agricola Popolare di Sicilia.
Francoforte ha autorizzato l’ops il 28 marzo senza sollevare obiezioni di rilievo. Unicredit ha incassato luce verde anche da Consob che qualche giorno dopo ha autorizzato la pubblicazione del prospetto informativo. Ivass invece si è espressa positivamente sulle implicazioni che il deal avrà per Bipiemme Vita, Vera Vita e per la joint venture nel ramo danni.
L’offerta è carta contro carta: agli attuali soci del Banco saranno offerte azioni Unicredit nel rapporto di uno a 0,175. Al momento dell’annuncio l’ops prevedeva un premio 0,5% sul prezzo di borsa di Banco Bpm che saliva al 15% rispetto ai valori di piazza Meda prima del lancio dell'opa su Anima. Si tratta di un cambio di passo rispetto al passato, quando i premi per le offerte pubbliche su banche superavano il 30%. Per gli investitori si è così presentata un'opportunità di arbitraggio che ha messo le ali al Banco (+46% in borsa dal 22 novembre) e ha determinato uno sconto che attualmente si attesta al 7,4% considerando lo stacco del dividendo.
L’opa del Banco su Anima ha aperto una crepa del progetto di integrazione di Unicredit. Piazza Meda avrebbe voluto applicare il Danish Compromise, il beneficio patrimoniale approvato dalla Ue nel 2012 che avrebbe reso meno onerosa l’operazione in termini patrimoniali. Francoforte però ha espresso parere contrario: quando una banca acquista una società di asset management, la partecipazione deve essere consolidata e il goodwill va dedotto dal capitale. Unicredit ha chiesto al Banco chiarezza sull’impatto patrimoniale dell’opa Anima e sulle misure di mitigazione per riportare il Cet1 al 13% rispetto all’11,7% stimato. E soprattutto ha ventilato un passo indietro sull’offerta nel caso in cui i numeri non tornassero.
L'ops su Banco Bpm ha sottratto una pedina preziosa al risiko bancario del governo e per mesi i rapporti tra una larga fetta della maggioranza, a partire dalla Lega, e Unicredit sono stati tesi. L'arma messa in campo per contrastare la banca di piazza Gae Aulenti è stata il Golden Power. Venerdì 18 il consiglio dei ministri ha vincolato l'ops a una lista di prescrizioni che spaziano dal credito alla presenza in Russia sino agli investimenti in titoli italiani. Unicredit ha risposto chiedendo chiarimenti anche se per il momento la linea del governo non cambia: «C'è una legge che prevede che il governo debba valutare l'interesse nazionale che non sono le competenze della Bce», ha dichiarato venerdì 25 il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a margine degli incontri del Fmi. È comunque probabile che l’appoggio a Caltagirone dato da Orcel all’assemblea Generali condizioni la vicenda e ammorbidisca la linea dell’esecutivo, spianando la strada all’operazione.
Sinora molti azionisti di Banco Bpm hanno sposato la linea del cda nel ritenere inadeguata l’offerta di Unicredit. Alla finestra rimane invece il primo socio Crédit Agricole che ha appena aumentato la partecipazione al 19,8%. La linea del gruppo francese (che è anche partner di Piazza Meda nel credito al consumo e nelle assicurazioni ramo danni) è quella ribadita dal ceo uscente Philippe Brassac: «la nostra unica motivazione è difendere i nostri interessi». Il resto del capitale della target è detenuto da retail e investitori istituzionali, mentre il 6,51% è in mano all’accordo di consultazione fra casse di previdenza e fondazioni che comprende Enpam, Cassa Forense, CrLucca, Inarcassa, CrAlessandria, CrCarpi e Manodori. Un ulteriore 5,47% è detenuto dai fondi di Davide Leone.
Il cda del Banco ha più volte bocciato l’offerta, l’ultima volta con il comunicato dell’emittente di giovedì 24. In quell’occasione nel mirino è finito il prezzo che non riconoscerebbe il reale valore della banca. In base ai range di concambi identificati dal board, il corrispettivo dovrebbe essere di almeno 4,6 miliardi superiore a quello attuale, solo considerando il valore dell’istituto su base stand alone. Nel comunicato Piazza Meda spiega inoltre che la politica di remunerazione perseguita da Unicredit ha «beneficiato di elementi non necessariamente ripetibili in futuro» e che la riduzione delle rwa attuata tra il 2020 e il 2024 dalla banca di Orcel ha comportato «una riduzione dei volumi di impieghi da 168 a 145 miliardi». Il cda ha ricordato anche il rischio di una perdita di controllo della controllata russa, che potrebbe determinare una derecognition di attività nette dal valore contabile di 5,5 miliardi.
L'ops, che punta al delisting del Banco, sarà efficace se raggiungerà il 66,67% del capitale. La soglia minima potrà tuttavia essere abbassata, a patto che Unicredit arrivi almeno al 50% più una azione che è l'unica condizione di efficacia irrinunciabile e potrebbe consentire il controllo di fatto dell’assemblea straordinaria.
Orcel è stato sinora freddo sull’ipotesi di un ritocco, specie dopo il no della Bce al Danish Compromise. Un quadro più chiaro si avrà con la presentazione dei risultati trimestrali del Banco che il prossimo 8 maggio dovrebbe fornire elementi utili alle valutazioni. In particolare sotto la lente di Unicredit ci saranno le misure di mitigazione patrimoniale dopo l’opa Anima, le politiche di remunerazione, il livello dei crediti deteriorati, il rapporto tra prestiti e depositi e gli overlays, cioè gli extra accantonamenti. (riproduzione riservata)