«Ero arrivato al punto in cui non riuscivo più a pagare il mutuo. E così, quando mi hanno proposto di andare in trasferta in Serbia, non ho esitato. Non era il massimo, ma almeno avevo la prospettiva di tornare a lavorare».
Filippo (il nome è di fantasia) è un operaio dello stabilimento Stellantis di Melfi ed è partito per Kragujevac a inizio aprile. Non è il solo: al momento sono arrivati lì in 33 dalla Basilicata, ma da Cassino, Termoli e altri stabilimenti italiani sono attese altre decine di colleghi nelle prossime settimane. Tutti volontari, ufficialmente. Anche se, come spiega lui stesso in questo racconto che fa a Milano Finanza, la trasferta «è una scelta che fai quando le alternative non ci sono. Se stai in cassa da mesi e nessuno ti richiama, alla prima occasione dici sì. E poi ti arrangi».
La destinazione è una fabbrica dell’Est Europa, quella di Kragujevac. Dopo essere stata ferma un paio d’anni per la fine della produzione della Fiat 500L, oggi è il cuore produttivo della nuova Fiat Grande Panda elettrica e ibrida, la citycar con cui Stellantis punta a riconquistare terreno in Europa dopo i recenti cali nelle vendite.
È un impianto che è stato portato in dote al gruppo presieduto da John Elkann dalla vecchia Fca. A gestirlo è Fca Serbia, società di cui Stellantis detiene il 67% delle quote mentre il restante 33% è nelle mani del governo di Belgrado, a cui il gruppo automobilistico aveva promesso nel 2022 il rilancio del sito, investendo su una nuova piattaforma per produrre anche auto elettriche.
Lo stabilimento di Stellantis in Serbia, racconta Filippo, è «strutturalmente identico a quello di Melfi» e anche l’organizzazione del lavoro ricalca quella italiana: «Chi in Italia era alla Trim (una delle fasi nella catena di montaggio, ndr) viene assegnato alla Trim, chi alla Final resta alla Final». Il contesto, però, è completamente diverso. A Kragujevac la paga base di un operaio serbo si aggira intorno ai 600 euro al mese.
«Per arrivare a fine mese fanno due o tre lavori. Non so come facciano. Non hanno tempo per una vita sociale. Fuori dal centro città, vedi solo disperazione».
Gli operai italiani che sono in trasferta lì, come Filippo, percepiscono una diaria di 52,50 euro al giorno quando lavorano (diventano 60 nei giorni liberi, quando non si mangia nella mensa interna), una cifra che dovrebbe più che coprire vitto e alloggio e permettere di mettere qualcosa da parte. Ma la realtà è un’altra.
«Ci avevano detto che la vita qui in Serbia costa meno, ma non è così. L’affitto per un alloggio dignitoso va dai 270 ai 400 euro al mese, spesso senza nemmeno un contratto. Faccio la spesa con il cellulare in mano per convertire i prezzi dal dinaro serbo in euro, e spesso devo comprare una cosa in meno rispetto a quello di cui ho bisogno. Cerco di cucinare a casa, evito bar e ristoranti. Soltanto così riesco a mettere da parte qualcosa. Ma è dura».
All'interno dello stabilimento di Kragujevac lavorano circa mille persone. Gli italiani al momento sono una trentina da Melfi, ma sono attesi nuovi arrivi da altri impianti italiani. I lavoratori serbi sulla linea sono circa 900. Dentro la fabbrica si lavora su un turno: dalle 6 alle 14 adesso, in precedenza dalle 8 alle 16. La linea è una sola e su di essa scorrono due modelli: la Citroën C3 e la nuova Fiat Panda, rinominata Grande Panda per distinguerla dalla Pandina ancora prodotta a Pomigliano.
Una produzione in serie ancora però non c’è: «Della C3 ne facciamo sì e no dieci al giorno. Della Panda circa 125». Numeri ben lontani dalle 500 unità minime al giorno preventivate da Stellantis entro la fine di marzo, e spesso non si raggiungono nemmeno quelli. «Capita che manchi il materiale. Quando succede, la produzione si ferma. Poi ci fanno recuperare il giorno dopo, se sono arrivati i pezzi. Per esempio oggi (nel giorno in cui raccogliamo la sua testimonianza, ndr) non abbiamo lavorato per la mancanza di componenti».
