In appena cinque giorni Stellantis ha stracciato tre accordi di fornitura con altrettanti partner chiave del settore battery materials: Novonix, Alliance Nickel e, da ultimo, Westwater Resources. Una revisione profonda della supply chain del gruppo, che conferma come il nuovo ceo, Antonio Filosa, stia già riscrivendo in profondità la strategia sull’elettrico, ridimensionando di fatto le ambizioni del piano Dare Forward 2030 varato dall’ex amministratore delegato Carlos Tavares, che prevedeva oltre 5 milioni di veicoli elettrici all’anno entro fine decennio.
L’ultimo segnale è arrivato il 7 novembre dagli Stati Uniti: Westwater Resources ha comunicato la cessazione dell’accordo di fornitura vincolante con la controllata Fca Us, legato al progetto di produzione di materiali anodici in grafite. La rescissione ha portato Westwater a sospendere la sindacazione del debito che si basava proprio sull’offtake Stellantis e a rivedere la configurazione del suo Kellyton Plant, la cui capacità sarà ridimensionata per allinearsi ai contratti residui con SK On e Hiller Carbon.
La società ha fatto sapere che Stellantis si è detta «aperta a riconsiderare l’intesa», ma solo sulla base delle attuali condizioni di mercato. L’indicazione lascia intendere un raffreddamento strutturale della domanda di materiali per batterie da parte del gruppo.
Il 4 novembre era stata l’australiana Novonix ad annunciare la rescissione dell’accordo per la fornitura di grafite sintetica destinata ai partner di produzione celle di Stellantis in Nord America. Il motivo ufficiale: incompatibilità sulle specifiche tecniche del prodotto. Ma la dimensione della fornitura - almeno 86.250 tonnellate in sei anni, fino a 115.000 tonnellate potenziali - lascia pensare che la motivazione tecnica sia solo una parte del quadro.
Il titolo Novonix è crollato anche del 15%, anche perché l’impianto di Chattanooga che doveva rifornire Stellantis ha ricevuto un maxi-prestito condizionale da 754,8 milioni di dollari dal governo Usa: ora, improvvisamente, resta senza il suo cliente principale.
Il 7 novembre un altro stop, già raccontato da questo giornale: Stellantis ha rescisso anche il contratto con Alliance Nickel, valido per 170 mila tonnellate di nickel solfato e 12.000 tonnellate di cobalto solfato in cinque anni, pari a circa il 40% della capacità prevista del progetto NiWest in Australia Occidentale. Il gruppo di Filosa possiede anche l’11,5% della società australiana: nonostante ciò, il contratto sarà interrotto dal 3 dicembre a causa del mancato rispetto di milestone legate allo sviluppo del progetto, rallentato dal crollo dei prezzi del nickel e da difficoltà di finanziamento.
Alliance ha definito la decisione «comprensibile» e ha aperto a una rinegoziazione, ma di fatto Stellantis ha messo in pausa un altro pilastro della sua supply chain per i materiali catodici.
Messe insieme, le tre decisioni non sono una coincidenza ma una manovra coordinata e inedita per un gruppo che negli ultimi anni aveva investito pesantemente per blindare il proprio accesso alle materie prime della transizione elettrica.
E le ragioni sono convergenti: rallentamento della domanda globale di Ev, con mercato europeo e americano molto più fiacchi delle attese; caduta dei prezzi di nickel e grafite, che rendono meno urgenti o meno convenienti gli impegni pluriennali di acquisto; necessità di tagliare la complessità e il capitale assorbito dai contratti take-or-pay firmati durante la «corsa all’elettrico» del trienno 2020-2023, quando il gruppo era guidato da Tavares.
Secondo diversi osservatori la chiave di lettura è una sola: Filosa sta ridisegnando la curva di crescita dell’elettrico in Stellantis, riportandola su livelli più realistici e allineati ai nuovi scenari di mercato.
L’uscita di scena di Tavares ha lasciato in eredità un piano industriale fondato su volumi Ev molto ambiziosi. Ma le condizioni sono cambiate: la domanda è in continuo rallentamento, mentre i margini del gruppo si sono erosi nell’ultimo biennio, e con il rischio di trovarsi con materie prime in eccesso e le fabbriche americane ed europee sottoutilizzate, la priorità ora è quella di proteggere la redditività del gruppo.
Stellantis sta evidentemente ridimensionando gli obiettivi Ev del vecchio piano al 2030 ed è ormai chiaro che il nuovo piano industriale - atteso entro metà 2026 e non più entro il primo trimestre del prossimo anno - fisserà target meno aggressivi sull’elettrico, con una conseguente riduzione del fabbisogno di nickel, cobalto e grafite. Con le rescissioni degli accordi con Novonix, Alliance Nickel e Westwater, Stellantis sta già cercando di trovare un nuovo equilibrio tra elettrico, ibrido e termico, con un approccio più prudente sugli investimenti della supply chain delle batterie. (riproduzione riservata)