Mentre il mondo guarda con preoccupazione ai titoli dell’intelligenza artificiale, che scambiano a multipli di tre cifre, in Europa sono stati presentati nei mesi scorsi due piani fondamentali che possono ridurre lo sconto storico con cui le azioni del Vecchio Continente scambiano rispetto a Wall Street. Ad oggi il rapporto prezzo/utili corrente dell’S&P 500 è di 27,3 volte contro le 16,9 volte delle azioni europee più capitalizzate. I due progetti di rilievo sono quello della Germania del cancelliere Friedrich Merz e il piano di riarmo dell’Unione Europea.
Il primo prevede un fondo speciale da circa 500 miliardi in un arco di 10-12 anni destinato a infrastrutture, digitalizzazione e transizione climatica. Il secondo mira a ridurre le divergenze sul fronte della Difesa fra Europa e Usa e prevede un mix di misure finanziarie, alcune nazionali, altre comunitarie, per mobilitare risorse fino a 800 miliardi di euro entro il 2030.
Sull’avvio concreto di questi due progetti scommette Lorenzo Batacchi, docente e socio di Assiom Forex, la principale associazione finanziaria italiana che raccoglie le grandi banche. Batacchi ha illustrato nei giorni scorsi le attese 2026 dell’associazione sottolineando che se riparte l’economia tedesca a breve ne beneficia senza dubbio anche l’Italia a partire dal settore industriale. La tabella allegata presenta in tal senso una selezione di 20 azioni europee, 4 delle quali italiane (Buzzi, Leonardo, A2A, Italgas) che possono beneficiare dei due progetti citati, titoli con un rapporto prezzo/utile minore di 30 (ben più contenuto dei multipli negli Usa) e un ritorno sul capitale proprio in doppia cifra (il roe misura quanto utile genera una società per ogni euro investito), ovvero sopra il 10%. I valori più alti di redditività in tal senso si trovano in due società tedesche, Hochtief (roe di 58,6, costruzioni e infrastrutture) e Tui (58,5, uno dei più grandi gruppi turistici al mondo). La tabella riporta anche il consenso degli analisti raccolto da Bloomberg sul prezzo obiettivo (target price) e la distanza del titolo da quel prezzo. Nel caso di Hochtief, per esempio, l’azione è già andata oltre, ma nel caso di Tui la società scambia il 34,5% sotto il consenso. Quanto alle imprese italiane, Leonardo è prezzata in borsa il 22,6% a sconto sul consenso nonostante il titolo sia cresciuto del 63% nel 2025. Il roe in questo caso è dell’11,56%.
«In Europa lo scenario resta complesso», spiega Batacchi, ma emergono «tante opportunità. Se il mercato americano resterà il riferimento, l’Eurozona, dopo tre anni consecutivi di performance positive (un fatto che non accadeva dal 2017), potrebbe sorprendere anche nel 2026». Quest’anno si è verificato già un importante rerating, aggiunge l’esperto, indicando il rialzo dei multipli degli ultimi mesi, di fatto un’anticipazione della crescita attesa degli utili per azione del 2026. Tuttavia, il prossimo anno potrebbe segnare una nuova fase di crescita, mette in evidenza Batacchi, stimolata da quattro fattori: «il primo è la ripresa degli utili (+7/10%), il secondo, come si è visto l’espansione fiscale tedesca, il terzo il piano ReArm Europe, il quarto riguarda invece gli investimenti per elettrificazione e reti. In questo caso sono attesi circa 2.000 miliardi di euro nei prossimi anni tra infrastrutture e generazione pulita».
L’Europa, come emerge dai multipli, partirà l’anno prossimo ancora una volta con valutazioni «più basse rispetto agli Usa: lo sconto è vicino ai massimi storici». In questo caso il posizionamento del portafoglio resta per così dire leggero, di fatto meno dipendente da poche megacap legate all’intelligenza artificiale, andando così nella direzione di una rotazione settoriale che i mercati del Vecchio Continente hanno già iniziato a vedere. «I settori ciclici e le aziende che hanno sottoperformato nel 2025, viste le basse valutazioni, potrebbero offrire buoni rapporti di rischio/rendimento», nota Batacchi.
I rischi sottostanti a questa visione del 2026 sono i ritardi negli stimoli fiscali, una forte volatilità sull’euro con un’ulteriore impennata o una ripresa forte delle tensioni sui dazi fra Stati Uniti ed Unione Europea. I mercati continueranno a osservare da vicino l’instabilità politica nel Regno Unito e in Francia. Per contro, l’Italia sta beneficiando negli ultimi mesi di una promozione da parte delle agenzie di rating e un miglioramento della crescita in Germania può essere di traino all’economia e agli stessi Btp.
Certo, le decisioni delle banche centrali restano fondamentali nel definire il quadro entro cui si muove l’Europa. Secondo Batacchi, il 2026 dovrebbe aprirsi con banche centrali impegnate a «gestire la fase finale della normalizzazione monetaria e delle loro attività di quantitative tightening. Negli Stati Uniti, la Fed dovrebbe avvicinarsi al tasso neutrale (non stimola e non frena l’economia, ndr) stimato intorno al 3%, dopo una fase di graduali riduzioni nel 2025». Quanto invece alla Bce, dopo aver riportato il tasso di riferimento al 2% nel 2025, un livello ritenuto coerente con le condizioni economiche e con le recenti dinamiche inflattive, Francoforte ora mantiene un approccio data dependent, ovvero assume le decisioni sui tassi in base agli ultimi aggiornamenti sull’economia dell’Eurozona, con l’obiettivo di «preservare la disinflazione senza ostacolare la crescita. Il tasso al 2% riflette una posizione di neutralità monetaria che offre alla Bce margini di flessibilità in base all’evoluzione del quadro congiunturale», conclude Batacchi. (riproduzione riservata)