Manovra, battaglia sui tetti agli stipendi dei dirigenti pubblici
Manovra, battaglia sui tetti agli stipendi dei dirigenti pubblici
In attesa del testo della legge di bilancio, gli alleati di governo cercano l’intesa sugli emolumenti che spettano ai manager della Pa. Il Mef produce uno spot anti-evasori. Giancarlo Giorgetti: taglio del cuneo per 1,3 milioni di lavoratori in più

di di Angelo Ciardullo 22/10/2024 21:30

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La rivoluzione non è un pranzo di gala, e neanche la lotta all’evasione. Per spingere sulle adesioni al concordato preventivo – da cui si aspetta dai 2,5 ai 4 miliardi da destinare in manovra al taglio Irpef o all’estensione della flat tax – il Mef ha lanciato una campagna pubblicitaria (anche social) che, da un lato, incentiva a sposare la causa e, dall’altro, disincentiva i furbetti. Nell’ultimo video, uscito martedì 22 ottobre, si può apprezzare l’interpretazione da Oscar di un presunto evasore che «ordina una dozzina di ostriche, tagliolini al tartufo e non rinuncia mai all’aragosta, per non parlare dello champagne più caro». La pacchia, però, avvisa il governo, è finita.

Le ipotesi aspettando la manovra

Dal contrasto all’evasione il governo ha già messo da parte 2,2 miliardi con cui coprire i costi di una legge di bilancio di cui ancora si ragiona in termini vaghi. Sul tema Antonio Tajani ha smentito «supplementi di riflessione» da parte della maggioranza. All’impegno del segretario Fi nel G7 Sviluppo di Pescara (noto da tempo) è stata imputata la mancata conferenza stampa di Giorgia Meloni annunciata per martedì 22 e poi annullata: difficilmente, incrociando le agende dei leader di governo e di Giancarlo Giorgetti, in partenza per Washington, si riuscirà a riprogrammarla a breve.

Nel frattempo, in assenza di bozze sulla manovra, passata martedì 22 ottobre dalla Ragioneria Generale dello Stato per la bollinatura e in predicato di approdare nell’Aula della Camera il 18 dicembre, si continua a ragionare per ipotesi. Dalle poche voci intercettate, emerge che le pensioni minime dovrebbero effettivamente salire del 2,7% portandosi a 631,37 euro, per la gioia di Fi: costo stimato 284 milioni. Pare trovare conferma l’ipotesi di un impiego del Tfr per agevolare i prepensionamenti.

Il ministro della Pa, Paolo Zangrillo, ha poi annunciato il ripristino del blocco del turnover per il 2025. Sulla spending review, sedata per ora la rivolta dei ministri, ad alzare le barricate sono gli enti locali: dai Comuni, che l’anno prossimo si vedranno congelare 130 milioni di accantonamenti, alle Regioni, cui sarà chiesto un sacrificio di 280 milioni. Se i primi sono alle prese con lo scontro (tutto interno al Pd) per la presidenza Anci, le seconde ammettono differenze di vedute tra i governatori.

La vera battaglia, tuttavia, si sta combattendo sui tetti ai compensi dei manager pubblici: da un lato Palazzo Chigi (leggasi Giovanbattista Fazzolari) che preme perché i dirigenti adeguino gli stipendi a quello della premier (160 mila euro lordi, 80 mila netti), dall’altro Fi, che teme la fuga dei boiardi verso i più remunerativi lidi del privato.

Giorgetti difende il governo

Martedì 22, intanto, da un evento della Lega a Genova, il titolare del Mef ha ribadito che il décalage introdotto sul taglio del cuneo per i redditi fino a 40 mila euro riguarderà altri 1,3 milioni di italiani e che il benefit fino a 5 mila euro per i lavoratori che si trasferiscono è «sostanzialmente defiscalizzato». Sfoderando le sue competenze in ornitologia, ha poi difeso l’operato del governo nei primi due anni di attività: «Nonostante gufi e corvacci, abbiamo migliorato il rating e abbassato lo spread». Quello che non scende, invece, come certifica Unimpresa, è la spesa per interessi (la «più odiosa», copyright Giorgetti), che resterà stabile al 3,9% fino al 2026 per poi lievitare al 4,1%. A Roma, nel mentre, si resta in attesa del piccione viaggiatore con la bozza della manovra. (riproduzione riservata)