Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato a ABC News che prendere di mira la guida suprema dell'Iran, Ali Khamenei, porrebbe fine, e non intensificherebbe, l'attuale conflitto tra Israele e Iran, scoppiato alla fine della scorsa settimana. Quando Jonathan Karl, corrispondente capo di ABC News a Washington, gli ha chiesto dei resoconti secondo cui il presidente Usa, Donald Trump, avrebbe respinto un piano israeliano per assassinare la guida suprema dell'Iran, preoccupato che ciò avrebbe potuto inasprire il conflitto, Netanyahu ha dichiarato: «Non aggraverà il conflitto, ma porrà la sua fine».
Poche ore prima Netanyahu aveva annunciato che «l’aeronautica controlla i cieli di Teheran. Stiamo per raggiungere i nostri due obiettivi: eliminare la minaccia nucleare e quella missilistica. Siamo sulla strada della vittoria e questo risultato lo stiamo ottenendo grazie ai nostri eroici piloti e al nostro meraviglioso personale di terra, che sta svolgendo un lavoro straordinario».
La situazione è precipitata così tanto da spingere la guida suprema, Ali Khamenei, «a trattare con le autorità russe per evacuare con la famiglia, in caso di necessità», scrive da Londra il sito dell’opposizione Iran International. L'indiscrezione però non ha trovato conferme.
Per fermare le ostilità l’Iran ha chiesto a Israele e Usa di riprendere con urgenza i colloqui sul suo programma nucleare, la cui interruzione ha facilitato lo scoppio del conflitto. Lo rivela il Wall Street Journal. Teheran sarebbe disposta a tornare al tavolo delle trattative se Washington non si unirà all’attacco ma lo Stato ebraico, preso il controllo dei cieli e visti i danni minimi inflitti dai contrattacchi iraniani, non ha motivi per fermarsi.
Secondo gli analisti, però, Netanyahu avrà bisogno di una lunga guerra aerea per ottenere i risultati desiderati. Quindi Teheran sembra scommettere sul fatto che Israele non possa permettersi di rimanere impantanato in una guerra di logoramento e che alla fine dovrà cercare una soluzione diplomatica.
Finora gli attacchi iraniani in territorio israeliano hanno provocato otto vittime nella notte tra 15 e 16 giugno e hanno danneggiato una raffineria di petrolio e parte della rete elettrica.
Teheran ha dichiarato di aver colpito Israele «con successo» con missili diretti in diverse città e ha promesso «mosse più devastanti contro obiettivi vitali». Secondo l’ufficio del Primo Ministro israeliano, da quando venerdì 13 giugno sono partite le raffiche di missili, sono morte 24 persone nel Paese. Le vittime in Iran sarebbero invece 224.
Il nuovo conflitto in Medio Oriente ha sconvolto l’agenda del G7 in Canada. «Iran e Israele dovrebbero raggiungere un accordo, e lo troveranno proprio come ho fatto con India e Pakistan», afferma Donald Trump, «aperto» all’idea che il presidente russo Vladimir Putin faccia da mediatore: «È pronto, mi ha chiamato per parlarne. Ne abbiamo discusso a lungo».
L’ipotesi ha sollevato perplessità tra gli altri leader del G7, soprattutto nel presidente francese Emmanuel Macron, che continuano comunque a privilegiare la via diplomatica. Anche per l’Ue «la Russia non ha alcuna credibilità. I precedenti dimostrano che l’unica cosa a cui è interessata è la guerra».
Per bocca della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, anche l’Europa ha chiesto una soluzione negoziata. Ma ha riconosciuto il diritto di Tel Aviv all’autodifesa e si è detta preoccupata per i programmi nucleari e missilistici dell’Iran.
Intanto sui mercati è tornata la calma dopo le perdite di venerdì 13 giugno. Le borse europee hanno aperto la seduta di lunedì 16 giugno in rialzo (+0,7% per Piazza Affari alle 10:30) e anche il petrolio si è raffreddato e scambia solo in leggero calo (Brent e Wti -0,7% circa).
Dopo l’inizio del conflitto le materie prime, in particolare il greggio, avevano reagito con forza alle nuove tensioni geopolitiche. L’Iran è un grande esportatore di petrolio e gli attacchi israeliani rischiano di bloccare milioni di barili, riducendo così l’offerta. (riproduzione riservata)