Mossa a sorpresa di Brembo, che mette la parola fine alla possibile aggregazione con Pirelli. Il colosso dei freni controllato dalla famiglia Bombassei e guidato da Matteo Tiraboschi ha piazzato sul mercato tutta la quota del gruppo degli pneumatici presieduto da Marco Tronchetti Provera. Infatti, attraverso una procedura di accelerated bookbuilding curata da Bnp Paribas, Brembo ha ceduto a investitori istituzionali 55,8 milioni di azioni ordinarie detenute in Pirelli, corrispondenti al 5,58% del capitale sociale, a un prezzo di 5,07 euro per azione.
Incasso pari a 282,9 milioni e plusvalenza modesta
Il corrispettivo complessivo, in un momento in cui i mercati hanno iniziato a scontare pesantemente la crisi del settore auto, è pari a 282,9 milioni, dunque con uno sconto di circa il 5% rispetto alla chiusura di martedì primo ottobre quand’è stata annunciata l’operazione di abb. La plusvalenza è di circa 73 milioni. A maggio, in un’operazione fotocopia, Silk Road Fund, il fondo di orientamento del governo di Pechino attivo per promuovere maggiori investimenti, aveva ceduto il proprio 9,02% con uno sconto di circa l'8% sui corsi di Piazza Affari.
Camfin e Marco Tronchetti Provera&C rafforzano il controllo su Pirelli
Con Brembo uscita dal capitale di Pirelli, Marco Tronchetti Provera&C, Camfin e Camfin Alternative Assets hanno annunciato il 2 ottobre di aver perfezionato l’acquisto del 2,5% del capitale del gruppo bergamasco da parte di Camfin Alternative Assets. In seguito a tale operazione, la catena di controllo che fa capo a Mtp detiene il 25,28% dell’azienda, «rinsaldando così il ruolo di Camfin e Mtp quali azionisti stabili e ribadendo la fiducia e l’impegno nel sostenere i progetti industriali di Pirelli», recita il comunicato. I cda delle società coinvolte hanno, inoltre, dato il via libera ad acquisti per un ulteriore rafforzamento fino a una partecipazione massima del 29,9% del capitale, poco sotto la soglia d’opa, nel corso dei prossimi 24 mesi.
Il primo ingresso in Pirelli da parte di Brembo risale a marzo 2020, con una quota del 2,4% circa, percentuale poi aumentata fino a superare il 5% del capitale a luglio del 2022, alimentando una serie di voci su una possibile fusione o integrazione tra i due gruppi, che avrebbero potuto creare un polo di eccellenza nell’automotive tutto italiano con una capitalizzazione prossima ai 12 miliardi.
L’ingresso di Brembo a tutela della tecnologia italiana
Lo scorso anno Camfin e Brembo si erano anche legati nel capitale - in funzione anti-cinese - con un patto di consultazione, salito al 28,78% dopo che il fronte italiano si è rafforzato ulteriormente a maggio scorso quando Camfin ha aspettato che vendesse Silk Road per acquistare un ulteriore 2,2% di Pirelli. All’accordo Bombassei aveva apportato un altro 0,42% della Bicocca in pancia al veicolo Next Investments.
All’epoca dell’ingresso del gruppo bergamasco, però, gli equilibri nell’azionariato di Pirelli erano ben diversi dagli attuali. Tronchetti non aveva ancora incassato l’assist del governo tramite il golden power che ha tenuto fuori dalla governance il colosso di Pechino Sinochem, primo azionista con il 37%.
L’investimento di Brembo, perciò, era stato visto all’epoca come un ulteriore sinonimo di garanzia di italianità, una sorta di blocco tricolore a tutela della preziosa tecnologia di Pirelli. Una comunione di intenti che sarebbe dovuta sfociare nell’aggregazione tra i due gruppi. Chi conosce bene la famiglia Bombassei sa che non avrebbe mai portato avanti un investimento, tramite Brembo, senza alcun presupposto di tipo industriale, nonostante da Bergamo abbiano sempre però classificato la partecipazione come «finanziaria». Per questo motivo, l’uscita da Pirelli mette una pietra tombale su possibili nozze. Il motivo? Proprio il cambio di contesto.
Il golden power, l’estromissione di Sinochem dalla governance e il cambio di visione strategica di Tronchetti
Secondo quanto ricostruito da MF-Milano Finanza, pare che dopo il golden power il numero uno di Pirelli abbia cambiato visione strategica, diventando sempre più restio a una condivisione della tolda di comando. Da parte sua Brembo, pur avendone disponibilità, avrebbe scelto di non intavolare alcun dialogo con i cinesi di Sinochem per salire nel capitale, rilevando quote di Pechino e calcando la mano. Uno sgarbo che la famiglia Bombassei non avrebbe mai fatto a Tronchetti. Come se non bastasse, la guerra fredda tra i due soci avrebbe rischiato anche di diventare un terreno troppo scivoloso per un gruppo come Brembo, che peraltro ha notevoli interessi industriali in Cina.
Anche dal quartier generale di Tronchetti Provera trapela una certa sorpresa per la mossa del gruppo di Tiraboschi: non erano stati informati della vendita nè però dovevano esserlo in quanto non vi era un obbligo di comunicazione fra i due soci. (riproduzione riservata)