Tlc, la metamorfosi di Tim traina il titolo in Borsa: crescita del 106% nel 2025
Tlc, la metamorfosi di Tim traina il titolo in Borsa: crescita del 106% nel 2025
A Piazza Affari nel 2025 il valore del gruppo tlc è raddoppiato e adesso scambia a 0,5 euro. Le sinergie con Poste e la conversione delle risparmio possono spingere ancora il titolo. Anche senza l’eventuale earnout dalla rete

di di Alberto Mapelli 27/12/2025 11:50

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Da realtà imprevedibile sui mercati ad azienda «normale», a volte anche «noiosa», fino ad arrivare ad essere un gruppo che per il 2026 ha un «disegno industriale» per tornare a crescere.

La metamorfosi di Tim, avviata con il closing della vendita della rete al consorzio di investitori guidato da Kkr e Mef a luglio 2024, ha vissuto una grande accelerazione nel 2025. Il gruppo guidato dall’ad Pietro Labriola si presenta ai nastri di partenza del nuovo anno completamente rinato a Piazza Affari grazie alla visibilità sui risultati e alla costanza con cui sta raggiungendo gli ambiziosi target fissati nel piano industriale. Ed è ora pronto a trasformarsi anche sul fronte della struttura del capitale, con la conversione delle azioni di risparmio.

Tutti elementi che il mercato ha apprezzato, come racconta l’andamento del titolo a Piazza Affari nel 2025: +106%, con Tim che scambia ormai stabilmente sopra a 0,5 euro, soglia che organicamente era inimmaginabile ormai da sei anni e che era stata sfiorata solo con l’ipotesi di Opa a quel prezzo (e mai arrivata) di Kkr. E invece ormai da mesi Tim viaggia con costanza a quei livelli, forte di una guidance pienamente rispettata da Labriola e dalla sua prima linea di manager e di una ritrovata serenità azionaria.

La traiettoria di Tim a Piazza Affari è girata a marzo, quando Poste Italiane ha terminato l’epopea di Vivendi da primo azionista rilevandone il 24,8% cui si è aggiunto l’ultimo 2,5% acquistato a inizio dicembre.

Il cambio della guardia e le nuove sinergie

Il cambio della guardia ha prodotto come primo grande effetto il ribaltamento della percezione intorno all’ex incumbent sul mercato: non più un gruppo con un primo socio separato in casa e in aperta contrapposizione al management ma una realtà tornata sotto l’ala del governo, con un unico azionista rilevante seriamente ingaggiato nel guidare e sostenere il percorso trasformativo di Tim ideato dalla sua prima linea.

Il mercato attende ancora che vengano quantificati i risvolti finanziari delle sinergie che Tim e Poste stanno iniziando a mettere a terra. Nel primo trimestre dell’anno prossimo dovrebbero migrare i clienti PosteMobile sulla rete dell’ex incumbent, mentre è già in commercializzazione l’offerta Tim Energia powered by Poste che rappresenta la prima alleanza commerciale tra i due gruppi.

In concomitanza dell’aggiornamento del piano industriale, Labriola dovrebbe informare Piazza Affari anche sul previsto impatto del resto delle iniziative allo studio, come la joint venture dedicata alle imprese per offrire servizi cloud e di Intelligenza Artificiale.

Il nuovo assetto azionario e i risultati finanziari

Il nuovo assetto azionario – che ha visto anche l’uscita di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) – si è affiancato alla continuità dei risultati, tanto che nel terzo trimestre Tim è tornata a produrre utili per tutti i suoi azionisti. L’ex incumbent ha generato un risultato netto per i soci della controllante positivo per 23 milioni di euro nel periodo luglio-settembre, mentre nei nove mesi la perdita è scesa da oltre mezzo miliardo a 109 milioni. A settembre i risultati erano in linea con la guidance, con ricavi a 10 miliardi (+2,3%) di cui 6,9 miliardi in Italia, l’ebitda a 3,2 miliardi (+5,4%) e l’ebitda after lease a 2,7 miliardi (+5,3%).

L’ultima scossa, proprio agli sgoccioli del 2025, è arrivata dall’ok definitivo della Cassazione alla restituzione di oltre un miliardo di euro di canone concessorio del 1998. Risorse che Labriola e il board hanno subito dirottato sul progetto di semplificazione del capitale con una proposta apprezzata dai mercati e dagli analisti: un’azione ordinaria per ogni azione di risparmio consegnata, a cui aggiungere un premio di 0,12 euro.

La semplificazione del capitale e la conversione delle azioni

Equita ha spiegato che, oltre a semplificare la struttura del capitale, l’operazione migliorerebbe la liquidità complessiva e il peso negli indici del titolo. Inoltre i 720 milioni di risorse richiesti se tutti optassero per la conversione volontaria, di fatto, sono «un buyback sul capitale del gruppo rispetto a un’operazione tutta in carta». L'ultimo vantaggio, per Equita, è che la cancellazione delle risparmio – che dovrà essere autorizzata da un'assemblea a fine gennaio – ridurrebbe la perdita di cassa e di utile legato al privilegio delle azioni di risparmio, che peserebbe per al massimo 170 milioni ogni anno.

Nella traiettoria verso i profitti, questo significherebbe incrementare il ritorno all’utile per azione degli azionisti del gruppo tlc. E in quest’ottica anche Poste vedrebbe crescere il ritorno per azione nonostante la diluizione da oltre il 27% a poco sotto il 20%.

Non va dimenticato che, oltre alla restituzione del canone, il cda ha proposto anche l’abbattimento del capitale per costituire oltre 5 milioni di riserve, sbloccando di fatto la possibilità di tornare a staccare cedole. Labriola aveva promesso una distribuzione di 350 milioni nel 2026 derivanti dalla cessione della società dei cavi sottomarini (circa la metà dei 700 milioni di enterprise value stimati), il cui closing è atteso nel primo trimestre del 2026.

Prospettive future

Nei due anni successivi, Tim dovrebbe poi distribuire altri 500 milioni nel 2027 e 600 milioni nel 2028 grazie a una generazione di cassa di 2,5 miliardi prevista tra il 2025 e il 2027. In occasione degli ultimi risultati non era stato escluso che la generazione di cassa possa essere anche migliori del previsto, anche se il management ha mantenuto una linea estremamente prudente per non deludere il mercato.

Gli scenari di consolidamento restano sullo sfondo, sia nel fisso sia nel mobile. In entrambi i settori le discussioni sembrano essersi arenate. L’indiziato numero uno al consolidamento nel mobile è Iliad, che però avrebbe visto frenare i dialoghi sia con Tim sia con WindTre.

Sul fronte del fisso, invece, Tim resta alla finestra in attesa di capire se si riuscirà a trovare un accordo tra Fibercop e Open Fiber entro la fine del 2026, con lo sblocco conseguente di un earnout fino a 2,5 miliardi. La prospettiva è sempre più difficile visti i rapporti tesi tra le due compagini, ma ancora non può essere esclusa. Tuttavia, da elemento essenziale, ora l’earnout rappresenterebbe solo un ulteriore boost alla metamorfosi ormai già ben avviata di Tim. (riproduzione riservata)