Mediobanca, ecco i fondi rimasti nel capitale dopo l’opas di Mps. Da BlackRock a Vanguard la scommessa è sul delisting
Mediobanca, ecco i fondi rimasti nel capitale dopo l’opas di Mps. Da BlackRock a Vanguard la scommessa è sul delisting
Spunta anche Miria sgr (Enasarco). I dati emergono dal verbale dell’assemblea dello scorso 28 ottobre che ha eletto il nuovo cda

di di Andrea Deugeni e Luca Gualtieri 17/11/2025 21:00

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Dopo l’opas da 13,5 miliardi del Montepaschi, alcuni grandi investitori internazionali hanno scelto di mantenere una presenza residua in Mediobanca. Lo attestano i verbali dell’assemblea dello scorso 28 ottobre, che ha eletto il nuovo consiglio di amministrazione con Vittorio Grilli alla presidenza e Alessandro Melzi d’Eril come ceo.

All’assise era presente l’89% del capitale, composto in larghissima parte dalle azioni detenute dal Montepaschi, che da solo controlla l’86,3% di Mediobanca. Il resto della partecipazione era spezzettato fra quasi 400 investitori, perlopiù fondi internazionali con quote singole inferiori all’1%. Tra questi figurano colossi del risparmio gestito come BlackRock, Vanguard, Jp Morgan e Allianz.

La strategia dei grandi gestori Usa

In termini di peso specifico, i fondi di Vanguard hanno votato per lo 0,4% del capitale, mentre BlackRock si è fermata intorno allo 0,2%. Entrambi i gestori americani avevano già scambiato larga parte delle proprie azioni nel corso dell’offerta, ma hanno scelto di mantenere una presenza minimale Piazzetta Cuccia. Oltre a BlackRock e Vanguard, all'assemblea hanno partecipato altri grandi investitori internazionali, da Aviva ad Amundi, da Morgan Stanley a Ubs, fino a Marshall Wace. Anche alcuni player italiani hanno mantenuto quote minime nel capitale della nuova Mediobanca e tra questi spicca Miria Growth Fund, la sgr lussemburghese ex Gwm, acquisita a fine 2023 da Enasarco per gestire internamente parte del proprio patrimonio, che oggi ammonta a circa 9,5 miliardi di euro.

Le finalità della mossa

Restare nell’azionariato accanto a un socio di controllo assoluto come Montepaschi ha diverse spiegazioni. Per almeno alcuni dei soci si tratta di una scelta dettata da motivazioni tecniche e tattiche: l’adesione parziale all’opas da parte di fondi come BlackRock e Vanguard è strettamente legata al fatto che Mediobanca resta quotata e quindi inclusa negli indici che questi gestori passivi replicano. Finché l’istituto non sarà delistato, questi investitori saranno insomma obbligati a mantenere una parte residua delle azioni per rispettare le regole di replica dell’indice.

Dall’altro lato, esiste uno spazio di arbitraggio tra l’offerta senese e la quotazione di mercato del titolo Mediobanca, che ieri ha chiuso a 17,6 euro (-1,15%). Per raggiungere il 100% della controllata, Mps ha tre opzioni sul tavolo: comprare sul mercato il 3,7% che le manca per arrivare al 90% e far scattare così l’opa residuale su Piazzetta Cuccia. Questo determinerebbe il delisting di diritto, se avesse successo.

La seconda strada è lanciare una nuova offerta pubblica sul 14% che non ha aderito alla prima opas. Come terza strada Lovaglio potrebbe avviare una fusione della merchant nella capogruppo, offrendo ai soci residui di Mediobanca un concambio tra le loro azioni e nuovi titoli di Montepaschi.

A che prezzo potrebbero avvenire queste operazioni? Dipende da quanto verrebbero lanciate. Se entro sei mesi dalla fine dell’opas – cioè entro marzo 2026 – Montepaschi dovrebbe valorizzare le azioni Mediobanca con il medesimo concambio (2,53 nuove azioni Mps più 0,90 euro cash ogni 1 di Piazzetta Cuccia), ovvero 21,08 euro totali. Oggi quindi la scommessa di un investitore è riuscire a strappare quello stesso prezzo, molto più conveniente rispetto a quello attuale di mercato.

In ogni caso il tema delle azioni Mediobanca residue a Piazza Affari non è stato finora affrontato dal board presieduto da Nicola Maione; c’è chi scommette che nulla si concretizzerà almeno fino alla presentazione del nuovo piano industriale del ceo Luigi Lovaglio, atteso per marzo. (riproduzione riservata)