Dal prossimo anno pagare in contanti potrebbe diventare più costoso. Non per colpa dell’inflazione, ma perché potrebbe entrare in scena di una specie di “tassa sul contante” da 500 euro. È quanto prevede uno dei quattro emendamenti di punta di Fratelli d’Italia alla manovra finanziaria che, nella pratica, alza il tetto dei pagamenti cash fino a 10 mila euro ma introduce al tempo stesso un balzello destinato a chi decide di usare ancora il contante invece degli strumenti tracciabili.
La proposta prevede che a partire dal 1° gennaio 2026 sia «istituita un’imposta speciale di bollo, nella misura fissa di 500 euro, su ogni pagamento per l’acquisto di beni o servizi effettuato in denaro contante, nel territorio dello Stato, per un importo compreso tra i 5.001 e 10.000 euro». Una misura che riguarderebbe sia gli italiani sia i visitatori stranieri e che, nelle intenzioni dei proponenti, dovrebbe scoraggiare l’uso di grosse somme in contanti senza però tornare ai limiti più rigidi degli ultimi anni.
Attualmente il tetto massimo per usare il contante è fissato a 5 mila euro: oltre questa soglia è obbligatorio ricorrere a mezzi tracciabili come carte, bonifici o app di pagamento. Un limite innalzato nel 2023, dopo una lunga stagione in cui i governi avevano puntato su soglie molto più basse — fino a 1.000 euro — per combattere evasione fiscale e riciclaggio.
Se l’emendamento venisse approvato, le operazioni sarebbero comunque soggette a obbligo di fatturazione, in modo da renderle tracciabili. Per qualsiasi pagamento sopra i 5 mila euro che dovesse avvenire in contanti viene prevista infatti l’apposizione «del contrassegno su stampa cartacea della fattura». Una copia della fattura corredata del contrassegno dovrà poi essere consegnata «al soggetto fornitore del bene o del servizio, al fine di consentire i controlli dell’Agenzia delle Entrate». (riproduzione riservata)