La rete territoriale è oggetto di interventi nel settore bancario, ma non solo: anche la Banca d'Italia progetta nuove misure per le sue dipendenze. Un piano non ancora definitivo prevede, da un lato, la soppressione, dopo quelle attuate negli anni, di altre due dipendenze, la sede di Livorno e la succursale di Brescia; dall'altro, una serie di misure che modificano in alcuni casi, in altri rafforzano i compiti delle dipendenze, in particolare insediate nei capoluoghi di provincia, con l'attribuzione di funzioni in materia di vigilanza, educazione finanziaria, tutela del consumatore, in questo caso risparmiatori e prenditori di crediti, rapporti con le istituzioni del territorio: servizio al cittadino e relazioni con le comunità e gli enti sono gli obiettivi rafforzati del progetto che si dovrà attuare secondo una logica di gradualità. Da 38 il numero delle filiali scenderà a 36, ma con un'immagine diversa.
Trasformazioni alla rete
È, questa, la risposta che viene progettata alle trasformazioni istituzionali, funzionali e operative che sono in atto e pongono anche problemi di efficienza e tempestività nell'operare. In effetti, le trasformazioni subite dalla rete nell'ultimo quindicennio sono rilevanti. Agli inizi degli anni ‘90 le filiali dell'istituto erano insediate in ogni capoluogo di provincia. Quando si decise il non insediamento nelle nuove province istituite in quel torno di tempo, e ciò per ragioni di funzionalità, una leggina, che seguii personalmente, necessaria perché la banca svolge il servizio di tesoreria dello Stato, autorizzava di fatto l'eventuale non insediamento, ma a latere si concordava informalmente, a livello istituzionale, che nessuna riduzione del numero delle dipendenze esistenti sarebbe stata attuata in futuro. L'allora governatore Carlo Azeglio Ciampi aveva detto che non avrebbe mai voluto passare alla storia come colui che aveva ridimensionato l'assetto delle filiali.
Il successore Antonio Fazio riteneva che le filiali rappresentassero anche lo Stato nel territorio, con particolare riferimento ad aree particolarmente complesse anche per i fenomeni di criminalità, e riteneva che non bisognasse compiere alcun taglio, ma era necessario rafforzarne i compiti secondo un piano che si stava all'epoca progettando, mirato pure a fare di queste unità valide interlocutrici degli enti territoriali.
Nel seguito, in un contesto in cui nel Sistema europeo di banche centrali a un certo punto sembrò quasi essersi avviata una competizione, sulla base esclusiva dei costi, per stabilire quale istituto aveva tagliato il maggior numero di filiali, secondo studi e complesse valutazioni, si iniziò a tagliare, portando alla fine il numero delle filiali a 38. Diffuse furono le reazioni contrarie di molte comunità locali e da parte di altre istituzioni. Studi comparati venivano prodotti per contribuire a motivare i tagli, trascurando, però, la specificità delle filiali italiane, del loro ruolo, della loro storia.
Mentre ciò avveniva vi era chi - e non certo un quisque de populo - preconizzava per l'Istituto un futuro, sia pure non ravvicinato, di filiale nazionale della Banca Centrale Europea: una chiara forzatura, ma anche un caveat da operazioni riduzionistiche, se non altro per la strumentalizzazione alla quale possono prestarsi. In un tempo lontano la banca aveva anche un numero limitato di agenzie con alcune circoscritte funzioni e pochi addetti, sotto la sovrintendenza di una filiale. Quando si decise di sopprimerle, si rafforzarono i compiti delle filiali e li si estesero al territorio già di competenza delle agenzie.
L’iniziativa In Viaggio con la Banca d'Italia
Oggi la progettazione di misure della specie - qualora le si ritenga assolutamente necessarie benché ciò non sia così semplice da dimostrare - richiederebbe una visione di lungo respiro e il rafforzamento anche con nuove risorse della professionalità occorrenti per le nuove attribuzioni. Il successo che sta avendo l'iniziativa In Viaggio con la Banca d'Italia nelle diverse aree del Paese, coordinata da Paola Ansuini, dimostra l'importanza di una diffusa presenza dell'Istituto nel territorio nazionale, per quel che fa oggi, per la sua storia (cosa diversa dal passatismo), per la sua indipendenza e competenza. Questo deve essere il primum movens di una revisione. (riproduzione riservata)