Nel 2024 la propensione degli italiani al risparmio è aumentata del 9%, «influenzata dall’erosione dei redditi reali ma anche da fattori culturali». Così Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, ha inaugurato l’edizione 2025 del Salone del Risparmio di Milano, organizzato da Assogestioni.
La priorità del Mef, ha specificato il ministro, è rafforzare la previdenza complementare: «Se guardiamo al sistema pensionistico in prospettiva è evidente l’importanza della previdenza complementare, che nonostante un sistema fiscale favorevole non è ancora al livello degli altri Paesi». E questo, ha aggiunto, «nonostante i rendimenti positivi, che nei comparti azionari oscillano tra il 10 e 13%».
Che fare ora? Per Giorgetti la priorità è «innovare la previdenza privata traendo ispirazioni dall’estero per migliorare i meccanismi di adesione, introdurre stimoli alla competizione e alla ricerca di meccanismi di investimento più intelligenti».
Grande attenzione deve essere posta all’educazione finanziaria: «Un tema cruciale per il governo, come dimostrano le leggi sul mercato dei capitali che riguardano l’equità intergenerazionale».
Allargando lo sguardo al quadro internazionale, ha ricordato Giorgetti, «la trasformazione dei rapporti politici si traduce in incertezza e volatilità dei mercati». Il risparmio in questo quadro è «un baluardo per resistere: come politica abbiamo il compito di trasformare la propensione al risparmio in propensione a investire in Europa e in Italia per alimentare la nostra economia».
Per riuscirci il primo punto è «rafforzare ancora la solidità della finanza pubblica, perché è associata a un concetto di fiducia nel sistema». Il ministro si è detto fiero «dell’upgrade di S&P, perché è arrivato in un quadro di grande incertezza: ma non si tratta di un risultato sorprendente perché è la conseguenza di un approccio del governo basato sulla prudenza nella gestione dei conti pubblici».
Ad aprire il lavori è stata la neo-presidente di Assogestioni, Maria Luisa Gota, che ha lanciato un messaggio chiaro: «L’industria del risparmio gestito deve continuare a rassicurare i clienti». Anche in un contesto economico complesso, ha sottolineato, «la prospettiva da adottare resta quella di lungo periodo: quella attuale non è altro che una flessione lungo un sentiero di crescita, come già vissuto in passato».
Gota ha evidenziato come le grandi trasformazioni globali in atto interpellino l’industria del risparmio, «che può e deve essere motore di cambiamento». Nell’Unione Europea, ha ricordato la numero uno dell’industria dei fondi, «il risparmio ammonta a 33 mila miliardi di euro, ma un terzo di questa cifra è eroso dall’inflazione sui conti correnti. Un capitale enorme, troppo spesso improduttivo».
Sono tre le direttrici strategiche su cui l’industria deve puntare, e che faranno da filo conduttore nel corso della rassegna milanese: capitale paziente, progresso e longevità. Il primo concetto, ha detto Gota, «si riferisce agli investimenti di lungo termine, non solo nei mercati privati ma anche azionari». Il secondo richiama l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi finanziari. Infine, la longevità: «Con l’allungarsi della vita media nascono nuovi bisogni che il risparmio gestito può intercettare e soddisfare».
Il 2024, ha seguitato Gota, «si è chiuso con risultati positivi: 33 miliardi di raccolta netta e 2.500 miliardi di patrimonio gestito». Tuttavia, il boom «è stato trainato dai prodotti obbligazionari (+50 miliardi, ndr), segno della prudenza dell’investitore italiano». Resta critico inoltre il tema della liquidità: «Oltre 1.500 miliardi di euro sono parcheggiati su conti correnti: sono improduttivi e vanno quindi indirizzati verso investimenti consapevoli».
Nel frattempo, «all’interno dell’industria c’è in atto un fenomeno di consolidamento: fenomeno assolutamente comprensibile», ha specificato la numero uno della Confindustria dei fondi. «La nostra industria è globale: 14 dei primi 20 player al mondo sono statunitensi, e gestiscono l’80% delle masse. Per competere con questi numeri bisogna aggregarsi». Al contempo, ha concluso Gota, «l’ industria vive una fisiologica compressione dei margini. Le aggregazioni sono necessarie, ma affinché si realizzino serve un’Unione Europea meno frammentata, sia a livello normativo che di mentalità».(riproduzione riservata)