Manovra, più tasse sulla borsa per evitare la batosta sulle cedole delle holding
Manovra, più tasse sulla borsa per evitare la batosta sulle cedole delle holding
La Tobin Tax salirà forse già dal 2026 allo 0,4% per evitare la doppia tassazione sui dividendi. L’impennata del prelievo sul trading consente di escludere pmi e investimenti lunghi dalla stretta fiscale sulle cedole

di di Silvia Valente 11/12/2025 00:45

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Il governo dà, il governo toglie. L’aumento della Tobin Tax allo 0,4% diventerà realtà perché servono risorse per evitare un’altra batosta prevista in manovra, quella sui dividendi delle imprese, con particolare attenzione per preservare i grandi gruppi. Una doppia conferma all’anticipazione di MF-Milano Finanza che ribadisce l’unica certezza relativa al ddl Bilancio 2026, l’ottica di autocompensazione finanziaria. Ossia, concretamente, le modifiche parlamentari al provvedimento devono essere -e gli esponenti di governo non hanno perso occasione sin dal primo giorno per ricordarlo – a saldo zero. E dunque rispettare il vincolo iniziale dei 18,7 miliardi di euro.

Ecco dunque che per trovare le coperture e riuscire almeno a ridimensionare l’aumento del carico fiscale sulle cedole delle holding prescritto dall’articolo 18 della manovra, il governo guidato da Giorgia Meloni, con l’assenso del ministero dell’Economia, ha intenzione di fare cassa con le operazioni di compravendita in borsa.

Sarebbe quindi pronta a diventare più gravosa dopo 13 anni, grazie a una proposta di Fratelli d’Italia, la Tobin Tax, introdotta nel 2012 come eredità degli anni convulsi dello spread. Tutto è partito da un emendamento alla manovra a prima firma del senatore di FdI, Raoul Russo, che propone un incremento graduale del prelievo sulle operazioni di borsa, portando l’attuale aliquota sui trasferimenti dello 0,1% sui mercati regolamentati (e allo 0,2% sul valore d’acquisto) allo 0,3% nel 2027 per poi salire «allo 0,35% nel 2028» e arrivare allo «0,4% da gennaio 2029».

Così nelle casse pubbliche dovrebbero entrare 250-300 milioni in più all’anno, giungendo a 1 miliardo nel 2029, quando l’imposta raddoppierà rispetto a ora. La novità è che l’aumento del carico fiscale su Piazza Affari partirebbe già dal prossimo anno e che avrebbe l’assenso dell’esecutivo. Inoltre il principio di gradualità sarebbe superato: dal 2026 quindi la Tobin Tax salirebbe direttamente allo 0,4%. Altra brutta novità per i risparmiatori che investono in Piazza Affari.

Per avere certezza di come la norma sarà portata avanti in Parlamento si deve aspettare la scadenza odierna per la consegna degli emendamenti siglati dal governo e dai quattro relatori di maggioranza della manovra in commissione Bilancio del Senato. Domani invece iniziano le votazioni sui singoli emendamenti e solo allora questa ipotesi potrà davvero essere chiamata realtà. Ma è bastata anche solo la proposta del rincaro fiscale sulle transazioni di borsa per far piovere critiche, nella convinzione che la misura scoraggerà gli investitori. E il tempismo non aiuta: proprio in queste settimane è all’esame in Parlamento la riforma del Testo Unico della Finanza che vorrebbe incentivare la quotazione delle pmi.

Come sarà ridimensionata la batosta sui dividendi

Allo stesso tempo però il governo Meloni ha bisogno di risorse per sciogliere il nodo più intricato della manovra, ossia l’articolo 18 che, richiamandosi alla direttiva europea sulle aziende madre-figlie, aumenta il carico fiscale dall’1,2 al 24% per le imprese che incassano dividendi da società di cui detengono quote inferiori al 10%. Tale modifica dovrebbe generare 1 miliardo di entrate all’anno in più per i prossimi tre anni. Con il rischio però di disincentivare gli investitori soprattutto esteri. Punto che ha irritato operatori di mercato e diversi esponenti politici anche di maggioranza.

Da subito si è lavorato su come poter almeno ridurre la batosta per le società: a oggi l’opzione più percorribile per correggere il tiro sembra essere l’esclusione dal rialzo delle partecipazioni di lungo periodo e in imprese con una capitalizzazione inferiore a 1 miliardo. Un doppio scudo per le pmi e per gli investimenti non speculativi. Parallelamente si sta lavorando al dimezzamento al 5% della soglia oltre la quale scatta l’esenzione fiscale per le cedole, visto che la media delle partecipazioni societarie detenute dalle holding in Italia è intorno al 7,5%. Non fanno eccezione le quote in mano ai grandi gruppi e alle famiglie storiche della finanza italiana. (riproduzione riservata)