La perizia è stata consegnata il 9 giugno 2025. L’incarico è di estrema importanza: «Valutare e studiare un metodo per raggiungere il maggiore profitto dalla vendita dei diamanti in oggetto». Non è un’eredità da definire, non sono i gioielli della nonna da affidare a una casa d’asta. È molto di più. È un tesoro composto da 12.402 diamanti certificati, identificati e periziati, e da mesi all’incanto. Ma nessuno li compra. Almeno per ora.
Presi singolarmente varrebbero in totale 34,9 milioni di dollari ma saranno ceduti in blocco, in un lotto unico che però continua a svalutarsi man mano che le varie vendite competitive vanno deserte. La prima asta di fine ottobre, con base 8 milioni di dollari – ulteriormente ridotta rispetto ai 10,4 milioni del valore già scontato proposto dal perito per invogliare gli acquirenti – è andata deserta. Ora ne è stata bandita una nuova per il 16 dicembre: offerta di partenza, 6 milioni di dollari. Bisognerà vedere se stavolta si presenterà qualcuno.
Perché questi non sono diamanti qualunque: sono le pietre preziose «da investimento» - così venivano proposte alla clientela - che per lo più fra il 2012 e il 2015 (ma in certi casi si risale al 2003) avevano invaso gli sportelli di molte banche italiane che li proponevano ai loro clienti a un prezzo ritenuto maggiorato anche del 70%.
Questi diamanti sono ciò che resta del fallimento della Intermarket Diamond Business (Idb spa), una delle due società che si erano inventate quel business giudicato da Bankitalia e Antitrust come ingannevole nei confronti dei risparmiatori. Il sistema è rimasto in piedi finché si è trovato un acquirente che rilevasse i diamanti in mano a un investitore che voleva cederli, sempre nell’ambito del mercato messo in piedi da Idb (e dalla società concorrente Diamond Private Investment, finita in liquidazione).
Ma prima un’inchiesta del programma tv Report, poi l’intervento dell’Antitrust e della Vigilanza e quindi della procura fecero esaurire nel 2017 le richieste di acquisto e lievitare invece quelle di rimborso, provocando così il fallimento della stessa Idb spa. Nonostante migliaia di diamanti di proprietà custoditi nei suoi caveau.
Le rivendicazioni dei clienti che si sono ritenuti truffati - tra i quali Vasco Rossi e l’imprenditrice Diana Bracco - hanno preso vari rivoli giudiziari in sede civile, a seconda di dove l’acquisto era stato effettuato. Le banche coinvolte, dall’allora Banco Popolare (ora Banco Bpm), a Mps, da Unicredit a Intesa Sanpaolo per citare le più importanti, hanno risarcito praticamente tutti i clienti rimasti vittime del meccanismo dei diamanti da investimento.
Il Banco in particolare ha assorbito gran parte del contraccolpo: l’ultima semestrale specifica che a fronte di 24.503 reclami e 1.452 contenziosi per 721,3 milioni di euro di petitum sono state definite quasi tutte le richieste, con rimborsi per 380,7 milioni. E a bilancio ci sono ancora 13,9 milioni di fondi per le vertenze residue.
Chi non ha ricevuto un ristoro totale dalla propria banca ne ha ottenuto uno parziale ma significativo, attorno al 70% dell’investimento, mantenendo anche la proprietà del diamante. Inoltre ci sono migliaia di ex clienti si sarebbero insinuati al passivo nel fallimento della Idb, per partecipare al riparto, al 15%, di ciò che si ricaverà dalla vendita dei beni della società: i diamanti.
La perizia richiesta dalla curatrice Maria Grazia Giampieretti è servita a stabilire il valore e poi il prezzo delle pietre preziose, tutte certificate, per avviare l’asta. L’avvocato Giampieretti si è affidata alla Ferretti Gioielli di Modena, che li ha classificati secondo gli standard internazionali (Gia) e valutati sulla base dei prezzi del listino Rapaport Diamond Report, il riferimento per gli acquisti da parte di grossisti e commercianti.
Il valore iniziale dei diamanti - che vanno da 0,50 a 1,49 carati ciascuno - è stato fissato in 34,9 milioni di dollari; all’ingrosso si comprerebbero con uno sconto fra il 36% e il 49%, spiega la perizia, ma per invogliare a partecipare all’asta sono stati proposti con uno sconto superiore al 70%. Ma invano.
Alla seconda asta di metà dicembre le pietre verranno proposte con un ribasso ulteriore, ovvero 415 euro a diamante, compreso il certificato che da solo costa 200 euro. Un affare, comprare ora quei diamanti. Si guarda ad acquirenti internazionali, in particolare. Che finora sono rimasti alla finestra.
Negli stessi giorni dell’asta torneranno nel vivo i processi sullo scandalo. L’inchiesta della Procura di Milano era partita nel 2019 con un sequestro preventivo di 700 milioni di euro da parte della Guardia di Finanza e aveva coinvolto 105 persone e 5 società ma poi è stata smembrata in diversi filoni in varie città. E le sentenze finora emesse sono state tutte di assoluzione o prescrizione.
A Milano i giudici hanno assolto lo scorso anno in primo grado l’ex notaio Franco Novelli, ritenuto amministratore di fatto della società (al vertice c’era Claudio Giacobazzi, suicidatosi nel 2017) e la stessa Idb per l’ipotesi di autoriciclaggio perché «perché il fatto non sussiste», mentre le presunte truffe erano già state dichiarate prescritte. L’appello a carico di Novelli, difeso da Domenico Radice e Federico Papa, e di Idb, assistita dall’avvocato Adriana Piscitello, è fissato per il 2 dicembre.
Sempre Novelli è imputato a Milano per bancarotta insieme fra gli altri all’ex ceo di Banco Popolare, Pier Francesco Saviotti, con il Banco Bpm chiamato dal curatore fallimentare come responsabile civile per 5 milioni di euro. Il processo, con l’accusa sostenuta dal pm Grazia Colacicco, è iniziato a gennaio 2025 e riprenderà mercoledì 19 con l’ammissione dei testimoni.
Lo scorso febbraio Novelli è stato invece assolto in appello con altri imputati dall’accusa di aver raggirato la fondatrice di Idb, Antinea Massetti de Rico, per anni in coma vegetativo, e il suo secondo marito, con problemi cognitivi. In primo grado Novelli era stato condannato a 8 anni e mezzo. Anche i beni che gli erano stati sequestrati sono stati liberati, e così per quelli della Idb, che hanno potuto finire all’incanto.
In parallelo – e senza escludere l’insinuazione al passivo – vanno avanti le cause civili dei singoli risparmiatori, nelle quali i giudici in più occasioni hanno riconosciuto nei clienti delle banche la parte lesa. A Vicenza a marzo il tribunale «ha accolto il concetto di valore di realizzo delle pietre», spiega l’avvocato Camilla Cusumano dello studio legale Legals e delegata Adusbef, «ovvero quanto varrebbero ora se vendute in gioielleria, dove verrebbe applicato, come emerso da una apposita consulenza tecnica, uno sconto fra il 40% e il 50% rispetto al listino Rapaport». Da qui emergerebbe il danno in capo agli investitori.
Ed è anche di questo che si discuterà nei processi. Ma se venisse ribaltata la sentenza per autoriciclaggio a carico di Idb, con la condanna in appello il ricavato eventuale della vendita verrebbe confiscato. In quel caso, per i risparmiatori, resterebbe ben poco da spartire. (riproduzione riservata)