Robot umanoidi, le 50 azioni su cui puntare prima della nuova ondata tech
Robot umanoidi, le 50 azioni su cui puntare prima della nuova ondata tech
La robotica umanoide è in rapido sviluppo, ma con sfide logistiche e tecnologiche. Gli investimenti più interessanti per Derek Yan, senior investment strategist di KraneShares, sono nelle aziende della supply chain e nei fornitori di componenti chiave. Ecco quali

di Francesca Gerosa 05/12/2025 20:00

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Tra l’euforia tech e i timori per una bolla AI, gli investitori trascurano il fatto che l'intelligenza artificiale sta già avendo risultati concreti in comparti come la robotica umanoide, un tema che apre opportunità di investimento interessanti. Un mercato che, secondo le stime di Goldman Sachs, può crescere a un tasso annuo del 41,8%, un ritmo paragonabile alle prime fasi di diffusione degli smartphone. E superare i 150 miliardi di dollari di ricavi annui entro il 2035.

Dietro questa rivoluzione non ci sono solo le Magnifiche 7, ma un ecosistema industriale articolato che si estende lungo tutta la catena del valore: dalle società che estraggono terre rare necessarie ai componenti elettronici, a quelle che sviluppano sensori, attuatori, semiconduttori e software di intelligenza artificiale in grado di far «percepire e apprendere» alle macchine. Le applicazioni si moltiplicano rapidamente: fabbriche automatizzate, centri logistici intelligenti, strutture sanitarie dove i robot supportano medici e pazienti, fino agli ambienti domestici, dove la robotica umanoide entra nella vita quotidiana.

La sfida è l’ultimo miglio dell’automazione

Una nuova frontiera, quella in cui la tecnologia assume forma, funzione e impatto reale sull’economia e sulla società. «Ma tanto nuova non è. Infatti, la nostra società ha già ampiamente utilizzato la robotica negli ultimi 20 anni. Basta pensare agli strumenti di automazione nelle fabbriche. Ma penso che la vera sfida sia l’ultimo miglio dell’automazione», sottolinea a Milano Finanza Derek Yan, senior investment strategist di KraneShares. «In molte fabbriche, infatti, c’è ancora carenza di manodopera. I robot umanoidi possono essere la soluzione per due motivi. Primo, l’hardware altamente performante e di livello avanzato consente ai robot umanoidi di eseguire movimenti più articolati e di essere più flessibili. Secondo, l’intelligenza. Usare l’AI per addestrare l’umanoide a essere abbastanza intelligente da svolgere più attività invece di un solo compito».

Lo si vede già in molte aziende automobilistiche che hanno schierato i loro robot nelle linee di produzione perché possono sollevare pesi notevoli, muovere oggetti nei magazzini, gestire lo smistamento nei centri logistici, persino fare consegne, come il programma di Amazon. Questo è il fronte industriale. Ma anche a livello dei servizi si vede già molta robotica: «in ristoranti, hotel…e ce ne saranno sempre di più. Vedremo robot nelle case di cura, per prendersi cura degli anziani, nei negozi. Quando ero in Cina, ho visto un bar a gestione completamente automatizzata. Ci saranno applicazioni anche in campo farmaceutico per ridurre l’errore umano», prevede Yan.

Senza dimenticare che molte famiglie, soprattutto con figli, vorrebbero avere un aiuto a casa, ma è molto costoso. In questo senso, confrontato al leasing di un’auto, affittare un robot risulta più utile. Tanto che Morgan Stanley ritiene che il mercato degli umanoidi possa raggiungere quasi 5.000 miliardi di dollari a livello globale entro il 2050. Una previsione che presuppone continui miglioramenti nell’efficienza dei costi, nella mobilità e nell’AI. Lo sa bene Elon Musk che conta di produrre 1 milione di unità dell'androide Optimus entro il 2030.

Il collo di bottiglia nella supply chain

L’industria sarebbe pronta per la produzione di massa. Ma attualmente c’è un collo di bottiglia nella supply chain: «i costi di produzione di tutti i componenti sono ancora piuttosto alti. Infatti, per avere un buon robot umanoide servono molti componenti per consentire i cosiddetti gradi di libertà, ovvero il numero di movimenti indipendenti che le sue articolazioni possono compiere. Serve, quindi, un gran numero di motori, sensori, cuscinetti, riduttori. Questo rende difficile parlare di milioni di robot umanoidi».

