Mps, ecco quanto incassa ora il ceo Luigi Lovaglio in bonus dopo la fine dei vincoli Ue sugli aiuti di Stato
Mps, ecco quanto incassa ora il ceo Luigi Lovaglio in bonus dopo la fine dei vincoli Ue sugli aiuti di Stato
Con la cessione di più del 50% del capitale di Mps da parte del Tesoro fra il 2023 e il 2024 sono venuti meno gli impegni presi dal governo italiano con Bruxelles. Tra le prime conseguenze c’è stato così lo scongelamento della quota di bonus che il ceo non ha potuto incassare negli anni scorsi

di di Luca Gualtieri 19/03/2025 20:00

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Dopo la privatizzazione per Mps il ceo Luigi Lovaglio può incassare i bonus congelati negli anni scorsi. Lo conferma la relazione depositata per l’assemblea del 17 aprile che voterà bilancio, stipendi e l’aumento di capitale per l’ops su Mediobanca.

La privatizzazione della banca

Con la cessione di più del 50% del capitale di Mps da parte del Tesoro fra il 2023 e il 2024 sono venuti meno gli impegni presi dal governo italiano con Bruxelles in materia di aiuti di Stato per la banca, compresi quelli relativi al tetto alla remunerazione dei manager.

Tra le prime conseguenze c’è stato così lo scongelamento della quota di bonus che il ceo non ha potuto incassare negli anni scorsi. Solo nel 2024 il bonus è stato pari a 1 milione e sarà spalmato su più esercizi, per il 40% in contanti e per il 60% in strumenti finanziari. Nel 2024 – così come per gli anni precedenti – per Lovaglio la remunerazione è stata pari a 473.700 euro.

I punti al voto dei soci

La relazione sulla remunerazione sarà uno dei temi dell’assemblea, nella quale i soci del Monte dovranno nominare i cinque consiglieri cooptati a fine 2024 dopo l’uscita degli esponenti del Tesoro: Alessandro Caltagirone, Elena De Simone, Marcella Panucci, Francesca Paramico Renzulli, Barbara Tadolini, espressione anche dei nuovi azionisti forti tra i quali Delfin e Caltagirone.

Le modifiche all’ops

In vista dell’assise Siena ha aggiornato anche i dettagli dell’ops su Mediobanca. Il numero di azioni è stato aumentato rispetto agli 1,916 miliardi circa inizialmente previsti «a scopo di estrema prudenza e secondo un approccio massimamente conservativo» così da «assicurare capienza» per lo scambio azionario in relazione a una serie di «possibili scenari» che possono incidere sul quantitativo di titoli da scambiare: questi scenari comprendono l’eventuale emissione da parte di Mediobanca di nuove azioni a servizio dei piani di incentivazione di lungo termine e lo stacco del dividendo di 0,86 euro proposto dal cda di Mps all’assemblea.

Il nuovo assetto proprietario

L'eventuale emissione di tutti i 2,23 miliardi di nuove azioni Mps attribuirebbe agli azionisti di Mediobanca il 64% del gruppo post-fusione: Delfin avrebbe così il 15,7%, Caltagirone il 5,3%, il Mef il 4,2%, Mediolanum il 2,1%, Banco Bpm l’1,8% e Anima l’1,4%.

Mercoledì 19 intanto si sono ulteriormente allineati i concambi dell’ops: a chiusura di seduta lo sconto dell’offerta rispetto al prezzo delle azioni Mediobanca si è ridotto allo 0,5%. Le azioni Mps, salite del 24% circa nell’ultimo mese (pur sottoperformando ancora del 20% il settore bancario da inizio anno), hanno chiuso in rialzo del 2,49% a 7,82 euro, mentre quelle Mediobanca hanno guadagnato l’1,06% a 18,1 euro.

Siena ha beneficiato di un report di Deutsche Bank che ha migliorato il giudizio da hold a buy e il target price da 7,5 a 8,6 euro. Qualche analista ritiene però che una parte del mercato stia scommettendo sul fallimento dell’ops e sul fatto che Siena possa tornare sul mercato come preda del risiko bancario. (riproduzione riservata)