Oro, ecco cosa fare con la tassa a sconto
Oro, ecco cosa fare con la tassa a sconto
Il governo pensa di ridurre dal 26 al 12,5% l'aliquota in caso di rivalutazione di lingotti e monete e incassare 2 miliardi utili per la manovra. Le famiglie italiane hanno beni di questo tipo per oltre 160 miliardi. Alcuni suggerimenti per sfruttare l'occasione

di di Anna Messia e Silvia Valente 07/11/2025 21:00

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Fare emergere il valore reale dei lingotti, delle monete e delle placchette in cui hanno storicamente investito milioni di italiani facendo leva su una tassazione scontata; superare gli ostacoli alla cessione dell’oro da investimento utilizzando canali ufficiali; consentire all’erario di incassare quasi 2 miliardi. La formula sull’oro cui sta ragionando il governo, da inserire nella legge di bilancio 2026, sembra vincente per tutti. A lavorarci, come svelato da MF-Milano Finanza nei giorni scorsi, sono esponenti della maggioranza che hanno già messo a punto un emendamento da presentare alla manovra ora all’esame del Senato, ma della questione si starebbe già interessando anche il governo.

Rivalutazione dell’oro scontata al 12,5%

Il testo potrà essere rivisto nei prossimi giorni, con gli emendamenti al ddl Bilancio che andranno depositati entro venerdì 14 novembre, ma c’è una versione che circola già e che prevede in particolare di poter effettuare la rivalutazione dell’oro con un’aliquota a sconto del 12,5%. Il fatto è che, secondo l’attuale regime, dal 2024, all’oro per investimenti viene applicata una tassazione del 26% sulla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto. In pratica si pagano le tasse solo sulle plusvalenze che si riescono ad ottenere da un lingotto o da una moneta d’oro. Ma c’è bisogno di una documentazione che attesti il prezzo di acquisto. Senza quella il 26% si applica sull’intero valore dell’oro, con una penalizzazione evidente anche se non è stata violata alcuna regola. Nella prassi i documenti sono spesso assenti considerando che l’oro, da sempre, è stato un bene rifugio per gli italiani che si è tramandato di generazione in generazioni con investimenti iniziali di cui si sono perse le tracce.

La frenata delle compra-vendite dal 2024

La norma potrebbe quindi essere utile per smobilizzare ricchezza che è rimasta a lungo bloccata visto le norme penalizzanti. «Come avevamo preventivato e segnalato più volte al governo, la paralisi delle vendite c’è stata in particolare dal primo gennaio 2024», ricorda Nunzio Ragno, presidente di Antico, l’associazione nazionale Tutela Il Comparto Oro, organizzazione associativa di categoria dell’intera filiera orafa. Prima di allora, in assenza di una documentazione che accertasse il prezzo di acquisto, la tassa del 26% veniva applicata solo su una base forfettaria del 25% del corrispettivo della vendita. L’aliquota di tassazione effettiva, in altri termini, era pari al 6,5%. Da primo gennaio 2024 il 26%, come visto, è stato invece applicato all’intero valore. «Questo inasprimento fiscale ha reso la cessione di oro da investimento troppo onerosa, in particolare per i molti detentori che non possedevano la documentazione di acquisto», aggiunge Ragno, «bloccando di fatto i flussi di vendita» a danno anche dello stesso Erario.

I vantaggi per le famiglie

L’associazione Antico ha stimato che, dall’entrata in vigore del regime di tassazione più stringente, lo Stato abbia incassato circa il 50% in meno in termini di gettito dalle compravendite di ora da investimenti sullo stesso periodo pre 2024. La nuova norma potrebbe quindi essere utile a far ripartire il mercato, con effetti benefici anche per le casse pubbliche. Per i risparmiatori che aderissero all’affrancamento il valore rivalutato diventerebbe quindi, a tutti gli effetti fiscali, il nuovo costo di acquisto documentato. Pertanto, da quel momento, in caso di eventuali vendite future dell’oro, l’imposta del 26% verrebbe applicata solo ed esclusivamente alle plusvalenze, ovvero alla differenza tra il prezzo di cessione e il nuovo valore. Ma converrebbe rivalutare oggi l’oro considerando che il metallo prezioso ha raggiunto valutazione record, pari a 111 euro a grammo. «Certamente sì, perché l’investimento in oro non viene effettuato con l’obiettivo di un guadagno immediato», risponde Ragno, «è piuttosto una riserva di valore, un bene rifugio acquistato nei momenti di tensioni geopolitiche come quello attuale». Uno strumento di diversificazione degli investimenti «che gli italiani apprezzano sempre di più con una domanda che stra crescendo», continua, «mentre il settore è stato maggiormente regolamentato con l’iscrizione degli operatori in oro al registro tenuto dall’Oam (l’organismo di vigilanza di agenti e mediatori, ndr)».

Per l’Erario il beneficio stimato è di 2 miliardi

Quale l’effetto per le casse dello Stato? Importante considerando la mole di oro da investimento detenuto dalle famiglie italiane. I lingotti, le monete e le placchette in mano ai privati rappresentano il 30% di tutto l’oro privato in Italia. Ovvero 1.200-1.500 tonnellate su un totale di 4.500-5.000 tonnellate complessive. Quindi, con l’attuale quotazione del metallo prezioso di circa 111 euro al grammo, l’oro privato da investimento vale tra 133 e 166 miliardi di euro. Ipotizzando che solo il 10% dei detentori di lingotti, monete e placchette scelga di rivalutarli con il nuovo regime fiscale a sconto, nelle casse pubbliche entrerebbero così tra 1,67 e 2,08 miliardi di euro. (riproduzione riservata)