Il cervello in Usa

Oltre a centinaia di startup, negli Stati Uniti ci sono Figure AI e Apptronik che operano in questo settore. In Cina Unitree, Ubitech, AgiBot, ma anche le tradizionali case automobilistiche in Europa, Giappone, Corea del Sud cercano di fare produzione di massa con i robot. Peccato che nella catena di approvvigionamento alcuni componenti siano dominati da poche aziende.

Per questo, secondo l’esperto di KraneShares, questi componenti sono il collo di bottiglia e rappresentano opportunità di investimento interessanti. Ad esempio, Nvidia fornisce il cervello dei robot umanoidi con la sua piattaforma Isaac GR00T, una suite di modelli fondamentali di AI aperti e personalizzabili progettati specificamente per il ragionamento e le abilità generalizzate degli umanoidi.

Il modello GR00T N1 presenta un’architettura a doppio sistema ispirata alla cognizione umana, che combina un processo decisionale rapido e riflessivo con un ragionamento più lento e deliberato, consentendo ai robot di adattarsi, apprendere ed eseguire compiti complessi in ambienti dinamici. Questo cervello AI è addestrato su enormi dataset, inclusi movimenti reali e sintetici. Gli sviluppatori utilizzano gli strumenti di simulazione di Nvidia, come Isaac Sim e Isaac Lab, per addestrare e validare il comportamento robotico in ambienti virtuali prima del dispiegamento nel mondo reale, accelerando il percorso verso umanoidi veramente capaci.

Il movimento

Mentre Regal Rexnord è un produttore Usa specializzato in componenti per automazione e controllo del movimento, fornisce motori ad alte prestazioni, cuscinetti e riduttori che permettono movimenti simili a quelli umani. Invece Melexis NV con sede in Belgio e presente in Paesi come Francia, Germania, Svizzera e Stati Uniti, sviluppa tecnologie sensoriali avanzate come il sensore tattile Tactaxis ed encoder magnetici ad alta risoluzione che conferiscono ai robot il senso del tatto. Questi sensori compatti, robusti ed economici, capaci di rilevare variazioni di forza minime e immuni alle interferenze magnetiche, sono fondamentali per compiti che richiedono destrezza e sensibilità.

I materiali critici

Al contempo gli androidi dipendono da terre rare come neodimio e disprosio. La natura concentrata della catena di fornitura di questi materiali rappresenta un rischio strategico e un’area critica per garantire una produzione sostenibile. In quest’ottica MP Materials è cruciale per l’industria statunitense degli umanoidi poiché è l’unico produttore nazionale di metalli e magneti di terre rare, in particolare magneti in neodimio-ferro-boro, indispensabili per gli attuatori potenti degli androidi. Serve anche molto capitale per progettare e preparare la supply chain.

Non c’è un leader

È troppo presto per sapere chi sarà il numero uno. «Nella prima fase ci saranno 20-50 marchi che produrranno umanoidi specializzati: alcuni per le fabbriche, altri per i magazzini, altri ancora per i servizi. Con l’evoluzione tecnologica, gli umanoidi diventeranno più generalisti, capaci di fare molte più cose. Allora il mercato si concentrerà su poche aziende top, che offriranno diversi tipi di robot: industriale, semplice, consumer-friendly, più complesso», precisa Yan. 

La missione di KraneShares è fornire accesso globale a queste opportunità. La società ha creato un Etf sui robot umanoidi, quotato prima al Nasdaq e poi a Londra e in Italia. Investe non solo negli Stati Uniti, ma anche in Cina, Giappone ed Europa dove ci sono aziende leader nella produzione avanzata di semiconduttori per auto e sensori che stanno ora orientando il loro business verso la robotica umanoide. Alcune eccellono nei componenti specifici come i cuscinetti. Schaeffler Ag è una di queste.

«È comunque difficile prevedere i vincitori, anche perché non c’è una società dominante, come Apple o Nvidia. Meglio un approccio a paniere», suggerisce Yan, convinto che con più investimenti nella supply chain e in tecnologia, i costi diminuiranno. Alcune aziende cinesi lo stanno già facendo: per funzioni semplici il prezzo è calato a poche migliaia di dollari, per robot più complessi a 20.000 dollari. «Grazie alle economie di scala, il prodotto finale diventerà più accessibile. La 1X Technologies, azienda norvegese-americana di robotica e intelligenza artificiale che sviluppa robot umanoidi per ambienti domestici, ad esempio, consegnerà il Neo a soli 499 dollari al mese, simile al leasing di un’auto. Il futuro è già qui».

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