Mediobanca, Nagel: la doppia soglia dell’offerta Mps denota opacità. Senza la fusione 665 milioni di dissinergie
Mediobanca, Nagel: la doppia soglia dell’offerta Mps denota opacità. Senza la fusione 665 milioni di dissinergie
Nuova bocciatura da parte del board di Piazzetta Cuccia alla vigilia dell’ops del Montepaschi che partirà lunedì 14 luglio per concludersi l’8 settembre. Secondo la merchant bank la previsione di una doppia soglia (del 66,67% e del 35%) denota opacità in ordine alle reali finalità dell'offerta

di Andrea Deugeni  11/07/2025 19:00

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Arriva la nuova bocciatura di Mediobanca dell’offerta pubblica di scambio del Montepaschi, alla vigilia dell’operazione che partirà lunedì 14 luglio e terminerà, restando sul mercato per 40 giorni, l'8 settembre. Definendo priva di razionale industriale e ostile l’ops di Rocca Salimbeni e non congruo e del tutto inadeguato invece il prezzo dell’offerta il board di Piazzetta Cuccia ha messo sul tavolo dei propri soci una serie di valutazioni numeriche sul corrispettivo offerto e sulle dissinergie che la scalata senese su Mediobanca genererebbe, un’operazione per cui Mps ha posto come soglia minima il 35% mirando al controllo di fatto dell’istituto guidato da Alberto Nagel.

Riguardo ai fondamentali la merchant bank spiega che per Centerview Partners, Equita e Goldman Sachs, advisor finanzari arruolati per respingere l’operazione del Monte, «il corrispettivo», pari a 2,533 azioni Mps per ogni titolo di Piazzetta Cuccia, «risulta a sconto del 32% rispetto alla media del rapporto di scambio individuato dal board di Mediobanca, pari a 3,71 azioni», mentre rispetto ai prezzi ai prezzi di Borsa della chiusura a Piazza Affari di venerdì 11 luglio lo sconto è quasi del 4%.

Inoltre il corrispettivo, interamente in azioni di Rocca Salimbeni, è un fattore che «espone gli azionisti Mediobanca alla performance futura delle azioni Mps, nonché all’incertezza in ordine all’effettivo raggiungimento degli obiettivi strategici del gruppo senese, tenuto conto delle criticità sotto molteplici profili che hanno storicamente caratterizzato e caratterizzano tutt’ora Mps».

Combinando poi una banca classica commerciale molto esposta al margine d’interesse con un istituto molto diverso che opera invece nel wealth management e nell’investment banking e che basa il proprio modello di business sui ricavi commissionali, Piazzetta Cuccia inoltre ha quantificato in «460 milioni le dissinergie in caso di fusione tra le due entità bancarie e fino a 665 milioni in assenza di fusione». Mentre secondo Siena le nozze fra i due gruppi genererebbe 700 milioni di sinergie. Più volte Nagel ha avvertito che le dissinergie nascerebbero dall’uscita di banker e di masse da Mediobanca. 


In aggiunta, il board ha evidenziato che «in base alle stime di consensus, l’utile ante imposte dell’entità combinata è previsto in crescita di circa 350 milioni tra il 2025 e il 2028, principalmente grazie alla crescita dell’utile ante imposte di Mediobanca stand-alone, che rappresenta circa l’85% di tale crescita complessiva». Una crescita, tuttavia, che «verrebbe azzerata dall’impatto di 460 milioni di dissinergie».

Inoltre, sottolineando nuovamente il «potenziale disallineamento degli interessi degli azionisti Delfin e Caltagirone rispetto a quelli del resto della compagine azionaria», in funzione della loro contemporanea presenza e degli intrecci azionari in Mps, Mediobanca e Generali, il board stigmatizza anche l’«opacità della doppia soglia del 66,67% e del 35%». 

La prima, ricorda il consiglio, è il quorum idoneo a consentire di controllare l’assemblea straordinaria della target, mentre la seconda, molto più bassa e raggiungibile sostanzialmente con l’adesione dei due grandi soci Delfin (al 19,8%) e Caltagirone (al 9,9%), «segnala la volontà di perfezionare l’operazione anche dinanzi ai rilevanti rischi di dissinergie e di distruzione di valore che caratterizzano l’offerta».

Infine la banca senese «è esposta a rischi legali significativi, con contenziosi pendenti e accantonamenti potenzialmente insufficienti in caso di risultanze istruttorie e processuali significativamente difformi dalle stime di Mps (petitum netto di circa 3 miliardi al 31 marzo 2025, pari a circa il 35% del Cet 1, di cui circa la metà a rischio di soccombenza “probabile”)». Insomma, la fusione con il Monte potrebbe compromettere il modello di business di Mediobanca e la sua reputazione. (riproduzione riservata)