È la legge del mercato. Ci sono i compratori, ma anche i venditori. Ma tra i venditori c’è una categoria particolare: sono i ribassisti allo scoperto, terreno di caccia tipico dei fondi hedge, ma anche degli istituzionali. Qui chi vende non possiede i titoli, ma li prende a prestito da broker o fondi pensione, che si fanno pagare una lauta commissione. Ottenuti i titoli a prestito, si vendono sul mercato scommettendo su un ribasso del titolo. Per poi ricomprarli a un prezzo più basso, restituendoli ai prestatori e lucrando sulla differenza di prezzo tra quello di vendita e quello di riacquisto.
Un gioco da raffinati investitori che può rendere molto se si indovina la scommessa su una futura discesa dell’azione sotto tiro. Ma può anche finire in una débacle se il titolo invece va al rialzo. Croce e delizia di quei particolari fondi soprattutto hedge che hanno strategie cosiddette long-short, ma anche fondi speculativi che individuano titoli considerati sopravvalutati e ci giocano contro.
Ma non ci sono solo scommesse speculative sulle singole azioni. Molti fondi si mettono short (corti, in gergo) per esigenze di copertura dei portafogli. Per dirla in sintesi, sono operatori che hanno posizioni lunghe su un titolo e si cautelano da eventuali cadute al ribasso comprando opzioni put sulle azioni. Così da neutralizzare quanto più possibile l’esposizione del portafoglio.
Questo in sintesi l’universo dei ribassisti di borsa. Poco conosciuti dal grande pubblico e che rivestono nei fatti una funzione riequilibratrice del mercato. La particolarità degli shortisti è però operare allo scoperto senza avere possesso del titolo. Per chi va contro al mercato, in particolare i ribassisti allo scoperto, conta eccome il tempo. Sbagliare previsioni e timing dell’operazione fanno la differenza tra i guadagni e le perdite. E in questo suona paradossale la forte concentrazione di posizioni nette corte (rilevate da Consob quotidianamente) su Saipem, che risulta il titolo più preso di mira dagli shortisti, ma che in realtà dall’aprile scorso anziché cedere terreno ha continuato a salire in borsa, cumulando una performance del 62%. In questo caso come vedremo la scommessa ribassista appare del tutto perdente. La società di estrazione petrolifera posseduta da Eni con il 21,2% delle quote e Cdp e con il 12,8% vanta a tutt’oggi suo malgrado ben 13 fondi che puntano al ribasso e che insieme cumulano ben l’11,5% delle quote azionarie del titolo. Che in soldoni vogliono dire oltre mezzo miliardo di controvalore.
Un imponente attacco ribassista come pochi se ne vedono sul mercato.
Il secondo titolo più shortato è Amplifon, con il 4% del capitale soggetto a pressioni ribassiste, seguito da Cucinelli, su cui ha imperversato nei giorni scorsi la campagna del misterioso fondo Morpheus, che ha avanzato dubbi sull’effettiva presenza del gruppo di moda in Russia, generando o meglio preparando il terreno alla discesa del titolo e alla comparsa dei fondi short che mirano a guadagnare sulla caduta del titolo.L’elenco prosegue e conta (tabella qui sopra), oltre ai tre titoli sul podio dei ribassisti, altri 16 società su cui le posizioni al ribasso superano l’1% del capitale.
Tornando a Saipem, che è investito da una corrente ribassista molto forte, le posizioni di più lunga data sono quelle costruite nell’estate scorsa, in particolare a fine luglio e ad agosto. I fondi che allora scommisero sulla caduta di Saipem erano quelli di Elliott, Janus Henderson, Bg, ma anche Tig e Sand Grove. Posizioni costruite a prezzi di 2,2- 2,3 euro per azione Saipem. Il titolo oggi quota vicino ai 2,6 euro e quindi per il momento la scommessa è in perdita. Si vedrà strada facendo anche per quei fondi (indicati in tabella) che hanno costruito posizioni al ribasso nei giorni scorsi.
Saipem in realtà sta viaggiando vicino ai massimi di gennaio a quota 2,7 euro ed è in una fase rialzista, che ha annullato la caduta del titolo occorsa tra gennaio e aprile, quando l’azione era scivolata fino ai minimi di 1,6 euro.Una scommessa ribassista vincente andava fatta a inizio anno. E dimostra che il timing è fondamentale anche e soprattutto per i ribassisti allo scoperto.
Il timing invece non ha tradito gli shortisti su Amplifon. Ancora oggi sono aperte sei posizioni di fondi per un ammontare del 4% del capitale sulla società. Il leader mondiale nella produzione e vendita degli apparecchi acustici viene da una lunga crisi borsistica: il valore dell’azione che si è dimezzato dai massimi relativi dell’estate del 2024 quando quotava oltre 33 euro. La crisi di borsa ha coinciso con un rallentamento della redditività industriale, pur con un fatturato crescente. L’azienda quotava alti multipli ed è bastata una piccola frenata sulla marginalità a innescare la disaffezione su titolo. Cui ha coinciso, in un mercato come Piazza Affari pieno di banche, la rotazione dei portafogli negli ultimi anni dai titoli industriali a quelli bancari. Ora però gli shortisti, che finora hanno vinto, devono stare attenti. Il gruppo è in ripresa e promette per il 2025 di chiudere i conti con un margine operativo lordo a quota 560 milioni con un peso sul fatturato che dovrebbe risalire al 23%, uno dei livelli più elevati degli ultimi anni. Se la borsa se ne accorgerà, è probabile un ritorno di fiducia sul titolo degli investitori lunghi.
Cucinelli, che ha quattro fondi ribassisti per il 3,4% del capitale, ha subito l’attacco del fondo Morpheus sulla Russia e del fondo londinese Pertento, che aveva già aperto una posizione short sul titolo e che ha guadagnato dal forte scivolone del titolo. Cucinelli però, assorbito il colpo e con conti in crescita, sta riassorbendo lo choc e l’azione è risalita da 83 euro ai 94 di questi giorni. Chissà se quelle posizioni verranno chiuse nei prossimi giorni? (riproduzione riservata)