La manovra 2026 non proroga Quota 103 e Opzione Donna. Come si andrà allora in pensione l’anno prossimo? Quali sono le principali novità previdenziali? La via ordinaria è la pensione di vecchiaia per cui si richiedono 67 anni di età e 20 di contributi, senza finestre. Oltre ai requisiti fin qui elencati, per chi ricade interamente nel sistema contributivo, occorre che la pensione calcolata sia superiore all’assegno sociale (nel 2026 pari a 545 euro mensili). Diversamente occorrono 71 anni e cinque mesi di contributi.
Vi è poi la pensione anticipata con 41 anni di età e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini. Sono invece richiesti 64 anni di età, 20 di contributi e una pensione pari a tre volte l’assegno sociale per i lavoratori del regime contributivo. Per il pensionamento anticipato si prevede una finestra di tre mesi.
Anche nel 2026 si conferma poi per i dipendenti che entro fine anno matureranno il diritto al pensionamento anticipato la possibilità di rimanere al lavoro e di rinunciare al versamento della quota dei contributi a proprio carico (9,19% e 8,85% dell’imponibile pensionistico per i lavoratori dipendenti, rispettivamente, del privato e del pubblico) facendo confluire tali contributi in busta paga esenti da tassazione.
Guardando poi al prossimo futuro la manovra interviene anche sull’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di accesso al pensionamento dal 2027 che, a seguito dell’aumento della longevità registrato nell’ultimo biennio, a legislazione vigente sarebbe pari a tre mesi. La manovra lo limita a un mese nel 2027 e rinvia all’anno successivo l’incremento degli altri due. Per i lavoratori dipendenti addetti a professioni gravose o usuranti l’adeguamento è invece integralmente sospeso fino al 2029.
Per quel che riguarda la previdenza complementare le novità sono numerose: si eleva in primo luogo il limite di deducibilità annuale a 5.300 euro (attualmente è 5.164,57 euro). Con riferimento alle prestazioni finali si rivede poi il limite massimo della quota percepibile sotto forma di capitale che passa dall’attuale 50% al 60%. Si introduce poi la possibilità che i fondi pensione possano erogare una rendita a durata definita o consentire prelievi liberamente determinabili o ancora un’erogazione frazionata del montante accumulato per un periodo non inferiore a cinque anni.
Si introduce, dal 1° luglio 2026, l’adesione automatica per i lavoratori dipendenti del settore privato di prima assunzione verso la forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali o aziendali. Entro 60 giorni dalla data di prima assunzione il lavoratore può scegliere comunque di rinunciare alla adesione automatica e conferire l’intero importo del trattamento di fine rapporto (TFR) maturando ad un’altra forma di previdenza complementare dallo stesso liberamente prescelta o mantenere il TFR in azienda. Tale scelta può essere successivamente revocata e il lavoratore può conferire il TFR maturando a una forma pensionistica complementare.
Innovazione rilevante è poi quella per cui gli statuti e i regolamenti delle forme pensionistiche complementari prevedono che i contributi e le quote di TFR pervenuti con adesioni non esplicite siano investite in percorsi life cycle.
Si amplia poi la platea delle imprese obbligate a versare il TFR non destinato alla previdenza integrativa al Fondo Tesoreria Inps, includendo anche le aziende che superano i 50 dipendenti in anni successivi al 2007, attualmente esclusi. In via transitoria per il biennio 2026-27 tale inclusione è limitata ai datori di lavoro con un numero di dipendenti non inferiore a 60. Dal 2032 è invece prevista l’estensione dell’obbligo del versamento per le aziende con un numero di dipendenti non inferiore a 40.
La legge di bilancio rafforza poi la possibilità dei fondi pensione di investire in infrastrutture. (riproduzione riservata)