L’Italia ricopre un ruolo centrale per Stellantis, che entro la metà dell’anno avrà un nuovo ceo. Ha esordito così il presidente John Elkann, in Parlamento in audizione nella Sala del Mappamondo.
«Intervengo in questa sede come responsabile della gestione operativa di Stellantis, incarico che ho ricevuto dal cda lo scorso 2 dicembre a seguito delle dimissioni di Carlos Tavares», ha detto Elkann, aggiungendo che «la sua successione sta procedendo secondo i tempi stabiliti: il nuovo ceo di Stellantis sarà annunciato entro la prima metà dell’anno».
«Ci siamo preparati all’audizione di oggi con grande attenzione perché per Stellantis l’Italia è centrale», ha detto Elkann, che alla Camera è accompagnato da Jean Philippe Imparato, responsabile di Stellantis in Europa, Antonella Bruno, responsabile di Stellantis in Italia, Santo Ficili, amministratore delegato di Alfa Romeo e Maserati, e Monica Genovese, responsabile acquisti di tutta la parte powertrain.
«Di questa nostra lunga storia, la storia della Fiat che ora è diventata Stellantis, noi siamo, io personalmente lo sono, molto orgoglioso», ha aggiunto il presidente. «Non è un fatto scontato, considerato che meno dell’1% delle aziende fondate all’inizio del Novecento risultano ancora in vita. E se tra poco vi parlerò di investimenti, nuovi modelli e di tecnologie avanzate, significa che questa forza, questa volontà di progresso e il coraggio di guardare al futuro sono sempre presenti».
«Il futuro dell’auto» e quindi di Stellantis, «non è l’industria bellica», ha voluto specificare Elkann, precisando che «Usa e Cina ci insegnano che si possono avere una industria bellica e una industria auto dell’auto e non è necessario fare una scelta». In ogni caso sarà l’Europa a decidere dove allocare gli investimenti nella Difesa.
«Oggi Stellantis è il quarto costruttore al mondo, è redditizio e fattura 157 miliardi. Con i suoi 14 marchi vende 5 milioni e mezzo di veicoli, di cui meno della metà in Europa», ha ricordato Elkann. «20 anni fa lottavamo per la sopravvivenza. Oggi siamo fra i primi costruttori al mondo. Di questo straordinario percorso di sviluppo, l’Italia e gli italiani hanno avuto grande merito e a tutto il Paese va la nostra gratitudine: se non ci fosse Stellantis oggi non ci sarebbe più l’auto in Italia».
Elkann ha riconosciuto che «negli ultimi 20 anni il mercato domestico è calato del 30%, mentre l’occupazione si è ridotta di circa il 20%. E questo significa che l’azienda ha difeso la produzione e l’occupazione degli stabilimenti del Paese grazie all’export dei marchi italiani, oltre alle Jeep prodotte in Basilicata, alle Dodge in Campania, ai van Citroen, Opel e Peugeot in Abruzzo e più recentemente alle DS a Melfi».
«In questi 20 anni l'azienda ha pagato direttamente 14 miliardi di imposte all'erario e se si tiene conto anche del gettito legato all'Iva e alle imposte versate per conto dei dipendenti, questo valore sale a 32,2 miliardi», ha spiegato Elkann. «La spesa per investimenti e ricerca e sviluppo in Italia è stata pari a 53 miliardi, a fronte di contributi pubblici pari a 1 miliardo: un rapporto fra dare e avere di 50:1. Aggiungo un dato molto importante. Stellantis nel 2024 è stato il Gruppo che ha depositato più brevetti industriali in Italia. Ogni brevetto non è solo un numero, ma un passo avanti nell'innovazione tecnologica del Paese»
«Ci si chiede spesso quali vantaggi ha l’Italia da Stellantis», ha aggiunto, «e se non ci fosse oggi Stellantis, non saremmo qui, perché l’auto italiana sarebbe già scomparsa da tempo, come l’informatica dopo l’Olivetti e la chimica dopo la Montedison».
«Abbiamo voluto quantificare l’apporto dato dall’azienda al Paese, chiedendo all’università Luiss Guido Carli di realizzare uno studio indipendente sulla storia del gruppo dal 2004 al 2023, anni che ho vissuto in prima persona», ha proseguito, «e ciò che emerge è che il contributo positivo alla crescita dell’economia italiana non è mai venuto meno».
Lo studio evidenzia che, ha detto Elkann, «dal 2004 al 2023 Stellantis ha prodotto in Italia 16,7 milioni di autovetture e veicoli commerciali, per un valore complessivo della produzione nazionale di quasi 700 miliardi di euro. Calcolando gli effetti sulla filiera e le ricadute sui consumi delle famiglie, il valore complessivo della produzione in Italia negli ultimi venti anni sale a 1.700 miliardi di euro, con un valore aggiunto di 417 miliardi: per ogni euro di valore creato da Stellantis, se ne generano 9 nel resto dell’economia».
Elkann ha proseguito il suo intervento confermando il piano Italia siglato con il ministro Adolfo Urso lo scorso dicembre, tra i cui elementi spicca l’installazione della piattaforma Stla Small nello stabilimento di Pomigliano per produrre auto medio-piccole anche (ma non solo) elettriche. Nessuna novità però è arrivata né sul fronte della gigafactory italiana né sulla crisi di Maserati.
«Come sapete, Stellantis è socio di minoranza di Acc, la quale sta valutando la realizzazione della gigafactory a Termoli in base al mercato e dei fattori di competitività», ha detto Elkann. «In attesa che Acc renda noto il suo piano, ci siamo mossi in anticipo, affiancando alla produzione di motori termici i cambi per le auto ibride».
Per quanto riguarda invece l’unico marchio di lusso del gruppo, «stiamo lavorando al futuro di Maserati che è indissolubilmente legato all’Italia, a Modena e alla Motor Valley», ha spiegato. «Santo (Ficili, ndr) sta lavorando anche come responsabile di Alfa Romeo e sta lavorando su Maserati. Alfa Romeo e Maserati come tutti i marchi legati alle esportazioni dovranno tenere conto della politica dei dazi che saranno applicati».
La crisi dell’auto in Italia è spiegata perfettamente con le parole che Jean Philippe Imparato, capo di Stellantis Europe, ha pronunciato intervenendo durante l’audizione di Elkann alla Camera. «Fare una macchina in Spagna mi costa 516 euro, farla in Italia mi costa 1.414 euro», ha detto il manager francese. «Questo a causa del costo dell’energia». (riproduzione riservata)
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