Quelle regole sugli investimenti delle Casse di previdenza in ritardo di 14 anni. Ora ci sono: funzioneranno?
Quelle regole sugli investimenti delle Casse di previdenza in ritardo di 14 anni. Ora ci sono: funzioneranno?
Un regolamento cruciale per le casse previdenziali autonome italiane ha atteso 14 anni per essere emanato, sollevando dubbi sulla gestione governativa e l’efficienza dei controlli sugli investimenti pensionistici. Il caso dell’Epap

di di Sergio Rizzo 18/07/2025 20:00

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Accadono cose, in Italia, che non hanno spiegazioni apparenti nel normale funzionamento della gestione governativa di un Paese democratico. Che dovrebbe essere, per inciso, anche fra i più avanzati del pianeta. Accade che un regolamento fondamentale per assicurare il corretto funzionamento di una fetta rilevante della previdenza, a cominciare dal modo in cui devono essere investiti i soldi degli iscritti alle casse pensionistiche autonome, debba aspettare 14 (quattordici) anni per essere emanato.

I contenuti del provvedimento sono stati rivelati giovedì 17 da MF-Milano Finanza, e l’articolo di Andrea Deugeni fa ben capire l’impatto che avrà sul sistema finanziario, considerando che gli attivi delle casse previdenziali - dall’Enasarco all’Enpam passando per Cassa forense, Inarcassa ed Epap - ammontano alla cifra astronomica di 124 miliardi. Una somma paragonabile al 13% della capitalizzazione della borsa italiana. Per non parlare del fatto che sono interessate anche le casse previdenziali delle quali si è parlato a proposito del loro possibile coinvolgimento nella scalata del Monte dei Paschi di Siena a Mediobanca con Francesco Gaetano Caltagirone e gli eredi di Leonardi Del Vecchio.

Quattordici anni di attesa per un regolamento

Pensate che quel regolamento era previsto da luglio del 2011: articolo 14, comma 3, del decreto legge 98, del 6 luglio 2011. Sull’ultimo governo di Silvio Berlusconi stavano già scorrendo i titoli di coda. Imperversava la crisi finanziaria, lo spread fra i titoli di stato italiani e i bund tedeschi galoppava e avrebbe raggiunto il massimo a novembre. Ma tutti i tentativi di salvare il salvabile vennero travolti da una situazione senza precedenti. Il decreto 98 subì il medesimo destino. L’articolo 14 prescriveva che entro sei mesi il ministero dell’Economia e del Lavoro, sentita la Covip, avrebbero dovuto sfornare per decreto le regole cui le casse previdenziali autonome si sarebbero dovute adeguare.

Si trattava di evitare i conflitti d’interessi degli amministratori e i rischi di investimenti finanziari spericolati, che già all’epoca avevano colpito i conti di alcuni fondi pensionistici privati. Ma le regole non furono mai emanate. Non lo fece il governo Berlusconi, che aveva altro per la testa. Ma non lo fece neppure il successivo esecutivo di Mario Monti. Né quello seguente di Enrico Letta. Neppure i governi di Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte uno e due. E neanche quello di Mario Draghi.

Il regolamento, o meglio l’idea di farlo, rispuntò a dicembre 2022 nella prima finanziaria di Giorgia Meloni. L’ha ricordato pubblicamente qualche giorno fa la presidente della sezione di controllo sugli enti della Corte dei conti, Manuela Arrigucci, aggiungendo che secondo il comma 311 dell’articolo 1 di quella legge di bilancio il regolamento doveva essere scritto entro la metà del 2023. Due anni fa. Ma tant’è.

C’è da domandarsi come sarebbero andate le cose se quel provvedimento fosse stato emanato nel 2011. Le cronache hanno riferito negli anni vicende incresciose su certi infortuni capitati alla casse. Come una presunta truffa che avrebbe colpito ormai più di un decennio fa pure il fondo previdenziale dei giornalisti, oltre a quello dei medici e dei ragionieri. Mentre altre casse, ben più recentemente, non sono state risparmiate da dure polemiche.

Il caso Epap: dimissioni e polemiche

Per esempio l’Epap, l’Ente di previdenza e assistenza pluricategoriale cui aderiscono circa 33 mila fra chimici, attuari, agronomi e geologi. Le dimissioni del vicepresidente Francesco Russo, accompagnate dalla dichiarazione di sfiducia di alcuni consiglieri nei confronti del presidente, hanno provocato un terremoto finito anche in parlamento. Dove la commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali si è occupata dei rilievi di presunte irregolarità nei procedimenti elettorali per la scelta dei consiglieri, con uno strascico riguardante le contestazioni dell’opposizione interna al presidente sulla scelta della società incaricata di gestire il voto elettronico.

I rivoltosi hanno messo a verbale pesanti rimostranze. Sostengono che il rendimento degli investimenti è risultato negli ultimi quattro anni in media inferiore all’1% annuo. Che il patrimonio si sarebbe ridotto di 37 milioni negli ultimi due anni. Che ci sarebbero ben 180 milioni di liquidità giacente non investiti. E che i crediti nei confronti degli iscritti avrebbero toccato 123 milioni alla fine del 2024.

Investimenti nel settore immobiliare: il Fondo Pai

L’indice è puntato soprattutto verso alcuni investimenti nel campo immobiliare. Per esempio nelle quote del fondo statunitense Optimum Evolution fund. Acquistate nel 2013, insieme ad altre istituzioni finanziarie, con un costo di 10,7 milioni di euro, il valore residuo sarebbe sceso a 400 mila euro. Ed è una consolazione assai scarsa il fatto che fra quegli enti incappati al pari dell’Epap nello scivolone ci sia anche lo Ior, cioè la banca del Vaticano.

Pesanti lamentele riguardano anche la gestione dell’investimento nel Fondo Pai (parchi agroalimentari italiani). Almeno se è vero che il comparto A del Fondo, quello relativo al progetto Fico di Bologna, avrebbe già perso il 60%. Vedremo come andrà a finire questa storia, che ha però bisogno di essere chiarita fino in fondo per il rispetto dovuto agli iscritti e ai loro soldi versati per garantire le pensioni.

Trasparenza e controlli 

Ora quel regolamento dovrebbe garantire più trasparenza e prudenza negli investimenti. Ma molte questioni restano aperte, come l’efficienza dei controlli. E certo non si possono dimenticare le polemiche seguite alla nomina da parte del governo Meloni del nuovo presidente della Commissione di vigilanza sui fondi pensione, l’ex parlamentare di Forza Italia Mario Pepe, medico. Le cui competenze (è un medico endocrinologo) sono state contestate dall’opposizione. Senza esito. (riproduzione riservata)