Piazza Affari 2025, delisting a raffica: 2,5 miliardi in fuga e 10 opa già pronte per il 2026
Piazza Affari 2025, delisting a raffica: 2,5 miliardi in fuga e 10 opa già pronte per il 2026
Nel 2025 hanno lasciato Piazza Affari 29 società, con 2,5 miliardi di euro di capitalizzazione persa. Le ipo sono state 21 per un valore complessivo di 593 milioni

di di Elena Dal Maso 26/12/2025 17:40

Ftse Mib
44.606,58 23.50.42

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Dax 30
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Euro/Dollaro
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I numeri fanno senza dubbio riflettere: il 2025 si chiude con 21 quotazioni a Piazza Affari concentrate nel settore Egm, che raccoglie le piccole e medie imprese. La capitalizzazione complessiva delle società che sono sbarcate era di 593 milioni il giorno del debutto, un dato che si confronta con i 2,54 miliardi dei titoli soggetti a delisting, ovvero le società che hanno lasciato la borsa nell'anno che sta per concludersi. Il rapporto è di 1 euro di nuovo accesso ogni 4 euro in uscita. Queste ultime sono avvenute per lo più con offerte pubbliche mentre in qualche caso è stata Borsa Italiana a decidere, davanti a situazioni di bilancio complicate. I due casi più rilevanti di opa con delisting sono quello di Intermonte, inglobata da Banca Generali, e dell’offerta di Banca Ifis su Illimity Bank.

Più delisting di ipo

«Il dato negativo è che per la prima volta da anni opa e delisting sono state superiori alle ipo», commenta Giovanni Natali, amministratore delegato di 4Aim (gruppo Ambromobiliare): «Mit Sim, sempre del gruppo Ambromobiliare, si conferma leader di mercato come numero di operazioni nel segmento Egm, 4, non a caso insieme ad EnVent i due protagonisti del mercato con caratteristiche diverse: EnVent leader nella ricerca e Mit sim come Specialist... sembrano fatti apposta per un'alleanza strategica».

I calcoli, però, non finiscono qui, perché negli ultimi mesi dell’anno sono state annunciate altre dieci operazioni straordinarie che, se andranno a buon fine, prosciugheranno la borsa di Milano di ulteriori 2 miliardi di euro.

La più importante di queste sarà complicata, perché riguarda la proposta di Tether nei confronti della Juventus, rimandata subito al mittente dalla famiglia Elkann-Agnelli che controlla la società di calcio. Ma potrebbe essere riproposta nel 2026 ad un prezzo più alto, per allettare gli azionisti. Il gigante delle criptovalute guidato da Giancarlo Devasini e Paolo Ardoino, già azionista con l’11,5% del club bianconero, ha presentato a metà dicembre a Exor un’offerta vincolante non sollecitata per acquistare l’intera quota del 65,4% in mano alla holding della famiglia Elkann-Agnelli. Il prezzo proposto è stato di 2,66 euro per azione, interamente in contanti, con un premio del 20,74% rispetto al valore di borsa del giorno precedente e che incorporava una valutazione del club di 1,1 miliardi di euro??????. Nel frattempo, il titolo Juventus è salito 2,88 euro, mentre il mercato spera forse in un rilancio.

Se la squadra bianconera storicamente in portafoglio alla famiglia torinese dovesse lasciare Piazza Affari nel 2026, se ne andrebbe almeno un miliardo di euro di capitalizzazione a fronte di un numero sempre più ridotto di quotazioni concentrate fra pmi che faticano a raccogliere anche solo dieci milioni di equity.

Tra le operazioni già annunciate ma non completate nel 2025 (vedi tabella), compare anche la doppia ops di Ambromobiliare su Mit Sim e 4Aim, le tre società sono tutte quotate sul segmento Euronext Growth Milan. «Abbiamo annunciato due ops per creare il gruppo Ambromobiliare attraverso il cosiddetto Progetto Highlander», riprende Natali. «E ora siamo in attesa di autorizzazione da parte della Banca d’Italia».

NextChem e Praexidia

Quanto al 2026, esiste la possibilità che sia l’anno dello sbarco in borsa di NextChem, la controllata di Maire Tecnimont attiva nelle tecnologie sostenibili, partecipata da Azimut Libera Impresa Sgr. La società starebbe preparando il percorso verso una possibile quotazione puntando a una valutazione intorno a 2 miliardi.

L’inizio del 2026 vedrà un’ipo molto particolare a Piazza Affari sempre nel segmento Egm: quello della piattaforma Praexidia, il polo della Difesa. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza la fondazione omonima guidata da Pierluigi Paracchi con Giuseppe Orsi e Gianni Letta quoterà la società all’inizio di gennaio. Si tratta di un veicolo pensato come soggetto aggregatore di piccole e medie imprese italiane che operano nel settore della Difesa, soprattutto non quotate (che sono la maggioranza) ma anche già quotate. Man mano che i promotori di Praexidia individueranno le imprese da acquisire, effettueranno di volta in volta aumenti di capitale ad hoc. Il primo, nei prossimi mesi, potrebbe essere attorno a un centinaio di milioni di euro per sostenere una o due operazioni di acquisizione.

Arriva il fondo Mef-Cdp

Il 2026 è l’anno dello sbarco in borsa del progetto Fnsi (Fondo Nazionale Strategico Indiretto) del Mef, un umbrella fund con un regolamento unico e una decina di fondi singoli, gestiti da banche, assicurazioni ed sgr, che andranno a investire nelle piccole e medie imprese di Piazza Affari caratterizzate da scarsa liquidità e un numero ridotto di scambi. Lo scopo del progetto è di sostenere il valore, depresso, delle pmi quotate evitando, come si è visto nel 2025, che vengano poste sotto opa magari a prezzi di super saldo.

L’Fnsi dovrebbe partire da giugno 2026 con una dotazione minima di 750 milioni di euro, di cui il 49% apportato da Cdp. Già alcuni fondi sono stati approvati da Consob e sono attualmente in raccolta fra gli investitori istituzionali. Si tratta di quelli messi a punto da Intesa Sanpaolo, Generali, Equita Sim, Algebris, Arca e Anima.

Il regolamento del fondo prevede che Fnsi investa una quota prevalente, almeno pari al 70% delle masse gestite, in titoli azionari quotati in mercati regolamentati. Gli emittenti devono essere di piccola e media capitalizzazione e non far parte dell’indice Ftse Mib. In questo 70% rientra anche l’Egm, il segmento delle imprese più piccole per le quali è stato pensato questo progetto fin dall’inizio. Il fondo può investire una quota non prevalente, fino al 30%, in titoli azionari quotati in mercati regolamentati di società con un fatturato superiore a 50 milioni di euro e in titoli di debito emessi dall’Italia (Btp), da Paesi dell’Ue e dalla Commissione Europea. (riproduzione riservata)