Nel suo libro Vi racconto la Banca d’Italia, edito da Laterza, Salvatore Rossi, ex direttore generale di Banca d’Italia, ripercorre gli ultimi 50 anni di storia.
Domanda: Quali sono stati i momenti chiave in cui l’intervento di Bankitalia è stato decisivo?
Risposta: «Ne racconto tre. Il primo riguarda il decennio ottanta. Ciampi, che diventò governatore della Banca d’Italia in una fase drammatica, con il suo predecessore Baffi dimissionario e l’inflazione oltre il 20%, riuscì a portare quest’ultima al 5-6% grazie a un netto cambio di marcia della politica monetaria. Gli strumenti furono il “divorzio” tra la Banca d’italia e il Tesoro, avvenuto con lo scambio di lettere tra Ciampi e Andreatta, e l’uso dei tassi di cambio, solo in parte ingabbiati nello SME, come arma per contenere l’inflazione: ricordo la sua dura opposizione al Governo nel 1980 in merito alla svalutazione della lira. Un'altra data importante è il 1992, ma in negativo: in un momento di grande crisi politica e valutaria, l’appello di Ciampi all’austerità fiscale non venne ascoltato e l’Italia uscì dallo Sme. Fu una sconfitta per tutti. Da ultimo, la crisi dei debiti sovrani europei del 2010-2012 che portò, più che a un’unione bancaria, a un’uniformizzazione delle vigilanze bancarie prevalentemente al modello tedesco. Si introdusse il principio del bail in: le banche non potevano più essere salvate con soldi pubblici e neanche privati. Fu un momento complicatissimo per l’Italia».
D: Qual è, oggi, il ruolo della Banca d’Italia?
R:«Da almeno sessant’anni la Banca d’Italia è uno straordinario centro di studi economici: è un eccellente promotore ed elaboratore di cultura economica. Questo è un unicum nel panorama europeo; la Bundesbank, ad esempio, è un’eccellenza nell’analisi statistica ma meno in quella economica.Poi ha ancora parte delle sue funzioni tipiche, la politica monetaria, ossia il controllo della quantità di denaro in circolazione, e la vigilanza bancaria, ma estese all’intera area dell’euro. È come se queste funzioni fossero “condominiali”, con la Bce amministratore di un condominio che si chiama Sistema europeo delle banche centrali. Nell’organo decisorio della Bce siedono i governatori delle banche centrali nazionali; se da un lato c’è stato un ridimensionamento del ruolo della Banca d’Italia rispetto a quando c’era la lira, dall’altro, almeno per quanto concerne la politica monetaria, il suo ruolo si è espanso, visto che contribuisce a decisioni che riguardano tutta l’Unione Europea, non solo l’Italia come un tempo».
D: È stato dichiarato ammissibile l’emendamento 1.1 della manovra. Questo, in merito alle riserve auree di Bankitalia, recita: “appartengono allo Stato in nome del popolo italiano”. Cosa ne pensa?
R:«Non capisco a cosa serva e a cosa miri. L’emendamento, qualora diventasse norma di legge, si scontrerebbe inevitabilmente con il diritto europeo. I Trattati europei affermano che le riserve auree sono di proprietà delle banche centrali e ne vietano l’utilizzo nel bilancio pubblico. Mi domando perché innescare questo conflitto con l’Europa per affermare un principio di fatto già rispettato: a ben vedere, nella pratica è ovvio che le riserve auree appartengano al popolo, perché una banca centrale è un ente pubblico, detiene e gestisce l’oro nell’interesse dei cittadini».
D: Siamo ancora a uno stadio iniziale ma, se diventasse legge, quale reazione bisogna aspettarsi dall’Europa?
R:«L’Europa reagirà come il diritto europeo prevede. Mi aspetto una reazione istituzionale, più che politica. Insomma, se questo emendamento divenisse una norma dell’ordinamento italiano, mi aspetto abbia vita difficile».