Non è un caso isolato. Le carenze nella catena di fornitura colpiscono Stellantis un po’ ovunque. Secondo Jean-Philippe Imparato, capo del gruppo in Europa, ad esempio a marzo sono stati prodotti 20 mila veicoli ibridi in meno per carenza di cambi eDCT, come ha ammesso durante un’audizione al Senato francese.
Un problema che rallenterebbe anche l’avvio della produzione in serie della Panda proprio nel momento in cui da tutta Europa stanno arrivando migliaia di ordini per la nuova citycar compatta, ritenuta strategica per il rilancio del gruppo nel Vecchio Continente.
La trasferta degli operai italiani in Serbia è su base volontaria, ma molti la vivono come una necessità. «Considerando la situazione a Melfi, con la cassa integrazione, molti hanno accettato pur di guadagnare qualcosa. Ma quando torni a volte ti lasciano a casa perché ‘hai già guadagnato un po’’. Ed è frustrante».
Filippo e gli altri da Melfi non sono alla prima trasferta. «Ma poi passano anche mesi in cassa integrazione, senza chiamate al lavoro. Quando vivi senza lavorare, con le spese che continuano ad arrivare, alla prima occasione accetti. Poi solo dopo pensi a come organizzarti con la famiglia. Dopo tanti mesi di cassa integrazione ho perso sì e no 5 mila euro in un anno. Se non avessi messo da parte qualcosa, sarei nei guai».
L’azienda non ha fornito un supporto diretto per la logistica. «Solo una bacheca con qualche contatto per le case. Io mi sono arrangiato. Abbiamo macchine a noleggio, ma ci muoviamo a piedi. La città ha una sola via principale, ed è sempre trafficata».
Anche dal punto di vista linguistico, il supporto è minimo. «Con i colleghi serbi ci si capisce a gesti. Qualcuno parla inglese, altri niente. Solo il primo giorno ci hanno dato un interprete per il corso sulla sicurezza. Poi, basta».
La Fiat Panda nella sua storia pluridecennale (la prima fu nella versione disegnata da Giorgetto Giugiaro) ha già avuto un passato ‘straniero’: tra il 2003 e il 2012 la seconda generazione fu prodotta in Polonia, a Tychy. Poi tornò in Italia, quando Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat prima e di Fca dopo, lanciò Fabbrica Italia Pomigliano con l’obiettivo di raddoppiare la produzione nazionale.
Oggi, prima dell’addio di Carlos Tavares da ceo di Stellantis avvenuto lo scorso dicembre, la Grande Panda è stata assegnata di nuovo all’estero, a Kragujevac. E a Pomigliano c’è la Pandina, una versione aggiornata della Panda classica.
Le ragioni della scelta sono chiare: i costi. Durante l’audizione di John Elkann alla Camera dello scorso marzo Imparato è stato più chiaro che mai: «Fare una macchina in Spagna mi costa 516 euro, farla in Italia mi costa 1.414 euro. Questo a causa del costo dell’energia». In Serbia anche il lavoro costa molto meno che in Spagna e in Italia. Il conto per Stellantis è quindi semplice e la decisione conseguente.
E così tra le colline della Serbia centrale a poco più di un’ora di auto da Belgrado la nuova Panda prende forma, seppur a rilento, anche grazie a mani italiane. Quelle di operai come Filippo, che assieme agli altri trasfertisti cerca di tenere duro sulle linee dell’impianto di Kragujevac. Da troppo tempo ormai quelle che ci sono a Melfi, in attesa dei nuovi modelli già assegnati (sulla carta sette, sulla nuova piattaforma Stla Medium), non riescono più a tenerlo impegnato e a garantirgli uno stipendio pieno con cui poter vivere. «Non è certo la vita che speravo, ma per ora va così. Ho bisogno di lavorare. E finché non mi richiamano in Italia, io resto qui in Serbia». (riproduzione riservata)